Stampi e licenze non fanno un ramo di azienda
di Fabio LanduzziLa Commissione Tributaria Provinciale di Milano (sentenza n. 9430 del 23 novembre 2015) ha affrontato una controversia instauratasi fra una grande impresa e l’Agenzia delle Entrate con riguardo alla contestata configurazione di un ramo di azienda in occasione di una cessione onerosa principalmente rappresentata da proprietà intellettuali; nello specifico, l’Amministrazione aveva contestato alla società che l’operazione compiuta non avrebbe avuto per oggetto un complesso di contratti e proprietà intellettuali, bensì avrebbe configurato nell’insieme un ramo di azienda con la conseguenza che l’Iva assolta sulle fatture emesse dal cedente non sarebbe stata detraibile per il cessionario.
I Giudici milanesi hanno ritenuto che la ricostruzione compiuta dall’Ufficio fosse errata, proprio con riguardo alla individuazione dei singoli elementi trasferiti. In particolare, viene evidenziato che nel caso di specie sarebbe mancato il trasferimento di beni materiali, di rapporti con fornitori, di personale e di ulteriori elementi imprescindibili per poter configurare un’azienda od un suo ramo.
Nella fattispecie in oggetto, gli unici beni materiali trasferiti erano rappresentati da stampi ceduti però ad altra società diversa dalla cessionaria delle proprietà intellettuali. Né i Giudici hanno rinvenuto l’esistenza del trasferimento di alcun contratto o rapporto giuridico in essere con imprese terze dedicate alla attività di produzione dei beni.
Manca quindi nel caso in esame il trasferimento di un insieme organizzato di beni e di persone.
Evidenzia la CTP di Milano come con il solo trasferimento di stampi e dei diritti sugli stessi, e di beni immateriali, quale ad esempio la cessione delle formule di prodotto, non vi è una cessione di azienda. L’unico trasferimento effettuato aveva ad oggetto i beni immateriali compresi nella proprietà intellettuale e nelle informazioni produttive, e in particolare i diritti relativi al packaging, alla pubblicità e alla promozione di detti prodotti. Ma tali beni immateriali non possono in autonomia essere considerati quali elementi sufficienti all’esercizio di un’impresa.
Il Collegio giudicante ha sottolineato che la tesi avanzata dall’Ufficio contrastava con il disposto dell’art. 2555, c.c., laddove questo individua quale carattere imprescindibile dell’azienda l’esistenza di una forma di “organizzazione” finalizzata ad orientare i beni che la compongono verso una determinata attività.
L’”organizzazione” rappresenta quel “quid unificante che trasforma una pluralità di beni autonomi ed indipendenti in un sistema organico di condizioni produttive tra loro complementari”. Tale insieme di beni organizzato deve essere poi idoneo ad esercitare un’attività di impresa secondo quanto previsto dall’art. 2082, c.c..
Quindi, sottolineano i Giudici milanesi, con la cessione della proprietà industriale, del know-how e di altri elementi, non significa che è stata ceduta l’azienda.
Affinché possa configurarsi un complesso di beni organizzati in forma di azienda, occorrono altri elementi: personali, materiali (materie prime, prodotti finiti ed impianti) e negoziali (contratti). L’universalità di beni che costituisce l’azienda include infatti non solo i beni materiali e immateriali, bensì anche i rapporti giuridici inerenti all’esercizio dell’impresa, nonché contratti, crediti, debiti, ecc..
La sentenza si sofferma in modo rilevante sulla dotazione di personale, il quale rappresenta l’elemento imprescindibile per la realizzazione di quel sistema organico che è l’azienda.
Il personale rappresenta l’elemento che imprime il coordinamento ai singoli elementi materiali ed immateriali; le risorse umane rappresentano l’elemento in grado di creare tra diversi beni quel rapporto di complementarietà che li trasforma in un sistema organico e, dunque, in un’azienda.
Affinché i beni configurino un’azienda, è necessario non solo che questi presentino l’idoneità a realizzare un’attività di produzione e vendita di beni, ma anche che tale attività assuma caratteristiche di “professionalità”, “economicità” e destinazione al mercato.