10 Febbraio 2023

Tipo documento TD19 ed estrazione da deposito Iva

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

La disciplina dei depositi Iva è contenuta nell’articolo 50 bis D.L. 331/1993, come modificato dall’articolo 4, comma 7, D.L. 193/2016, convertito con modificazioni dalla L. 225/2016. Le suddette variazioni hanno previsto l’estensione dell’utilizzo del deposito Iva a tutti i beni, introducendo diverse modalità di estrazione in base alla provenienza dei beni (risoluzione 55/E/2017).

Con la risposta 114/E/2023 l’Agenzia delle entrate chiarisce le modalità di gestione di una cessione di beni, effettuata all’interno di un deposito Iva, da parte di soggetto passivo non residente dotato di rappresentante fiscale in Italia, nei confronti di un soggetto passivo residente.

Nelle operazioni in cui sono coinvolti un soggetto non residente ed un soggetto passivo nazionale, quest’ultimo assume la qualità di debitore di imposta, ossia sullo stesso ricade il compito di assolvere gli adempimenti Iva, anche in presenza di un rappresentante fiscale in Italia del soggetto estero. L’ordinamento nazionale attribuisce l’onere di versare l’Iva e di documentare le operazioni al soggetto avvinto dal vincolo legale più stringente con l’apparato tributario (il soggetto passivo italiano), venendo meno l’intervento del rappresentante fiscale del soggetto non residente.

La norma di riferimento è contenuta nell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972 secondo cui “gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, sono adempiuti dai cessionari o committenti.

L’Amministrazione finanziaria, per costante prassi, ha applicato la disposizione sopra citata ritenendo che l’imposta relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia rese da un cedente o prestatore non residente, senza stabile organizzazione in Italia, vada assolta dal cessionario o committente italiano. Quest’ultimo è tenuto ad applicare il meccanismo dell’inversione contabile, anche se il cedente o prestatore estero è dotato di una posizione Iva “leggera” in Italia, tramite identificazione diretta o con la nomina di un rappresentante fiscale italiano (risposte ad istanza di interpello 501/2021 e 11/2020 e le circolari 14/E/2010, 36/E/2010, quesito n. 31).

Si ricorda inoltre che il documento emesso con partita Iva italiana dal rappresentante fiscale di un soggetto passivo estero residente nella UE (o extra-UE), per una cessione effettuata nei confronti di un soggetto passivo Iva residente in Italia, non è rilevante come fattura ai fini Iva e, al suo posto, occorre richiedere la fattura emessa direttamente dal fornitore estero (risoluzione 21/E/2015).

In altri termini, il rappresentante fiscale non interviene nella documentazione dell’operazione in questione, per la quale sarà sufficiente la sola fattura emessa dal soggetto estero, seguita da integrazione e annotazione effettuata dal soggetto passivo nazionale. L’eventuale indicazione della rappresentanza nella fattura del soggetto estero è utile solo come elemento di completa identificazione dell’operatore.

Il rappresentante fiscale del soggetto non residente non dovrà registrare l’operazione, non essendo la stessa ascrivibile alla posizione Iva italiana del cedente e trattandosi di operazione propria del soggetto non residente effettuata con la posizione Iva estera.

Il soggetto passivo italiano è tenuto, pertanto, ad effettuare l’integrazione della fattura e la registrazione dell’operazione, con l’indicazione del motivo di non imponibilità ricollegabile alla disciplina dell’articolo 50 bis D.L. 331/1993.

La fattura verrà emessa dal cedente estero in formato analogico, non essendo previsto l’obbligo di emissione delle fatture elettroniche in capo ai soggetti non residenti: il cessionario italiano, pertanto, potrà scegliere se procedere con l’integrazione cartacea o elettronica della fattura ricevuta.

Qualora decida di procedere con l’integrazione elettronica, di fatto emette un documento autonomo, utilizzando il tipo documento TD19 e codice natura N3.6 (utilizzato per le operazioni non imponibili che non concorrono alla formazione del plafond).

In tal caso, il soggetto passivo italiano assolve contestualmente sia all’obbligo di integrazione (adempimento Iva) che all’onere della comunicazione delle operazioni transfrontaliere, secondo le modalità disposta dall’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015, in vigore dal 1° luglio 2022.

Nell’ipotesi in cui l’acquirente italiano decida di procedere con l’integrazione cartacea – stampando la fattura del fornitore con annotazione sul documento così materializzato – resta l’obbligo di trasmettere i dati dell’operazione allo SdI (esterometro).

Si ricorda che i soggetti passivi italiani devono trasmettere allo SdI i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale, quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche, nonché quelle, perché di importo non superiore ad euro 5.000 per ogni singola operazione, relative ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini Iva in Italia ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies, D.P.R. 633/1972.

La trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni ricevute da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione.