Tecnologia, vita reale e il futuro che avanza
di TeamSystemCombattere contro la tecnologia e la digitalizzazione oggi rappresenta un’impresa eroica e, tutto sommato, inutile. Ci sono evoluzioni naturali che fanno parte della vita dell’uomo e tecnologie che prendono piede semplicemente perché offrono vantaggi o servizi che prima non esistevano. Quando questo accade, serve a poco trincerarsi e resistere contro il nuovo che avanza, forse sarebbe meglio cavalcare l’onda e cercare di assorbirne i benefici. Il caso Uber, ovvero quello che da qualche mese sta facendo discutere i tassisti italiani, soprattutto milanesi, ne è la prova lampante.
Come funziona Uber
Uber è una piattaforma digitale nata negli Stati Uniti per opera di Garret Camp. Il suo scopo è sostanzialmente fare concorrenza ai taxi offrendo un servizio simile. In pratica, scaricando un’app sul proprio smartphone è possibile individuare un’auto vicina al punto in cui ci si trova e chiamarla. L’autista iscritto a Uber porta il cliente a destinazione e viene pagato direttamente dal fornitore del servizio che calcola automaticamente i costi della corsa. Non è necessario consegnare denaro all’autista perché quando ci si registra al sito, bisogna fornire i dati della propria carta di credito e il pagamento viene così automaticamente prelevato dal conto una volta arrivati a destinazione.
Il “problema” Uber
Ma quindi dove sta il problema? Il problema è sostanzialmente nel tipo di concorrenza che secondo i tassisti sarebbe “sleale” nei loro confronti. È vero, un tassista, per essere in regola deve avere una licenza, deve rispettare delle tariffe prestabilite, turni di lavoro e pause, inoltre non può esercitare altre professioni oltre a quella principale. Tutti questi vincoli non ce li hanno gli operatori NCC (noleggio con conducente) e questo è un dato di fatto. Ma un altro dato di fatto è che quando un servizio come questo viene introdotto sul mercato e il pubblico lo richiede, non serve ostacolarlo. Va regolamentato, certo, ma poi bisogna produrre anche delle nuove regole che permettano di combattere ad armi “pari” a chi opera in quel mercato già da tanti anni.
Quando la tecnologia cambia le regole
Nel mondo dell’editoria, i siti web e i blog hanno completamente demolito l’industria dell’informazione “analogica” causando la chiusura di migliaia di edicole. Non c’è stato nulla da fare. L’edicola digitale di Apple o di Google ospita adesso i giornali che gli editori vendevano o vendono (sempre meno) in edicola, gli schermi di tablet e smartphone hanno sostituito la carta, le reti digitali hanno rimpiazzato tanti distributori che spostavano quintali di riviste e giornali su e giù per il Paese. Oggi sopravvivono solo quelli che si adeguano e trovano il modo per cavalcare la tecnologia. Nel 2001 le major della grande distribuzione musicale fecero chiudere Napster credendo di arginare così il “disastro” che gli Mp3 stavano creando nel mondo della musica, ma non è andata esattamente così.
L’evoluzione nel mondo delle auto
Intel ha presentato proprio qualche giorno fa una nuova tecnologia chiamata In-Vehicle Infotainment o IVI che sarà applicata alle automobili e le farà dialogare con smartphone, semafori, altre auto e con qualunque dispositivo dotato di un piccolo computer di bordo grande quanto una moneta da 2 euro. Quello che viene ormai comunemente chiamato Internet of things. Nel progetto l’azienda americana ha investito oltre 100 milioni di dollari e lo scopo è quello di creare un ecosistema completamente nuovo che porterà le auto a riconoscere il conducente e i passeggeri, ma non solo, le renderà anche capaci di guidare da sole. Che cosa succederà allora fra qualche anno? Probabilmente, una volta arrivati in stazione o in aeroporto avremo tre scelte per tornare a casa: chiamare il taxy, che comunque ci saranno sempre, controllare da smartphone con un servizio tipo Uber se nelle vicinanze c’è un autista disponibile a darci un passaggio oppure inviare un messaggio vocale direttamente al computer di bordo della nostra auto che accenderà il motore e verrà a prenderci da sola e senza autista. Sembra fantascienza, ma forse neanche tanto.