Studi professionali: un modello valutativo tagliato su misura
di Barbara Marrocco di MpO & PartnersNella valutazione degli studi professionali, ad oggi, la prassi utilizza i metodi valutativi tradizionalmente concepiti per le aziende, ma predispone ulteriori analisi specifiche, atte ad evidenziare le caratteristiche e le potenzialità degli studi professionali, siano essi costituiti in forma individuale, associata o societaria, ovvero:
- le caratteristiche della clientela e la considerazione di tutti quegli elementi soggettivi, di natura immateriale, derivanti dal rapporto fiduciario tra il professionista e i clienti, che permettono di individuare il valore del “pacchetto clienti” e determinare l’avviamento dello studio;
- le risorse umane che collaborano a vario titolo nello studio: in particolare, è necessario individuare i rapporti stabili e continuativi con dipendenti/collaboratori ed evidenziare le rispettive mansioni;
- i servizi offerti e le aree di specializzazione in cui lo studio opera;
- le procedure utilizzate e l’individuazione di sistemi di qualità eventualmente presenti che consentono di realizzare una gestione organizzativa efficiente dello studio.
Con riferimento alla prassi italiana, nell’ultimo decennio i professionisti specializzati nella valutazione degli studi hanno seguito un approccio valutativo basato su un ‘metodo misto’, derivante dalla combinazione del metodo reddituale-finanziario e del metodo dei multipli di mercato; attraverso tale combinazione, in effetti, si perviene ad un valore di cessione congruo, in quanto, oltre ad analizzare la situazione economica e reddituale dello studio, si prevede la costruzione di un Business Plan dettagliato in grado di individuare i flussi finanziari attesi dell’attività professionale e di esaminare la convenienza dell’operazione.
Anche il commento ai nuovi principi italiani di valutazione (PIV) emanati dall’OIV indica come “In linea di principio è da raccomandare che la valutazione sia basata quanto meno su di un metodo fondato sui flussi ed un metodo capace di generare una stima comparativa di mercato” (commento al PIV 3.1.16).
È evidente come la valutazione di un’attività professionale richieda delle stime specifiche, in quanto la cessione di uno studio implica non solo la cessione del pacchetto clienti, ma anche e soprattutto il trasferimento di ogni elemento di natura immateriale riconducibile al professionista cedente, fra cui sicuramente anche il brand dello studio.
Con riferimento agli studi di ragionieri, dottori commercialisti e consulenti del lavoro, per i quali gran parte del pacchetto clienti è legato in maniera continuativa alle prestazioni rese dallo studio professionale (servizi di contabilità, consulenza fiscale, paghe), è possibile analizzare nel dettaglio la clientela dello studio, in quanto la stessa costituisce tendenzialmente un elemento di valutazione ripetibile negli anni.
Esaminiamo ora nello specifico il modello valutativo applicato generalmente agli studi professionali.
Si procede con un’analisi approfondita dei ricavi dell’ultimo anno di riferimento, i quali vengono opportunamente rettificati secondo un’accurata analisi della clientela e delle potenziali cause di esclusione della stessa.
A tal fine, non si dovrà tener conto di tutte quelle operazioni straordinarie o di natura soggettiva che possono, a vario titolo, modificare il valore effettivo della clientela stessa. Pertanto, sarà necessario focalizzare l’attenzione sul grado di intensità delle relazioni esistenti, con lo scopo di distinguere la clientela altamente fidelizzata e legata da un profondo vincolo fiduciario con il professionista dalla clientela per la quale il rapporto è meno stabile oppure assolutamente occasionale e di natura straordinaria.
La clientela esaminata, dunque, può essere per lo studio professionale la fonte di spiccate potenzialità economiche, ma al tempo stesso può essere la causa di eventuali perdite e cali di fatturato se non analizzata nel dettaglio; è fondamentale, pertanto, concentrare l’attenzione su ogni singola posizione, al fine di individuare le capacità reddituali/finanziarie dell’attività ed evitare di sottovalutare delle situazioni patologiche (ad es. rischio chiusura del cliente per anzianità, liquidazione o operazioni concorsuali ecc..) che nel medio periodo possono comportare una diminuzione del valore economico dell’attività professionale, a danno di tutte le parti coinvolte nell’operazione di cessione (cedente, cessionario, dipendenti, collaboratori, clientela).
In relazione ai flussi in uscita, si procede alla normalizzazione del Conto Economico attraverso l’esclusione delle componenti di costo straordinarie e non inerenti ed all’emersione di costi latenti non risultanti dalle scritture contabili. La riclassificazione dei ricavi e dei costi permette di elaborare un Business Plan capace di evidenziare puntualmente i flussi finanziari attesi nel breve periodo, in entrata e in uscita, dell’attività esaminata.
Particolare attenzione deve essere, inoltre, rivolta all’analisi dell’organigramma dello studio, individuando le mansioni e i relativi costi delle risorse esistenti, nonché eventuali mansioni/costi sostitutivi (familiari che non proseguono, dimissioni, maternità ecc..).
Una volta esauritasi questa attività di analisi, il valore dello studio professionale sarà determinato applicando il metodo dei multipli: nella prassi prevalente degli studi professionali, il multiplo individuato è calcolato sulla base dell’analisi di regressione di un campione di transazioni comparabili ed è riferito al fatturato ripetibile dello studio. Il multiplo ottenuto può essere rettificato in considerazione delle caratteristiche dello studio e dei flussi finanziari del Business Plan nel breve periodo (3/5 anni), in quanto l’obiettivo principale nella valutazione di uno studio professionale resta sempre e comunque l’individuazione della redditività in condizioni di ordinario funzionamento e l’analisi della capacità dell’attività professionale di generare flussi reddituali/finanziari in grado di remunerare congruamente il capitale investito.
Di conseguenza, in simili operazioni, gli esperti che effettuano la valutazione, terzi rispetto alle parti interessate, devono limitare il relativo margine di soggettività dell’operazione, determinando un valore congruo che supporti le capacità reddituali e finanziarie prospettiche dell’attività oggetto di analisi.