Sulla cedolare secca l’Agenzia non si allinea alla Cassazione
di Cristoforo FlorioNel mese di agosto da poco trascorso, l’Agenzia delle Entrate ha aggiornato e pubblicato, sul proprio sito istituzionale, la guida sulle locazioni brevi, di cui all’articolo 4, D.L. 50/2017.
Nella citata guida, pur se nel contesto di tali peculiari tipologie di contratti di locazione, l’Agenzia ha specificato che l’applicabilità della cedolare secca è subordinata alla condizione che il contratto di locazione non sia concluso nell’esercizio di un’attività commerciale. Quest’ultima condizione, a parere del Fisco, dovrebbe riguardare entrambe le parti (locatore e conduttore).
Secondo tale linea interpretativa, quindi, sarebbero esclusi dalla possibilità di optare per la cedolare secca quei contratti di locazione breve che il conduttore stipuli nell’esercizio di un’attività commerciale (ad esempio, quelli ad uso foresteria per i dipendenti), anche quando quest’ultima non venga esercitata in maniera abituale.
In buona sostanza, dunque, la posizione dell’Agenzia delle entrate non sembra aver tenuto conto dell’importante sentenza pronunciata lo scorso maggio dalla Corte di cassazione (sentenza n. 12395/2024), con la quale i supremi giudici hanno statuito che l’esclusione da cedolare secca riguarda esclusivamente le locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione, restando, invece, irrilevante, la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, all’attività professionale del conduttore (nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei dipendenti dell’impresa conduttrice).
Secondo la lettura interpretativa fornita alla Cassazione, infatti, in tal senso deporrebbe, non solo la lettera della norma, ma anche la ratio legis, che non è solo quella di contrastare l’evasione fiscale, ma anche quella di facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo (esigenza che può sorgere anche nell’esercizio delle attività imprenditoriali, arti o professioni, che sempre più spesso vengono esercitate lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali) e quella di sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare, che richiede periodiche spese di manutenzione straordinaria.
Sempre ad avviso della pronuncia citata, l’eventuale vantaggio fiscale che ne possa trarre anche il conduttore, in considerazione dell’esclusione dell’imposta di registro e dell’aggiornamento del canone, non può certo giustificare un’interpretazione dell’articolo 3, comma 6, D.Lgs. 23/2011, da cui derivi una riduzione dell’ambito applicativo della cedolare secca in danno del locatore, a cui è riservata la relativa scelta e che è il beneficiario principale di tale regime.
Nonostante tale rilevante sentenza, alla data in cui si scrive, l’Agenzia delle entrate non ha fornito alcun chiarimento ufficiale ai contribuenti e, anzi, nella citata guida, ha ribadito la propria interpretazione restrittiva sul punto.
Per contro, vi è da dire che il sistema telematico dell’Agenzia delle Entrate, istituito per la registrazione dei contratti di locazione (RLI), consente il “caricamento” di un contratto di locazione tra un locatore persona fisica e un conduttore in forma societaria con partita Iva, con opzione per la cedolare secca in capo al locatore, ammettendo la successiva registrazione del contratto. Tuttavia, vista la mancanza di una presa di posizione ufficiale, è bene che i contribuenti interessati siano adeguatamente informati circa il possibile contrasto che potrebbe ancora emergere con il Fisco.
Tutto quanto sopra premesso, una riflessione di carattere giuridico è d’obbligo.
Nel nostro ordinamento non esiste la codificazione del principio di vincolatività del precedente (c.d. stare decisis), neppure se originato da una pronuncia della Cassazione: detto in altri termini, una sentenza della Cassazione, anche a Sezioni Unite (elemento che non ha caratterizzato la sentenza n. 12395 del 7 maggio 2024), non è vincolante, esplicando i suoi effetti solo in relazione al caso specifico trattato.
Tuttavia, è innegabile che una sentenza della Suprema Corte, dopo anni di attesa e di molte pronunce di merito favorevoli ai contribuenti (tra tutte si vedano, ad esempio, C.T.G. II Veneto n. 53/5/23, C.R. Prov. Reggio Emilia n. 470/3/14 e C.T. Reg. Lazio n. 1723/10/22), possa segnare una tendenza all’interno dell’ordinamento tributario, in forza della quale non ci si dovrebbe discostare da un’interpretazione del giudice di legittimità, istituzionalmente investito della funzione di garantire l’uniforme interpretazione della legge e dell’unità del diritto oggettivo nazionale (c.d. funzione nomofilattica), a meno che non vi siano forti ed apprezzabili ragioni giustificative. Tali ragioni, in ogni caso, non paiono rinvenirsi in alcun modo nella norma di legge che regolamenta la c.d. cedolare secca attualmente vigente, né sul piano letterale né su quello della ratio della norma.
Peraltro, occorre domandarsi se la tematica interessi solo i contratti c.d. “ad uso foresteria”, oppure anche quei contratti di locazione che siano stipulati tra locatori persone fisiche e conduttori che esercitino un’attività di (sub)locazione breve che rientra nell’obbligo di apertura della partita Iva, in cui l’immobile venga destinato ad un uso abitativo mediante contratti di sublocazione abitativa.
Il dubbio sorge in quanto, in questa ipotesi, la sublocazione abitativa costituirebbe il vero e proprio oggetto dell’attività d’impresa. In tal senso, si dovrebbe approfondire il principio statuito dalla Cassazione nella sentenza n. 12395/2024, laddove essa afferma che “(…) il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale (…)”.
Ritornando al dubbio sopra posto, si pensi all’ipotesi in cui il sublocatore superi i 4 alloggi concessi in locazione breve nel corso dell’anno e sia obbligato all’apertura della partita Iva, a norma dell’articolo 1, comma 595, L. 178/2020. In particolare, si supponga che tale attività venga esercitata tramite un contratto di sublocazione: il proprietario (primo locatore) concede più di 4 alloggi in locazione abitativa (ad es., 4+4) ad un conduttore (sub locatore) il quale, a sua volta, li conceda in locazione breve nel corso dell’anno, con obbligo di apertura della partita IVA, nei confronti di diversi sub conduttori. Può in questa fattispecie il proprietario (primo locatore) optare per la cedolare secca?
I dubbi sono tanti e la cautela è d’obbligo, anche visto lo stato di inerzia per il momento assunto da parte dell’Agenzia delle entrate in relazione alle modifiche interpretative intervenute in tema di cedolare secca.