Studi di settore: di refuso in refuso
di Giovanni Valcarenghi
Se tutto va per il verso giusto, è legittimo ritenere che entro il prossimo 20 agosto dovremmo riuscire ad ottenere le istruzioni corrette per la compilazione degli studi di settore ed un software Gerico che funziona senza intoppi.
Non è poco, se si considera il ritmo quasi frenetico con cui quest’anno si sono susseguiti correzioni ai modelli, evoluzioni del software, implementazioni dei programmi di controllo e chi più ne ha più ne metta (e c’è ancora tempo per migliorare). Da ultimo, il giorno 17 luglio è stata pubblicata sul sito delle Entrate una errata corrige delle istruzioni per la compilazione dello studio di settore VG40U, quello, per capirci, che debbono utilizzare le immobiliari di gestione e di compravendita, compresi i soggetti che affittano aziende o rami d’azienda.
Le modifiche sono riassumibili nella tabella che segue:
Rigo F01Ricavi tipici | Le modifiche apportate precisano che nel rigo debbono essere indicati i ricavi derivanti dall’affitto di aziende, mentre in precedenza si desumeva che dovessero essere esclusi i ricavi derivanti dall’affitto di rami d’azienda |
Rigo F05Gestioni accessorie | Le istruzioni, prima della modifica, richiedevano che venissero appostati in questo rigo i ricavi ritratti dalla locazione:
Operando in tal modo, nessun soggetto era congruo. Per effetto della modifica, invece, il conteggio viene riportato alla normalità e viene chiarito che i ricavi da locazione si considerano tipici e non accessori |
Rigo F29Beni ammortizzabili | Nel caso di affitto d’azienda (o ramo d’azienda) a terzi, le istruzioni precisavano che non doveva essere inserito il valore dei beni che compongono l’azienda. Diversamente, dopo le rettifiche l’indicazione è completamente opposta, nel senso che si precisa che il valore dei beni mobili che compongono l’azienda affittata deve essere indicato in questo rigo. |
Come si ha modo di riscontrare sono delle modifiche che incidono in modo diretto sul risultato di congruità dello studio di settore, tanto per quanto attiene la ripartizione dell’ammontare dei ricavi (tra tipici ed accessori) che per quanto riguarda il valore dei beni ammortizzabili.
Di tali modifiche viene dato conto sul sito dell’Agenzia con un semplice comunicato, il cui effetto risulta poi palesato nell’archivio dei modelli e delle istruzioni, dai quali si evince l’esistenza della rettifica.
Insomma, bisogna fare attenzione anche a questi particolari, altrimenti si rischia di sbagliare la compilazione del modello e l’attribuzione al contribuente della congruità, o meno.
In periodi di riforme annunciate e grandi auspici di rapporto collaborativo tra Fisco e contribuente, questa dovrebbe essere una occasione ghiotta per passare dalla (inutile) teoria alla pratica: si fissi un termine ultimo invalicabile oltre il quale non si possano più modificare le istruzioni e le procedure dichiarative. Se, oltre quel termine, ci si accorge che qualche cosa è sbagliato, si dia tempo al contribuente di rimediare ad eventuali errori, senza alcuna applicazione di sanzioni, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi successiva.
Ma, si badi bene, che per giungere ad un qualcosa di sensato, non si può scaricare sul contribuente l’onere di seguire aggiornamenti, comunicati, evoluzione e quant’altro: visto che siamo nell’era della telematica, che telematica sia per tutti i soggetti coinvolti. L’Agenzia, ad esempio, potrebbe inviare entro un determinato termine temporale (che sia perentorio!) una comunicazione nella quale segnalare l’accaduto al singolo contribuente interessato ed invitarlo alla regolarizzazione gratuita con ampio margine di anticipo. Per chi volesse, specialmente nei casi di errore a proprio danno, è sempre aperta la regolarizzazione anticipata.
Visto che ora anche i commercialisti hanno un Consiglio Nazionale effettivo, al quale è doveroso inviare i migliori auguri di un proficuo lavoro, si potrebbe cogliere l’occasione per avviare questa battaglia, che ci pare di assoluta civiltà.