Tassazione sostitutiva al 20%: alcune considerazioni
di Fabio GarriniIl provvedimento più atteso e commentato contenuto nella bozza di disegno di Legge di bilancio per il 2019 è il primo passo della flat tax, che per la verità si palesa come un ampliamento del regime forfettario; va comunque segnalato che in tale provvedimento è già previsto il secondo step, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2020, disciplinato all’articolo 6 e rubricato “Imposta sostitutiva per imprenditori individuali ed esercenti arti e professioni”.
Consci del fatto che la prima necessità è risolvere i problemi impellenti e altrettanto consapevoli del fatto che un anno in ambito fiscale è un periodo lunghissimo durante il quale i provvedimenti vengono spesso stravolti, pare comunque utile segnalare le caratteristiche principali di tale istituto, al fine di poter fare qualche valutazione prospettica sulle posizioni dei clienti di studio.
La cedolare al 20% per imprese e professionisti
Tale istituto, che permette di tassare il reddito in via sostitutiva ad Irpef, relative addizionali ed Irap nella misura fissa del 20%, si pone in posizione contigua al regime forfettario, visto che l’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta precedente deve essere compreso tra euro 65.001 ed euro 100.000.
Pertanto:
- tale regime non può essere scelto da chi consegue un fatturato inferiore a tale soglia (che quindi potrà accedere al solo regime forfettario, in alternativa ai regimi ordinari di determinazione del reddito);
- i soggetti che realizzano un fatturato compreso nel range001 – 100.000 “possono” applicare la tassazione fissa al 20%, il che significa che sono pienamente liberi di continuare con l’ordinario prelievo Irpef.
Il fatto che si tratti di un regime contiguo a quello forfettario è provato anche dal fatto che sono previste le medesime cause di esclusione già previste all’articolo 1, comma 57, L. 190/2014, che potremmo riassumere nel fatto di non utilizzare regimi speciali, essere residenti, non effettuare cessioni di fabbricati o auto, non partecipare in società, non svolgere l’attività nei confronti di soggetti che in passato sono stati datori di lavoro.
Come il regime forfettario, le operazioni poste in essere sono fuori dal campo di applicazione dell’Iva (con correlato divieto di detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti) e non subiscono ritenuta, né rivestono la qualifica di sostituti d’imposta (seppure con la necessità di indicare in dichiarazione le generalità dei percipienti)
Le analogie, però, si fermano qui.
La prima differenza di ordine operativo risiede nell’assoggettamento agli obblighi di fatturazione elettronica: a differenza dei forfettari che sono autorizzati a continuare ad emettere le fatture in modalità “analogica”, questo regime obbliga alle modalità di fatturazione previste per i contribuenti in regime ordinario.
Inoltre la determinazione del reddito non è forfettaria, ma analitica: l’articolo 6, comma 1, prevede infatti che l’imposta sostitutiva del 20% debba applicarsi “al reddito d’impresa o di lavoro autonomo, determinato nei modi ordinari”.
Per tali soggetti viene quindi meno la semplificazione amministrativa riconosciuta al regime forfettario consistente nella necessità di monitorare esclusivamente le operazioni attive, potendo tralasciare quelle passive (salvo l’onere di fornire taluni dati nel quadro RS della dichiarazione dei redditi); il nuovo istituto obbliga invece i contribuenti alla tenuta di una normale contabilità, con una determinazione del reddito che risulta differenziato tra imprese e professionisti.
Va però proposta un’ulteriore considerazione: mentre il primo step della flat tax è un allargamento del regime forfettario, con la conseguenza che risultano applicabili tutte le previsioni contenute nella L. 190/2014, questo secondo step è un regime autonomo, con regole specifiche.
Nell’articolo 6 del DDL di bilancio non è contenuta alcuna previsione circa la possibilità di dedurre dal reddito i contribuenti previdenziali, come invece è consentito ai forfettari ai sensi dell’articolo 1, comma 64, L. 190/2014; considerando che al nuovo istituto accederanno soggetti con redditi presumibilmente elevati (affinché la sostitutiva fissa al 20% risulti effettivamente conveniente), il fatto di perdere la deduzione dei contribuenti previdenziali renderebbe tale regime quasi sempre non conveniente.
Pare lecito affermare che tale mancata previsione sia da intendersi come mera dimenticanza, che dovrà essere corretta, pena rendere del tutto inapplicabile il nuovo istituto.
15 Novembre 2018 a 17:14
nella bozza della Legge di Stabilità 2019 in mio possesso (versione del 31/10/2018 h. 00.40 – art. 6 c. 3 lett. d) non si rimanda affatto al disposto dell’art 1 comma 57 L. 190/2014 per la parte che riguarda il possesso di partecipazioni in società.
Come anche previsto nell’art. 4 c. 1 lett. c dello stesso testo in bozza a cui probabilmente fa rimando visto che il primo (art.4) entrerà in vigore nel 2019 e il secondo (art. 6) probabilmente nel 2020.
Nel caso dell’art. 1 comma 57 L. 190/2014 la lettera d) recita ” gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico di cui al d.P.R. n. 917 del 1986, e successive modificazioni. ”
Mentre nel caso dei due articoli della bozza di Legge di Stabilità 2019 si prevede ” al comma 57, le lettere d) e d-bis) sono sostituite dalle seguenti: “d) gli esercenti attività d’impresa,arti o professioni che partecipano contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone, ad associazioni o imprese familiari di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,n. 917, e successive modificazioni, ovvero a società a responsabilità limitata o ad associazioni in partecipazione.”
Viene eliminato l’originario inciso “di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico di cui al d.P.R. n. 917 del 1986” rendendo impossibile l’accesso ai due regimi a chiunque sia in possesso anche dello zero virgola zero uno di società a responsabilità limitata (caso non infrequente e magari in liquidazione).
Forse non ho a disposizione una bozza aggiornata ma se così fosse mi pare che la platea dei potenziali fruitori dei regimi ex. art. 4 e 6 della Legge di Stabilità 2019 sia di molto ridotta.
SI tratta di un refuso nella redazione del testo o di una precisa volontà del Governo/politica?
Ci auguriamo un buon lavoro … ne abbiamo bisogno.