Sulla responsabilità del liquidatore per le imposte della società
di Luigi FerrajoliIn relazione alla responsabilità del liquidatore prevista dall’articolo 36 D.P.R. 602/1973 la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28401 del 14.12.2020 ha precisato che l’Amministrazione Finanziaria non può fare valere nei confronti del liquidatore cartelle di pagamento basate su accertamenti notificati alla società, ancorché definitivi, dovendo la responsabilità del medesimo essere accertata con specifico atto, da notificare al liquidatore che può impugnarlo davanti alla Commissione tributaria, né il medesimo può essere destinatario della cartella di pagamento quale ex socio della società, essendo necessaria anche in questo caso una preventiva valutazione dei presupposti per indirizzare la pretesa tributaria nei confronti del socio.
La responsabilità che l’articolo 36 D.P.R. 602/1973 stabilisce a carico del liquidatore che non adempie all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione e per quelli anteriori, non può essere fatta valere dall’Amministrazione Finanziaria attraverso la notifica al liquidatore di una cartella di pagamento, derivante da un atto di accertamento divenuto definito a carico della società estinta, motivata con la sussistenza di un’asserita “coobbligazione in solido” fra il detto liquidatore e la società per la pretesa risultante da tale accertamento.
Infatti, come chiarito dalla Corte di Cassazione, non è possibile considerare il liquidatore come corresponsabile solidale della società di capitali, in quanto la responsabilità del liquidatore in presenza dell’integrazione della fattispecie prevista dall’articolo 36 D.P.R. 602/1973 è responsabilità per obbligazione propria ex lege (in base agli articoli 1176 e 1218 cod. civ.) avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico del liquidatore, nemmeno allorché la società sia cancellata dal Registro delle imprese.
In relazione alla posizione del liquidatore ex articolo 36 D.P.R. 602/1973 il possibile coinvolgimento dello stesso nella riscossione dei tributi dovuti dalla società richiede, oltre al mancato pagamento, un quid pluris, ossia l’accertamento di una condotta che abbia determinato un danno al creditore “Amministrazione Finanziaria” derivante dalla devoluzione a terzi o al socio, di parte del patrimonio della società.
L’accertamento della responsabilità richiede, quindi, come chiarito dalla Corte di Cassazione, l’adozione di uno specifico atto, dalla cui motivazione si evinca non solo il presupposto (ossia il debito della società) ma anche la destinazione del patrimonio a terzi o ai soci, o un’indebita preferenza per altri creditori, in violazione dei diritti del Fisco.
Il doppio livello di motivazione che tale atto deve possedere esclude che esso possa essere sostituito da altri atti quali la cartella di pagamento o l’avviso di accertamento diretto alla società effettuandone semplicemente la notifica anche alla persona fisica sia esso liquidatore o socio.
Infatti, chiarisce la Suprema Corte, quello verso il liquidatore “è credito dell’Amministrazione Finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa, ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall’Ufficio con atto motivato da notificare ai sensi dell’articolo 60 d.p.r. n. 600/1973, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario come stabilito dal citato articolo 36, ultimo comma d.p.r. n. 602/1973”.
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate che, nell’esercizio del potere impositivo, esige dal liquidatore e socio di società di capitali il pagamento del credito vantato nei confronti della società, seppure accertato con sentenza passata in giudicato, deve portare a conoscenza del contribuente, con apposito avviso di liquidazione, le ragioni per le quali egli è tenuto a versare l’imposta accertata in capo alla società, ed in particolare, al fine di porre il contribuente in condizione di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, deve indicare gli elementi da cui si evinca che il socio, in sede di liquidazione, ha incassato somme od ha ricevuto l’attribuzione di beni della società ed il valore di questi poiché entro tale limite si apprezza la legittimità della pretesa impositiva, o che il mancato pagamento è dipeso da una colpa del liquidatore.
In relazione alla portata della responsabilità del liquidatore va chiarito che il debito tributario che può essere addebitato al liquidatore riguarda le imposte e gli interessi (le sole imposte sui redditi in base al testo originario dell’articolo 36, tutte le imposte in base alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 175/2014 applicabili dal 13 dicembre 2014). In nessun caso la responsabilità si estende alle sanzioni, sia per il dato letterale dell’articolo 36 che si riferisce alle sole “imposte dovute”, sia per il principio generale della intrasmissibilità delle sanzioni ex articolo 8 D.Lgs. 472/1997 e, per le società di capitali, per la riferibilità esclusiva delle sanzioni stesse alla sola persona giuridica ai sensi dell’articolo 7 D.L. 269/2003 (si veda Corte di cassazione sentenza n. 9672/2018).