Studi di settore
di EVOLUTIONGli studi di settore sono stati introdotti per la prima volta dall’articolo 62-bis del D.L. 331/1993 con la dichiarata finalità di rendere più efficace l’azione accertatrice e di consentire una più articolata determinazione dei coefficienti presuntivi di cui all’articolo 11 D.L. 69/1989. Si tratta di modelli matematici che, attraverso complesse analisi econometriche e statistiche, consentono di individuare l’ammontare dei ricavi o compensi attribuibili al contribuente che svolga determinate attività.
L’assoggettamento all’obbligo di compilare lo studio di settore viene meno in
presenza di:
- cause di inapplicabilità: condizioni ostative che originano da determinate peculiarità dell’attività svolta e che la collocano al di fuori del modello assunto a riferimento durante la costruzione dello studio di settore;
- cause di esclusione: circostanze particolari che, influendo sull’attività svolta, escludono l’applicazione dello studio di settore per un determinato periodo d’imposta.
L’inapplicabilità dello studio di settore o la presenza di una causa di esclusione devono venire comunicate dal contribuente attraverso la compilazione di specifici righi del modello REDDITI.
Per quanto concerne le modalità di calcolo dell’ammontare dei ricavi (o compensi) stimati, lo studio si basa su quattro distinte analisi:
- analisi discriminante, volta ad assegnare con precisione il contribuente al sottogruppo omogeneo (cd. cluster) che presenta caratteristiche analoghe a quelle proprie dell’attività da lui esercitata. Ad esempio, i soggetti che svolgono attività di “ristorazione con somministrazione” (cod. att. 56.10.11) dovranno compilare lo studio di settore WG36U; sulla base delle effettive modalità di svolgimento dell’attività, verranno poi ricompresi in uno dei 26 cluster previsti dallo studio tra i quali, ad esempio, pizzerie con bar, ristoranti di piccole dimensioni, birrerie con cucina, enoteche con cucina, ecc.;
- analisi della coerenza, pur non incidendo sulla funzione di calcolo dei ricavi, valuta la conformità del comportamento posto in essere dal contribuente rispetto a quello tenuto dai soggetti del suo stesso cluster. Uno studio con esito di non coerenza segnala, pertanto, una situazione di anomalia che gli uffici potrebbero valorizzare in fase di controllo;
- analisi della normalità economica, a differenza della precedente, può influenzare la determinazione dei ricavi da imputare al contribuente. Gli indicatori di normalità variano da studio a studio e operano un confronto interno tra i dati dichiarati dal soggetto (ad esempio, ammontare dei costi residuali rispetto all’ammontare dei ricavi dichiarati), evidenziando eventuali situazioni di anomalia. Il contribuente ha, in ogni caso, la possibilità di disapplicare gli indici in parola, motivando adeguatamente nell’apposita sezione dello studio;
- analisi della congruità, infine, consente di calcolare, per ciascun gruppo omogeneo, il ricavo (o compenso) di cluster. La media dei ricavi, ponderata con le relative probabilità di appartenenza individuate per il contribuente in relazione a ciascun cluster, costituisce il ricavo (o compenso) stimato dallo studio di settore.
Il risultato dello studio, ottenuto attraverso l’effettuazione delle analisi sopra descritte, può essere modificato a seguito dell’intervento dei cd. correttivi anticrisi, ovverosia aggiustamenti della funzione di ricavo, che tengono conto della particolare congiuntura economica sfavorevole venutasi a creare in un dato periodo storico.
Al fine di garantire nel tempo la capacità di rappresentare correttamente la situazione economica di riferimento, gli studi di settore sono soggetti ad una revisione periodica al massimo ogni tre anni dalla loro entrata in vigore ovvero dall’ultima revisione, così come previsto dall’articolo 10-bis L. 146/1998.
Gli studi di settore, in linea generale, sono applicati agli esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo che svolgono, come “attività prevalente”, una o più delle attività per la quale risulta approvato un apposito studio di settore e che non presentano una causa di esclusione o di inapplicabilità.
Sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore i contribuenti:
- con inizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta;
- che hanno cessato l’attività nel corso del periodo d’imposta, sul punto è opportuno precisare che il periodo che precede l’inizio della liquidazione è considerato periodo di cessazione dell’attività;
- con un ammontare di ricavi o compensi dichiarati superiore a 5.164.569 euro (dal calcolo sono esclusi i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni, delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa (articolo 85, comma 1 lettere c), d) ed e) del Tuir);
- che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell’attività;
- che determinano il reddito con criteri “forfetari”;
- che esercitano l’attività di incaricati alle vendite a domicilio;
- con categoria reddituale diversa da quella per la quale è stato approvato lo studio;
- che applicano il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità e il regime forfetario agevolato;
- che presentano le cause di inapplicabilità indicate nel decreto di approvazione dello specifico studio di settore
Il modello degli studi di settore è parte integrante del Modello REDDITI, di conseguenza segue gli stessi termini e modalità di presentazione previsti per quest’ultimo.
I soggetti passivi dovranno presentare la dichiarazione esclusivamente per via telematica entro:
- l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta per i soggetti passivi IRES;
- il 31 ottobre 2018 per le persone fisiche, società di persone ed associazioni equiparate (tale scadenza originariamente prevista per il 30 settembre, è stata prorogata dall’articolo 1 comma 932 Legge 205/2017).
L’invio telematico può essere effettuato:
- direttamente:
- tramite Entratel: dai soggetti che trasmettono il modello 770 con più di 20 certificazioni;
- tramite Fisconline: dai soggetti che non trasmettono il modello 770 o lo
- trasmettono con non più di venti certificazioni;
- tramite intermediario abilitato: individuato ai sensi dell’articolo 3, comma 3, D.P.R. 322/1998.
L’intermediario che trasmette la dichiarazione deve:
- rilasciare, contestualmente alla consegna da parte del dichiarante, l’impegno a presentare per via telematica all’Agenzia delle Entrate, precisando se la dichiarazione gli è stata consegnata già compilata o verrà predisposta dall’intermediario;
- rilasciare, entro 30 giorni dal termine previsto per la presentazione della dichiarazione, l’originale della dichiarazione, debitamente sottoscritta dal contribuente, unitamente a copia della ricevuta dell’Agenzia delle Entrate che ne attesta l’avvenuto ricevimento;
- conservare copia delle dichiarazioni trasmesse, anche avvalendosi di supporti informatici, per lo stesso periodo previsto dall’articolo 43, D.P.R. 600/1973.
Nella Scheda di studio pubblicata su EVOLUTION sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti: |