Territorialità IVA del prestito di personale
di Marco PeiroloCon la R.M. n. 502712/1973, è stato precisato che i prestiti di personale dipendente effettuati fra società del medesimo gruppo non realizzano i presupposti per l’applicazione dell’IVA, sempreché le somme pagate dalla società utilizzatrice del servizio siano esattamente commisurate alla retribuzione spettante al dipendente “prestato” ed ai relativi oneri previdenziali e assistenziali.
La successiva R.M. n. 500160/1974 ha affermato che i predetti prestiti non sono soggetti a IVA anche nei casi in cui tra le parti dell’operazione non esista alcun collegamento di natura organica o finanziaria, in quanto ciò attiene all’aspetto soggettivo del rapporto economico. Per contro, i prestiti di personale sono irrilevanti ai fini impositivi per mancanza del presupposto oggettivo d’imposta, nella considerazione che, essendo le somme restituite dall’impresa utilizzatrice dei servizi resi dai dipendenti “prestati” esattamente uguali alla retribuzioni spettanti ai dipendenti medesimi e ai relativi oneri previdenziali ed assistenziali, le stesse s’intendono erogate non già a titolo di corrispettivo bensì di semplice rimborso di spese di lavoro subordinato.
La R.M. n. 363853/1986 ha, tuttavia, ritenuto che il prestito di personale costituisce una fattispecie da assoggettare a IVA ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. n. 633/1972, a nulla rilevando la circostanza che il relativo corrispettivo corrisponda esattamente al rimborso del costo. Indiretta conferma di questa conferma discende dalla disposizione recata dall’allora vigente articolo 7, comma 4, lettera e), del citato D.P.R. n. 633/1972, la quale, al fine dell’individuazione dell’ambito territoriale di effettuazione delle prestazioni di servizi rientranti nella sfera impositiva, menziona, tra le altre, quelle relative ai prestiti di personale.
L’incertezza interpretativa è stata definitivamente risolta dall’articolo 8, comma 35, della L. 67/1988, in base al quale “non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”.
In proposito, la R.M. n. 152/E/1995 ha chiarito che tale previsione si applica esclusivamente nell’ipotesi in cui l’impresa fornitrice si limiti a porre nella disponibilità dell’impresa utilizzatrice proprio personale dipendente per lo svolgimento dell’attività lavorativa organizzata da quest’ultima nell’ambito della propria struttura. Per l’applicazione della disciplina agevolativa è necessario che il personale utilizzato dall’impresa utilizzatrice sia legato da un rapporto di lavoro dipendente con l’impresa fornitrice. In assenza di quest’ultimo presupposto, le somme corrisposte sono soggette a IVA, ai sensi del richiamato articolo 3 del D.P.R. n. 633/1972, dovendosi ritenere esistente il requisito della corrispettività anche se l’importo pagato dall’impresa utilizzatrice è pari al costo complessivo del personale sopportato dall’impresa fornitrice.
Tali indicazioni sono state riprese dalla risoluzione n. 262/E/2002, secondo cui la “messa a disposizione di personale” di cui all’articolo 7, comma 4, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972 all’epoca vigente ricorre quando il personale prestato garantisce, all’impresa che se ne avvale, le proprie prestazioni in posizione di effettiva subordinazione. Ciò comporta che i lavoratori, pur restando fisicamente dislocati presso le strutture dell’impresa di appartenenza, svolgono i compiti loro assegnati sotto la direzione ed il potere gerarchico e disciplinare esercitati dall’impresa che fruisce del “prestito”.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, si viene pertanto a configurare una fattispecie (appalto di servizi) non riconducibile al citato articolo 7, comma 4, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972, bensì nel comma 4 del medesimo articolo 7, se – come nel caso esaminato dal documento di prassi – i poteri di direzione, gerarchico e disciplinare sono stati costantemente esercitati dall’impresa fornitrice italiana e tale fatto ha impedito un’effettiva disponibilità della forza lavoro da parte dell’impresa che si avvale del prestito.
È opportuno rammentare che l’esclusione da IVA, secondo la risoluzione n. 346/E/2002, presuppone che sia rimborsato esclusivamente il costo del personale prestato (retribuzione, oneri previdenziali e contrattuali), in quanto l’intero importo è imponibile se le somme rimborsate sono superiori o inferiori al costo. Nello stesso senso si è espressa anche la giurisprudenza, escludendo che il prestito di personale, a fronte del quale venga rimborsato una somma superiore al costo del personale, sia soggetto a IVA limitatamente alla parte che eccede il costo del personale prestato (Cass. n. 14053/2012 e n. 23021/2011).
Nel passaggio dalle vecchie alle nuove disposizioni territoriali, le operazioni di “messa a disposizione di personale” sono disciplinate dall’articolo 7-septies, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 633/1972, che le considera come non effettuate nel territorio dello Stato se rese a committenti non soggetti passivi domiciliati e residenti fuori dell’Unione europea.
Nell’ambito dei rapporti B2B, si ritiene che il prestito di personale a favore di un’impresa utilizzatrice non stabilita in Italia sia ivi esclusa da IVA ai sensi dell’articolo 7-ter del D.P.R. n. 633/1972. In particolare, è lo schema negoziale utilizzato per la fornitura di manodopera a giustificare la natura extraterritoriale dell’operazione e non il carattere corrispettivo o meno delle somme pagate dall’impresa che si avvale del prestito, sicché la delocalizzazione della prestazione nel Paese dell’impresa utilizzatrice del “prestito” opera anche nel caso in cui le parti abbiano previsto il rimborso esclusivamente del costo del personale prestato (retribuzione, oneri previdenziali e contrattuali). Dopodiché, spetterà all’impresa estera che si avvale del personale verificare l’esistenza delle condizioni che consentono di non assoggettare ad imposta l’operazione.