Tassazione delle attribuzioni da trust estero a beneficiario residente in Italia
di Angelo GinexIl trust è uno strumento giuridico a carattere fiduciario che, in virtù della sua preziosa duttilità, può assumere connotazioni molto diverse tra loro.
In questo contributo ci focalizziamo sul trust istituito all’estero e avente beneficiari individuati residenti in Italia, al fine di verificarne il regime di imposizione diretta e indiretta nonché gli eventuali obblighi di monitoraggio fiscale.
Preliminarmente è utile ricordare che, ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir, la residenza fiscale del trust viene ricondotta in Italia se ivi sussiste, per la maggior parte del periodo di imposta, la sede legale oppure la sede dell’amministrazione oppure l’oggetto principale del trust. Inoltre, sempre nella medesima disposizione, ma con specifico riguardo al trust estero, si legge che possono considerarsi comunque fiscalmente residenti in Italia:
- salvo prova contraria, i trusts istituiti in Stati (o territori) a “fiscalità privilegiata”, in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti in Italia;
- i trust istituiti in Stati (o territori) a “fiscalità privilegiata” quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio italiano effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.
Portando l’attenzione all’ipotesi del trust estero con beneficiari di reddito residenti in Italia – oggetto di specifica analisi da parte dell’Amministrazione finanziaria (risposta ad interpello n. 237/2023) – ci si è posto il problema interpretativo circa la disciplina applicabile per il regime di tassazione diretta e indiretta dei redditi percepiti dai beneficiari Italiani, nonché il conseguente dubbio in relazione alla sussistenza del dovere di adempimento agli obblighi di monitoraggio fiscale, previsti per i redditi esteri. In particolare, nel caso in esame, l’istante era divenuto beneficiario, a seguito del decesso del padre, di una rendita erogata da un trust, istituito molti anni prima dalla nonna ed avente come trustee una società con sede negli Stati Uniti.
Innanzitutto, dopo attenta disamina, l’Amministrazione finanziaria, tenuto anche conto delle disposizioni presenti nell’atto istitutivo del trust, lo qualificava come trust trasparente ai fini fiscali. Pertanto, con riferimento all’imposizione diretta, l’Agenzia delle entrate – rammentando che per la determinazione del reddito del trust residente rilevano i redditi ovunque prodotti, mentre per il trust non residente rilevano solo i redditi prodotti in Italia – ha meglio precisato che, in presenza di un trust estero con beneficiario residente in Italia (oppure nel caso di beneficiario residente di un trust opaco istituito in un Paese a “fiscalità privilegiata”) rileva, ai fini fiscali, il reddito complessivo del trust riferibile allo stesso beneficiario, indipendentemente dal requisito della territorialità. Conseguentemente, nell’ipotesi di un trust trasparente – come nel caso in esame – a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia, il reddito sarà in ogni caso tassato come reddito di capitale in capo al beneficiario, mediante diretta imputazione per trasparenza allo stesso e in proporzione alla sua quota di partecipazione, applicando così le regole proprie relative alla tassazione del soggetto beneficiario. Tale reddito, dunque, concorrerà alla formazione del reddito complessivo del beneficiario residente e sarà indicato nel quadro RL della dichiarazione dei redditi.
Proseguendo l’analisi con riferimento agli obblighi di monitoraggio fiscale, si rileva, in via generale, che sono assoggettati alla disciplina del monitoraggio fiscale, sia il possessore diretto di una attività di natura finanziaria all’estero, ma anche il soggetto che risulti esserne il titolare effettivo. In particolare, con specifico riguardo ai soggetti residenti beneficiari di trust, come già ampiamente chiarito dalla circolare n. 34/E/2022, ciò che rileva, ai fini della qualificazione di titolare effettivo di reddito estero, è che essi siano «individuati o facilmente individuabili» e che, quindi, dall’atto istitutivo del trust (o da altri documenti) sia possibile, anche indirettamente, identificarli.
Per tale motivo, come nel caso oggetto di interpello, sono tenuti all’adempimento degli obblighi di monitoraggio fiscale tutti i beneficiari di trust estero residenti in Italia, anche solo individuati per classi (a titolo esemplificativo, eredi legittimari del disponente) mediante compilazione del quadro RW della propria dichiarazione dei redditi, indicando gli investimenti nonché le attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
Invece, in relazione all’eventuale applicazione in capo al beneficiario dell’imposta sulle successioni e donazioni, si deve rammentare che, trattandosi di una fattispecie di donazione definibile ‘‘a formazione progressiva” – con cui il disponente provvederà ad arricchire i beneficiari per mezzo del programma negoziale attuato tramite il trustee – i requisiti della territorialità ovvero la residenza del disponente nonché la localizzazione dei beni apportati, devono essere verificati all’atto di apporto dei beni al trust, ovverosia nel momento in cui si verifica l’effettivo ”spossessamento” dei beni da parte del disponente per effetto della segregazione (circolare n. 34/E/2022). Di conseguenza, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, le attribuzioni effettuate dal trustee a favore del beneficiario non rientrano tra i beni e i diritti che compongono l’attivo ereditario e, per questo, non devono essere ricomprese nella base imponibile in sede di dichiarazione di successione.