Agevolazioni Imu: non sempre opera l’estensione alle società semplici
di Fabio GarriniI provvedimenti di trasformazione agevolata introdotti nel 2016 hanno aumentato il numero di società semplici operanti nel campo della gestione immobiliare dei patrimoni familiari, senza dimenticare che in alcuni settori (in particolare quello agricolo) si tratta di una forma di esercizio dell’attività molto diffusa.
Va però segnalato che non sempre la detenzione tramite società semplice può considerarsi assimilata ad una detenzione diretta del bene, in termini di applicazione di agevolazioni a cui avrebbero automaticamente diritto i soci se fossero possessori dei beni intestati alla società: mentre per le agevolazioni previste nel campo agricolo i benefici sono applicabili in forza di una specifica previsione normativa, altrettanto non può dirsi per l’esenzione prevista per l’abitazione principale, in quanto il fabbricato abitato dal socio non può conferire l’esenzione alla società.
La società semplice nel settore agricolo
Per fruire della finzione di non edificabilità delle aree disciplinata dall’articolo 1, comma 741, lett. d), L. 160/2019 (ossia quella previsione in base alla quale un terreno edificabile secondo lo strumento urbanistico, ai fini Imu, può considerarsi agricolo, quindi di fatto esente da imposta per gli operatori del comparto agricolo) è necessario che i terreni siano sia posseduti che condotti dal coltivatore diretto ovvero dall’imprenditore agricolo professionale (Iap). In altre parole, deve esservi una sorta di immedesimazione nello stesso possessore di tutti i requisiti richiesti dalla norma per fruire della finzione di non edificabilità.
Evidentemente, quando i terreni sono di proprietà dei soci di una società agricola che li coltiva, proprio per la differenza tra possessore e coltivatore del fondo, potrebbe sorgere un problema.
Sul punto consta l’interpretazione pro-contribuente recata dalla circolare 3/DF/2012: il diritto a fruire dell’agevolazione non viene meno nel caso in cui i terreni risultino essere posseduti da coltivatori diretti che però svolgono l’attività su questi terreni attraverso una società di cui essi stessi sono soci ed alla quale hanno concesso in affitto o in comodato detti terreni.
Infatti, ai sensi dell’articolo 9 D.Lgs. 228/2001, ai soci delle società agricole sono riconosciute le agevolazioni tributarie previste per le persone fisiche: “Ai soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche…”
Su questo punto va registrato l’intervento dell’articolo 78-bis, comma 2, D.L. 104/2020, il quale precisa che la richiamata disposizione (articolo 9, comma 1, L. 228/2001) trova applicazione anche in relazione all’applicazione dell’Imu, peraltro con una disposizione di interpretazione autentica, valevole anche per il passato.
Pertanto, ad esempio, un terreno agricolo in comproprietà al 50% tra due fratelli, entrambi coltivatori diretti o Iap, ma condotto dalla società semplice agricola da loro partecipata, è esente dal pagamento dei tributi locali; si badi bene, il beneficio non può spettare a favore dei terreni coltivati dalla società agricola quando il possessore, benché sia iscritto alla previdenza agricola, non sia anche socio della società che materialmente coltiva detti terreni.
L’esenzione per abitazione principale posseduta dalla società semplice
Le considerazioni appena proposte in merito alla finzione di non edificabilità non trovano applicazione in relazione ad altre agevolazioni, quale l’esenzione prevista per il fabbricato destinato ad abitazione principale.
Non è infatti presente una disposizione analoga quella prevista nell’articolo 9 D.L. 228/2001 per il comparto agricolo, peraltro confermata dall’articolo 78-bis D.L. 104/2020.
Sul tema consta una recente pronuncia Corte di Cassazione (ordinanza n. 18554 del 08.06.2022) che conferma indirettamente tale considerazione.
La controversia che aveva portato al giudizio verteva su di una abitazione posseduta dalla società semplice, abitata dai soci della società stessa; secondo i soci, i soggetti passivi dell’Imu dovevano essere qualificati i soci stessi, nella considerazione che la società semplice è una società a mero scopo di godimento e quindi avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina sulla comunione richiamata dall’articolo 2248 cod. civ. (nel qual caso, effettivamente, l’Imu sarebbe dovuta dal singolo comunista per la propria quota).
La Cassazione ha, in maniera del tutto condivisibile, respinto tale ricostruzione, osservando come la società, sia pure semplice, comunque rappresenta un soggetto autonomo e diverso dalle singole persone fisiche che la costituiscono.
Conseguentemente non è possibile applicare in capo alla società l’esenzione che risulta incardinata sui requisiti della dimora e della residenza, che necessariamente non possono essere verificati in capo all’entità societaria, confermando la nota regola secondo cui le norme agevolative devono essere di stretta interpretazione.
Tale interpretazione era peraltro già stata sposata dalla Cassazione nella precedente sentenza n. 23682 del 24.09.2019.
In tal senso depone anche la presa di posizione già assunta in relazione al caso del trust: per i beni disposti nel trust, infatti, il cui soggetto passivo è il trustee (Cassazione, n. 16550/2019), l’imposta deve essere versata secondo le regole ordinarie senza applicare l’agevolazione per abitazione principale, a nulla rilevando che l’immobile sia abitato dal beneficiario (Cassazione, n. 15988/2020).