Titoli abilitativi edilizi e regime IVA
di Cristoforo FlorioL’art. 10, n. 8 bis, del d.p.r. n. 633/72 prevede che le cessioni di fabbricati abitativi (categoria catastale A, con esclusione della categoria A/10) posseduti dall’impresa che ha eseguito sui predetti immobili interventi edilizi di “livello superiore” sono obbligatoriamente assoggettate ad IVA fino al compimento di un quinquennio dalla data di ultimazione dei lavori. Successivamente ai cinque anni, le predette cessioni sono esenti da IVA, salvo che l’impresa che abbia operato l’intervento edilizio non opti per l’applicazione volontaria dell’imposta.
Inoltre, la distinzione tra lavori edilizi “pesanti” e “leggeri” assume rilievo ai fini della possibilità di optare per l’applicazione del regime di imponibilità IVA nella locazione immobiliare dei fabbricati abitativi, prevista solo nel caso in cui a locare l’immobile sia la medesima impresa che ha posto in essere sullo stesso l’intervento edilizio di “livello superiore” (fatta eccezione per l’housing sociale che consente l’opzione per l’IVA anche al soggetto non ristrutturatore).
Diviene dunque fondamentale comprendere quali siano gli interventi edilizi che determinano l’applicazione dell’IVA in via obbligatoria/opzionale in sede di cessione/locazione dell’immobile abitativo.
Il richiamato art. 10 del d.p.r. n. 633/72 dispone per l’applicazione obbligatoria dell’IVA relativamente alle cessioni infraquinquennali di fabbricati che siano stati interessati dagli interventi di cui all’art. 3, co. 1, lettere c), d) ed f), del d.p.r. n. 380/01 (cd. “Testo Unico dell’Edilizia). Trattasi, in particolare, degli interventi di restauro e risanamento conservativo (lett. c), di ristrutturazione edilizia (lett. d) e di ristrutturazione urbanistica (lett. f).
Diversamente dicasi, invece, per gli interventi di cui alle lettere a) e b) del citato art. 3, co. 1, ovvero la manutenzione ordinaria (lett. a) e quella straordinaria (lett. b), che non consentono di attribuire al soggetto che ha eseguito i lavori la qualifica di “ristrutturatore” ai fini IVA, con la conseguenza che l’impresa che abbia eseguito solo tali interventi “minori” sul fabbricato abitativo non potrà applicare l’IVA in fase di compravendita (neanche in via opzionale), dovendo necessariamente alienare l’immobile in regime di esenzione.
Cosa si intende, dunque, per “manutenzione ordinaria” e “manutenzione straordinaria”? Quando un determinato tipo di intervento appartiene alla categoria della manutenzione straordinaria piuttosto che a quella della ristrutturazione edilizia?
Da un punto di vista pratico, questa operazione non è sempre di agevole soluzione. Da un lato, infatti, l’interprete tributario deve cimentarsi con la normativa amministrativa dettata in materia di edilizia, pregna di contenuti tecnici generalmente appannaggio di geometri, architetti e ingegneri; dall’altro, la legislazione nazionale di cui al citato Testo Unico dell’Edilizia è integrata dalla regolamentazione dettata a livello regionale, con la conseguente necessità di verificare quanto disposto anche sul territorio locale.
A seguito dei diversi interventi legislativi succedutisi nel tempo (l’ultimo è il D.L. n. 133/2014) il sistema dei titoli abilitativi in edilizia risulta, attualmente, cosi riassumibile: 1) attività edilizia libera (AEL); 2) Comunicazione di inizio attività (CIL) e comunicazione di inizio attività asseverata (CILA); 3) Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA); 4) Dichiarazione di inizio attività (DIA) e 5) Permesso di costruire (PDC).
L’AEL riguarda, in generale, gli interventi di manutenzione ordinaria negli edifici. Nei casi in cui può essere attuata non è necessario alcun titolo abilitativo, fermo restando il rispetto degli strumenti urbanistici vigenti e delle altre norme di settore relative ai lavori da effettuare (es. norme antisismiche, antincendio, ecc.). Sono esempi di manutenzione ordinaria: la sostituzione delle pavimentazioni interne, la manutenzione delle scale interne, la sostituzione dei sanitari, la riparazione di impianti elettrici e di riscaldamento, eccetera.
La CIL riguarda, invece, interventi temporanei o i modesti interventi di manutenzione che “impattano” sulla parte esterna degli immobili (pavimentazioni e finiture esterne, vasche di raccolta delle acque, pannelli solari e fotovoltaici). Nei casi in cui la CIL non sia più sufficiente, in quanto – ad es. – bisogna intervenire mediante interventi di manutenzione straordinaria (sempre che tali interventi di manutenzione straordinaria non riguardino le parti strutturali degli edifici, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici, nel qual caso è necessaria la SCIA), occorre utilizzare lo strumento della CILA; in tale ipotesi, sarà necessario l’intervento di un tecnico abilitato, che elaborerà un progetto ed “assevererà”, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi, alla normativa statale e regionale, alla normativa di settore, eccetera.
Per comprendere, invece, quali siano gli interventi soggetti a SCIA è necessario tenere ben presente che mentre sono stati puntualmente individuati gli interventi che devono essere realizzati con gli altri titoli abilitativi (AEL, CIL, CILA, PDC) o che afferiscono alla DIA, per quanto riguarda la SCIA non esiste un elenco altrettanto preciso e tassativo. Si può quindi affermare che tale strumento ha assunto un carattere generale e residuale rispetto agli altri titoli abilitativi; in altri termini, ogni qualvolta gli interventi edilizi da realizzare non appartengono all’AEL e/o non sono stati assoggettati dalle leggi ad altri titoli abilitativi specifici è necessario utilizzare lo strumento della SCIA.
La DIA risulta essere uno strumento ancora vigente e si può applicare in tutti i casi in cui le norme nazionali o regionali ne hanno previsto la sostituzione o l’alternatività al PDC.
Da ultimo il PDC è obbligatorio per gli interventi di nuova costruzione, per quelli di ristrutturazione urbanistica e per quelli di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti.
Alla luce di quel che precede, si può dunque ricavare la seguente regola generale: solo la presenza di una SCIA, di una DIA o di un PDC potranno denotare l’effettuazione di un intervento di ristrutturazione di “livello superiore”, salvo ulteriori e più approfondite indagini da effettuarsi, caso per caso, in merito al titolo edilizio utilizzato. Pertanto, solo a seguito dell’utilizzo di tali titoli edilizi su un fabbricato abitativo da parte dell’impresa proprietaria si verrà a determinare l’applicazione obbligatoria dell’IVA in fase di rivendita entro il quinquennio e l’applicazione opzionale dell’IVA oltre tale lasso di tempo. In presenza, invece, di interventi edilizi “minori” l’impresa sarà obbligata, come già specificato, alla cessione in esenzione da IVA, con tutte le possibili conseguenze in termini di detraibilità dell’IVA sugli acquisti a seguito della variazione del pro-rata.
Da ultimo, si vuole evidenziare in questa sede che il D.L. n. 133/2014 (cd. “Decreto Sblocca Italia) ha, tra gli altri, modificato la definizione di “manutenzione straordinaria”, intervenendo così indirettamente anche sulla disciplina IVA delle cessioni di fabbricati abitativi. La normativa testé citata ha sostanzialmente allargato le ipotesi di “manutenzione straordinaria”, ampliando – di fatto – le fattispecie di cessione di fabbricati abitativi in esenzione da IVA. Nelle ipotesi di cui all’art. 3, lett. b), del d.p.r. n. 380/2001 (e, quindi, nelle opere di manutenzione straordinaria), rientrano – infatti – anche i frazionamenti o gli accorpamenti di unità immobiliari con opere e con aumento di carico urbanistico, purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. La fascia delle opere di manutenzione straordinaria è stata pertanto ampliata, accogliendo anche le modifiche di volumi e superfici delle singole unità immobiliari, a condizione che non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici interessati e che ne sia mantenuta l’originaria destinazione d’uso. Qualora l’intervento di aumento o riduzione delle unità immobiliari interessi, invece, le strutture esso sarà attuabile con SCIA, con tutto quello che ne consegue in termini del regime IVA applicabile in fase di compravendita del fabbricato abitativo.