Sulla causa di non punibilità per pagamento del debito tributario
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365La sentenza della Corte di Cassazione n. 2279, depositata ieri, 20 gennaio rappresenta un utile spunto per tornare ad analizzare le cause di non punibilità richiamate dall’articolo 13 D.Lgs. 74/2000.
Il caso riguarda cinque imputati ai quali venivano contestati diversi reati tributari e che avevano avanzato richiesta di patteggiamento con la prospettazione di vedersi applicato l’articolo 13 D.Lgs. 74/2000, in quanto, prima dell’apertura del dibattimento, erano state versate tutte le somme dovute all’Amministrazione finanziaria.
Si ritiene a tal proposito utile evidenziare che, con il Decreto fiscale 2020 (D.L. 124/2019), sono state previste numerose modifiche alle disposizioni penali-tributarie.
Per quel che qui interessa va tra l’altro segnalata l’estensione della specifica causa di non punibilità di cui all’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000 anche ai reati di dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3 D.Lgs. 74/2000.
Pertanto, alla luce delle richiamate modifiche normative, i reati di cui agli articoli 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), 4 (Dichiarazione infedele) e 5 (Omessa dichiarazione) D.Lgs. 74/2000 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Diverse previsioni sono invece riservate ai reati di cui agli articoli 10-bis (Omesso versamento di ritenute dovute o certificate), 10-ter (Omesso versamento Iva) e 10-quater, comma 1 (Indebita compensazione, nel solo caso dell’utilizzo dei crediti non spettanti, e non di quelli inesistenti), i quali continuano a non essere punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti.
Non può poi ignorarsi che il successivo articolo 13-bis D.Lgs. 74/2000 prevede la diminuzione fino alla metà delle pene e la non applicazione delle pene accessorie se, fuori dai casi di non punibilità, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, vengono estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti.
Per i reati di dichiarazione fraudolenta, infedele e omessa, quindi, il pagamento prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, ma dopo la formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche, configura una circostanza attenuante (e non una causa di non punibilità). Il pagamento, inoltre, consente di poter richiedere il patteggiamento.
Stante il quadro normativo appena prospettato, la pronuncia oggetto di analisi trae origine dal ricorso per cassazione proposto dagli imputati, i quali ritenevano di dover essere assolti.
Tuttavia, come evidenziato dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento, l’articolo 13 D.Lgs. 74/2000 non trova applicazione nell’ambito delle contestazioni di cui all’articolo 10 quater, comma 2 (indebita compensazione con crediti inesistenti) e 8 D.Lgs. 74/2000 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti): reati, questi, contestati agli imputati.
Pertanto, se da un lato il ravvedimento può costituire una causa di non punibilità nell’ambito del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture inesistenti, il “collegato” reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti non può beneficiare di alcuna corrispondente previsione, ragion per cui, quandanche una parte ritenesse opportuno ravvedersi, finirebbe in ogni caso per denunciare il contribuente che ha emesso la fattura, il quale non potrebbe in alcun modo porre rimedio al proprio precedente comportamento.
Allo stesso modo la Corte di Cassazione ha poi escluso la non punibilità per le contestazioni relative agli articoli 2 e 3 D.Lgs. 74/2000 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), ricordando che la stessa opera nel solo caso in cui il ravvedimento operoso sia intervenuto prima che l’autore abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Il pagamento degli importi prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado assume dunque rilievo, ai fini dell’esclusione della punibilità, soltanto nell’ambito dei reati di cui agli articoli 10-bis (Omesso versamento di ritenute dovute o certificate), 10-ter (Omesso versamento Iva) e 10-quater, comma 1 (Indebita compensazione, nel solo caso dell’utilizzo dei crediti non spettanti, e non di quelli inesistenti) D.Lgs. 74/2000.