Stallo societario: ammissibile la “russian roulette clause”
di Fabio LanduzziUn recente arresto giurisprudenziale del Tribunale di Roma (sentenza n. 19708 del 19.10.2017) ha affrontato il caso della legittimità di clausole che vengono talvolta predisposte ed incluse negli statuti societari o nei patti parasociali allo scopo di regolamentare e risolvere le potenziali situazioni di c.d. “deadlock” fra soci; ossia, situazioni in cui, per via di una grave e reiterata divergenza di opinioni o per qualsivoglia altra ragione di litigiosità insorta fra i soci, si determina uno posizione di stallo del funzionamento dell’assemblea, e con essa spesso anche dell’organo gestorio, con l’effetto di paralizzarne il funzionamento fino a compromettere la stessa prosecuzione dell’impresa in condizioni di continuità aziendale.
Si rammenta infatti che ai sensi dell’articolo 2484, comma 1, n.3), cod. civ., l’impossibilità di funzionamento dell’assemblea costituisce una causa di scioglimento anticipato della società.
Ebbene, una possibile soluzione sviluppata nella prassi è costituita da quel genere di clausole che vengono indicate con il termine evocativo di clausole della “roulette russa”.
Mediante questo tipo di clausola, al verificarsi del deadlock il socio, ai sensi e con gli effetti dell’articolo 1285 cod. civ., si assume in modo irrevocabile l’obbligazione alternativa di vendere, oppure di acquistare, la partecipazione dell’altro socio.
Si pensi al caso di una società con due soci paritetici, Tizio e Caio. Al verificarsi della situazione di stallo, l’innesco della clausola consente ad uno dei due soci (ad esempio, Tizio) di esercitare la facoltà di determinare il prezzo a cui egli si obbliga a vendere a Caio la sua quota, offrendo in alternativa al socio Caio di acquistare la sua quota, per il medesimo prezzo. In altri termini, la clausola ha l’effetto di risolvere la situazione di stallo ponendo uno dei due soci nella condizione di decidere se vendere la propria quota, o se acquistare la quota dell’altro socio, allo stesso prezzo.
In sostanza, la clausola genera contestualmente un’offerta irrevocabile di Tizio per l’acquisto della quota di Caio, ed una offerta irrevocabile di vendita a Caio della quota di Tizio, allo stesso prezzo; Caio avrà quindi la facoltà di decidere a quale delle due offerte aderire. Naturalmente, se le quote non fossero paritetiche, dovrebbe essere garantita una proporzionalità fra i rispettivi prezzi di cessione e di acquisto.
Il Tribunale di Roma, in questa lunga ed articolata sentenza, conclude per la legittimità di una simile clausola rigettando le eccezioni sollevate e svolgendo alcune interessanti considerazioni:
- in primo luogo, sottolinea la meritevolezza di questo tipo di clausole, in quanto volte a ricercare soluzioni in favore della rimozione dello stallo decisionale degli organi sociali e quindi a preservare il valore dell’impresa e della sua continuità,
- quanto alla eccezione che una simile clausola si risolverebbe nella fissazione di un prezzo di cessione delle quote riservato al mero arbitrio di una delle parti, il Tribunale risponde che tale rischio è rimosso dalla semplice circostanza per cui al socio viene offerta la facoltà di poter acquistare allo stesso prezzo la partecipazione dell’altro socio; in questo modo, verrebbe superato il rischio che il prezzo della vendita venga visto come determinato arbitrariamente da una delle parti a danno dell’altro contraente,
- un’ulteriore eccezione sollevata concerne il fatto che la siffatta clausola potrebbe determinare la fissazione di un prezzo di cessione delle quote del tutto scollato dal reale loro valore Ebbene, tale rilievo che, in giurisprudenza e secondo le Massime notarili, assume rilevanza per la legittimità della clausola di tag and drag along, non è invece calzante al caso di specie, proprio perché lo stesso funzionamento della clausola della roulette russa assicura che la cessione avvenga comunque ad un prezzo che sottintenda una valorizzazione della quota liberamente accettata dalle parti contraenti,
- la terza eccezione riguardava invece la presunta contrarietà di una simile clausola rispetto al divieto di patto leonino (articolo 2265 cod. civ.). Anche rispetto a tale rilievo, il Tribunale ritiene che questo tipo di clausole non ha in verità l’effetto di escludere un socio dal rischio insito nella gestione dell’impresa sociale; il socio che assume l’iniziativa lo fa solo al verificarsi di una delle cause ivi previste e non per approfittare di situazioni particolari per escludere l’altro socio dalla partecipazione nella società. Inoltre, il fatto stesso che manchi in questo caso una predeterminazione del valore attribuibile alla partecipazione sociale da acquistare o da cedere, fa sì che si possa escludere che la clausola possa porre il socio offerente nella condizione di poter costringere l’altro socio ad acquistare la sua quota ad un valore superiore a quello di mercato, oppure di costringere l’altro socio ad acquistare la sua quota per un corrispettivo superiore a quello di mercato. Il che fa sì che essa non contravvenga, a giudizio del Tribunale di Roma, al divieto di patto leonino.