Tassazione dubbia dei beneficiari del trust estero comunitario in Redditi 2022
di Ennio VialLa campagna dichiarativa è in pieno svolgimento ma i beneficiari residenti in Italia di trust comunitari sono ancora attanagliati da dubbi circa la possibile natura paradisiaca del trust stesso.
In un precedente intervento abbiamo segnalato che il beneficiario di un trust estero risulta tassato per cassa sulle attribuzioni ricevute dal trustee, ma solo se il trust risulta paradisiaco.
La bozza di circolare 11.8.2021 lascia intendere che la previsione della possibile tassazione riguardi tutti i trust esteri, a prescindere dal paese di residenza.
La bozza, infatti, evidenzia che “Si ritiene che le disposizioni in commento si applichino alla generalità dei trust opachi esteri stabiliti in Paesi ex articolo 47-bis del Tuir in cui le modalità di imposizione dei trust (o la loro esenzione) configurino un regime di fiscalità privilegiata. Tale valutazione deve essere operata esclusivamente sulla base delle indicazioni contenute nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 47-bis del Tuir”.
L’utilizzo del criterio del livello di tassazione nominale in luogo di quello effettiva appare una scelta necessitata, sia in base al dato normativo, sia per motivi di ragionevolezza.
Tale chiarimento, che chi scrive ritiene di condividere, non è tuttavia scevro di conseguenze.
Che fosse una scelta necessitata sulla base della lettera della norma discende dal fatto che la tassazione effettiva viene considerata in ipotesi di controllo, ipotesi che la bozza correttamente esclude possa applicarsi al caso del trust. Inoltre, il criterio della tassazione nominale risponde a criteri di ragionevolezza, atteso che il beneficiario incontrerebbe notevoli difficoltà ad acquisire informazione sulla tassazione effettiva del trust estero.
Ad ogni buon conto, il fatto che l’Agenzia precisi che “Tale valutazione deve essere operata esclusivamente sulla base delle indicazioni contenute nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 47-bis del Tuir” sembra lasciare intendere che l’unico elemento rilevante sia il livello impositivo nominale, ma non anche il Paese di stabilimento del trust.
La tesi non pare accettabile. È bene che la circolare definitiva precisi in modo esplicito l’esclusione dei trust stabiliti nella UE o nello SEE che scambia informazioni dall’ambito applicativo della tassazione dei redditi in capo al beneficiario, anche se il trust è opaco.
Infatti, la lett. g sexies) del comma 1 dell’articolo 44 Tuir, introdotta dall’articolo 13 D.L. 124/2019 prevede la tassazione in capo al beneficiario in relazione ai redditi di “trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis”.
Il richiamo alla natura paradisiaca dell’articolo 47 bis Tuir non può riferirsi esclusivamente al livello impositivo ma deve comprendere anche l’ambito territoriale extracomunitario diverso dallo SEE che scambia informazioni.
Ciò per una serie di ragioni:
- l’inserimento dei Paesi comunitari senza la previsione di una esimente dovrebbe essere valutato sotto il profilo di una possibile censura. La bozza, infatti, precisa – peraltro correttamente – che le esimenti di cui al comma 2 articolo 47 bis non trovano applicazione;
- la lettera della norma porta a questa interpretazione;
- in caso contrario, il legislatore avrebbe fatto riferimento all’articolo 47 bis solamente per individuare il criterio di cui alla lett. b) comma 1 ossia del livello impositivo nominale. Invece di richiamare una norma con l’esigenza di precisare che il criterio della lett. a) comma 1 (tassazione effettiva) non si applica, che le esimenti del comma 2 non trovano ugualmente applicazione e che non viene considerata nemmeno l’esclusione dei Paesi UE e SEE, forse avrebbe potuto individuare un criterio migliore per tratteggiare la natura paradisiaca dei Paesi esteri.