12 Ottobre 2017

Tassabile la plusvalenza da cessione della licenza taxi

di Raffaele Pellino
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È tassabile ai fini Irpef la plusvalenza da cessione della licenza taxi. Questo è quanto sostenuto dalla Cassazione nella sentenza n. 23143 del 04/10/2017 in cui è stato appunto precisato che il trasferimento della licenza taxi, configurando una cessione d’azienda, realizza una plusvalenza che concorre alla formazione del reddito.

Nello stesso senso, la Cassazione, nell’ambito della sentenza n. 17476/2017, ha ritenuto che la cessione della licenza taxi fosse qualificabile “quale plusvalenza da cessione di bene strumentale all’impresa in luogo della più generica qualificazione contenuta nell’avviso di accertamento che inseriva la plusvalenza derivante dalla cessione della licenza taxi nella categoria residuale di “altri redditi”.

Inoltre, la stessa, conferma “la natura onerosa della cessione sull’assunto che, in un regime di limitazione del numero delle licenze rilasciate dal Comune, ragioni logiche, prima che giuridiche inducono a ritenere senza incertezze che la licenza in questione rappresenta un bene disponibile, commerciabile e con un proprio rilevante valore economico“.

Ma veniamo ai fatti.

La questione presa in esame dalla Suprema Corte nella recente sentenza n. 23143/2017 trae origine da un avviso di accertamento “induttivo” del reddito (ai fini Irpef), derivante dalla mancata dichiarazione di una plusvalenza da cessione di licenza di taxi.

La C.T.R. ha ritenuto fondato l’accertamento induttivo (facendo riferimento a studi specifici sull’argomento e ai dati reperiti presso le associazioni di categoria), in quanto “il trasferimento di licenza taxi si configura come cessione di azienda e la plusvalenza realizzata rientra nel reddito d’impresa, imponibile ex articoli 86 e 58 Tuir e tassata a norma dell’articolo 17 comma 1 lett. b) e comma 2 del Tuir”.

Avverso la decisione dei giudici di secondo grado, il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che la C.T.R. non ha tenuto in considerazione un “fatto decisivo”, dedotto fin dal primo grado di giudizio, relativo la gratuità della cessione, e come tale non soggetta a plusvalenza, “in quanto determinata da problemi di salute del ricorrente”.

La Cassazione ha ritenuto infondato tale motivo in quanto, a parte ogni rilievo sulla sua ammissibilità, il contribuente non ha fornito la prova di tale gratuità della cessione.

Inoltre, nell’accogliere la tesi sostenuta dalla C.T.R., la Suprema Corte ha osservato che:

  • l’attività esercitata dal tassista, in relazione al dato testuale di cui all’articolo 2195 3 del cod. civ., è di natura imprenditoriale (basata quindi sul principio di economicità): trattasi di piccolo imprenditore (ex articolo 2083 del cod. civ., Cassazione n. 21123/2010), specificamente di imprenditore artigiano, come espressamente qualificato dall’articolo 7, comma 1 della L. 21/1992;
  • la licenza taxi “è un bene strumentale di natura immateriale, che finisce col cartolarizzare l’azienda, diventando presupposto strutturale ed elemento qualificante dell’esercizio dell’attività.

Tale licenzaprecisano i giudici“soggiace a un regime giuridico speciale, che, per espressa previsione dell’articolo 9 della L. 21/1992, ne consente il trasferimento, su richiesta del titolare, a persona dallo stesso designata (purché iscritta nell’apposito ruolo …), qualora il titolare stesso si trovi in almeno una delle condizioni ivi previste, fra cui quella in cui sia divenuto permanentemente inabile o inidoneo al servizio per malattia, infortunio o per ritiro definitivo della patente di guida”.

Tale stato di salute invalidante, causa della cessione della licenza di taxi in esame, è stato ritenuto:

  • dal ricorrente una prova della “gratuità” della cessione;
  • dai giudici “presupposto” per la trasferibilità della licenza, da perfezionare presso la competente autorità comunale attraverso il rilascio della licenza alla persona designata dal cedente (c.d. volturazione) nelle ipotesi previste dal citato articolo 9 della L. 21/1992.

Tale cessione – continua  la Cassazione – inserita in un contesto caratterizzato dal limitato numero di licenze rilasciate dai Comuni e riguardando un bene essenziale all’esercizio dell’attività imprenditoriale, deve ritenersi onerosa, in quanto rientrante tra i “beni relativi all’impresa“, il cui trasferimento realizza quindi una  plusvalenza che concorre alla formazione del reddito, costituendo peraltro fatto notorio l’esistenza di un vero e proprio mercato di rivendita delle licenze taxi (Cass. n. 17476 del 2017)”.

Pertanto, conclude la Cassazione, la cessione di una licenza di autoservizio pubblico non di linea, si presume onerosa ed è idonea a determinare una ricchezza tassabile.

Appare utile ricordare poi che, nella sentenza n. 8769/2017, relativa ad un avviso di liquidazione per mancata registrazione di un contratto di cessione (ritenuto dall’Ufficio a titolo oneroso) della licenza per l’esercizio del servizio taxi, la Cassazione ha confermato che il trasferimento della licenza di tassista rientra nella fattispecie di cessione d’azienda ed è tassabile ai fini dell’imposta di registro in modo analogo ai contratti “verbali” di trasferimento d’azienda.

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