Tari ancora dovuta sulla superficie calpestabile
di Fabio GarriniSino all’emanazione del provvedimento che stabilisce l’interscambio dei dati tra Agenzia delle Entrate e Comuni, la superficie su cui computare la tassazione ai fini dell’imposta sui rifiuti non può riferirsi al dato catastale, ma occorre continuare a riferirsi alla superficie calpestabile: questa è la posizione espressa dall’Amministrazione finanziaria attraverso la risposta all’istanza di interpello n. 306 del 24.07.2019.
La superficie tassabile ai fini Tari
La Tari è l’imposta sui rifiuti istituita con decorrenza dal 1° gennaio 2014, a seguito dell’introduzione della Iuc, avvenuta ad opera della L. 147/2013; nei fatti, la Iuc altro non fa che confermare il prelievo maggiore, l’Imu, accostandogli la Tasi (l’imposta sui servizi, che oggi è divenuta una sorta di addizionale Imu, posta la grande somiglianza delle basi imponibili e dei presupposti per il prelievo), oltre al prelievo sul servizio di smaltimento dei rifiuti (denominandolo Tari).
A fine di finanziarie i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, l’articolo 1, commi da 641 a 668, L. 147/2013 ha introdotto, come detto, la Tari, stabilendone il presupposto, i soggetti tenuti al pagamento, le riduzioni e le esclusioni; si tratta di un tributo che per larghi tratti ricalca il precedente tributo con le medesime finalità (Tares).
Come noto, le imposte sui rifiuti sono parametrate alla superficie dell’immobile.
A regime, la base imponibile Tari sarà calcolata sulla base delle superfici previste agli atti catastali; a tale fine saranno messe a disposizione dei Comuni, da parte dell’Agenzia delle Entrate, a norma dell’articolo 1, comma 647, L. 147/2013, i dettagli delle superfici catastali degli immobili.
Tale comma stabilisce la necessità di effettuare un allineamento tra i dati catastali relativi alle unità immobiliari a destinazione ordinaria e i dati riguardanti la toponomastica e la numerazione civica interna ed esterna di ciascun Comune, con la finalità di addivenire alla determinazione della superficie assoggettabile alla Tari, pari all’80% di quella catastale.
L’acquisizione di tali informazioni però ad oggi non è completa, quindi il comma 645 stabilisce una disciplina transitoria secondo la quale “fino all’attuazione delle disposizioni di cui al comma 647 [ossia fino a quando l’interscambio dei dati non sarà operativo, n.d.a.], la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile alla Tari è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.”
A tal fine, a norma del medesimo comma 645, così come modificato dal D.L. 16/2014, si è in attesa di un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate che attesti l’avvenuta completa attuazione delle disposizioni di cui al comma citato 647; a seguito dell’emanazione di tale provvedimento, l’utilizzo delle superfici catastali per il calcolo della Tari decorre dal 1° gennaio successivo alla data di emanazione di tale provvedimento.
Sino ad allora, in base al comma 645, la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel Catasto Edilizio Urbano assoggettabile alla tassa sui rifiuti (Tari) è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.
Ai fini dell’accertamento, il comma 646 stabilisce che il Comune, per le unità immobiliari iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, può considerare come superficie assoggettabile alla Tari quella pari all’80% della superficie catastale.