Tfm deducibile senza limiti di legge, in ragione della quota maturata
di Andrea CaboniGianluca CristoforiLa deducibilità, ai fini dell’Ires, dell’accantonamento relativo al trattamento di fine mandato degli amministratori (c.d. “Tfm”) è espressamente regolata dall’articolo 105, comma 4, Tuir, nel quale è previsto che: “Le disposizioni dei commi 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f) [n.d.r. tra le quali rientra anche il Tfm spettante agli amministratori]”.
L’articolo 105, comma 1, Tuir, al quale si fa espresso rimando, stabilisce che “Gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell’articolo 2117 del codice civile [n.d.r. tra i quali rientra anche l’accantonamento al fondo trattamento di fine rapporto, o “TFR”], se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi”.
In proposito, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 26431 del 19.10.2018, ha affermato che “Le aziende possono decidere di corrispondere agli amministratori, al termine del loro mandato, una indennità definita “trattamento di fine mandato”, quale compenso aggiuntivo a quello ordinario stabilito dallo statuto sociale ovvero dall’assemblea dei soci e lasciato alla libera contrattazione delle parti. […] In base al combinato disposto degli articoli 105 e 17, del Tuir il regime di deducibilità adottato per i costi in argomento è pertanto quello di competenza sempre che il diritto al Tfm risulti da atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto; solo in tale evenienza in ciascun esercizio sono deducibili le quote maturate a favore dei singoli amministratori e accantonate nell’apposito fondo, indipendentemente dal fatto che la loro manifestazione finanziaria avverrà solo in un momento successivo. In caso contrario è estesa anche al Tfm l’applicazione del principio di cassa disposto dall’articolo 95, comma 5, Tuir, per i compensi spettanti agli amministratori, e gli accantonamenti in esame sono deducibili dal reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento. Le indennità per il trattamento di fine mandato (Tfm) hanno, quindi, per quanto rileva nel presente giudizio, un diverso trattamento fiscale a seconda che le stesse risultino o meno da atto scritto avente data certa anteriore alla data di inizio del rapporto”.
Quindi, in applicazione della suesposta disciplina:
- gli accantonamenti al fondo Tfm “sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio” in conformità agli accordi contrattuali conclusi tra le parti (se risultanti da atto scritto avente data certa anteriore alla data di inizio del rapporto), in quanto non esistono disposizioni legislative che regolino le modalità di determinazione di tale indennità o che prevedano limiti alla relativa deducibilità, come invece talvolta sostenuto dall’Amministrazione finanziaria nei casi in cui l’ammontare degli accantonamenti eccedesse quanto previsto dall’articolo 2120 cod. civ. per i lavoratori dipendenti;
- gli accantonamenti al fondo Tfr per i lavoratori dipendenti “sono [invece] deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi” (e, quindi, in conformità all’articolo 2120 cod. civ., che stabilisce che le quote siano determinate in misura “pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”).
Come anticipato, l’Agenzia delle Entrate ha talvolta considerato parzialmente indeducibile l’accantonamento al fondo Tfm rilevato nell’anno di competenza, ritenendo analogicamente applicabile il limite di deducibilità previsto per l’accantonamento al fondo Tfr di lavoro dipendente (articolo 2120 cod. civ.) in misura “pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”), ciò nonostante si tratti di accantonamenti regolati, civilisticamente e fiscalmente, in modo del tutto autonomo e distinto, con un approccio peraltro contrastante anche con propria prassi pubblica (risoluzione AdE 124/E/2017).
Tali rilievi dell’Amministrazione finanziaria, ampiamente criticati dai commentatori e dalla dottrina, sono stati oggetto di numerosi contenziosi e di un intenso dibattito giurisprudenziale.
L’orientamento giurisprudenziale largamente prevalente contrasta la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate; per esempio, sulla questione si è autorevolmente espressa, di recente, la CTR Milano che, con la sentenza n. 5280/18/2018 del 03.12.2018, ha ribadito i seguenti principi: “Il trattamento di fine mandato, diversamente dal trattamento di fine rapporto, “non è disciplinato da nessuna norma specifica, avendo natura pattizia, e ad esso, come anche per la parte non differita dei compensi degli amministratori, risulta dunque applicabile semplicemente il criterio di congruità e di ragionevolezza che si fonda sulla misura proporzionale ai compensi annualmente corrisposti. Tanto premesso, si deve qui ribadire che il legislatore non ha posto un tetto massimo di deducibilità dell’accantonamento periodico al fondo Tfm e, tanto meno, ha disposto che l’accantonamento di cui si discute debba essere limitato al valore fisso convenzionale pari al numero di mensilità (13,5) a cui i lavoratori subordinati hanno diritto. Tale orientamento trova conferma anche nella risoluzione n. 124/E del 13.10.2017 emessa dall’Agenzia delle Entrate, dove si afferma che l’ammontare del Tfm è determinato secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa. Non è da ritenersi sindacabile la deduzione di un accantonamento che non sia eccessivo e sproporzionato con riguardo alla realtà specifica dell’azienda, quando questo risulti, come nel caso in esame, conseguente ad una delibera assembleare presa secondo criteri di ragionevolezza e congruità, a nulla rilevando il riferimento alle specifiche norme adottate dal legislatore per il rapporto di lavoro subordinato”.
Tale orientamento era già stato espresso dalla stessa CTR Milano, con la sentenza n. 3749/16/2018 dell’11.09.2018, ove aveva rilevato che “L’amministrazione finanziaria non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti come Tfm agli amministratori di società di persone. Tali somme sono deducibili come costi, sicché deve concludersi che nel sistema attuale la spettanza e la deducibilità degli emolumenti a favore degli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti o nell’ambito dell’ente sul punto, senza che all’ufficio sia riconosciuto un potere specifico di valutazione di congruità. Giustappunto, l’indennità di fine mandato è sostanzialmente assimilabile all’indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti; tuttavia, mentre per il Tfr, sia il codice civile, (articolo 2120) sia la normativa fiscale (articolo 105 Tuir, commi 1 e 2) disciplinano e limitano la quota annuale di accantonamento deducibile, stabilendo che l’entità di tale trattamento si calcoli sull’importo della retribuzione annua diviso per 13,5, per il Tfm, invece, non esiste alcuna norma di riferimento. Pertanto, non vi è limitazione all’ammontare”.