13 Giugno 2014

Tra Montasio e San Daniele per cesellare un fisico bestiale

di Chicco Rossi
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Andando in libreria, finalmente sono riuscito a uscire con in mano un libro di Mauro Corona, “La voce degli uomini freddi”, probabilmente convinto dall’inclusione dell’opera nella cinquina finalista del Campiello 2014. Strano però per uno che ha amato “Il bosco degli urogalli” di Mario Rigoni Stern, che oltre a essere stato un grande uomo era un grande scrittore nonché, coincidenze del caso vincitore del Campiello 1978 con Storia di Tönle.

Tutto questo per introdurre il viaggio di questa settimana con cui andremo a rendere omaggio alla terra di Corona, il Friuli Venezia Giulia.

Il nostro breve viaggio inizia da Spilimbergo, paese che si affaccia sul Tagliamento, fiume in cui si tuffa il giovane Frederic Henry di Addio alle armi per scappare dalla Battle Police e proseguire nel suo sogno d’amore.

Per capire la bellezza di questo paese basta passeggiare per Corso Roma, che taglia il centro storico e sul quale si affacciano splendidi palazzi storici, edifici multicolori.

Del resto le origini nobiliari si riconoscono nello stesso nome, infatti Spilimbergo prende nome dai conti carinziani Spengenberg.

Passeggiando per il corso si possono ammirare il Palazzo Monaco, le chiese di San Giuseppe e Pantaleone e quella di San Giovanni, la Casa Dipinta, con affreschi del XVI secolo rappresentanti scene della vita di Ercole e senza rendersene conto, si arriva, superando un fossato, nel Castello.

Dopo una bella passeggiata con il naso all’insù è giunto il momento di andare alla scoperta delle tipicità culinarie, e quindi non si può andare via da Spilimbergo senza aver prima assaggiato il suo dolce tipico a base di crema di mandorle.

Ecco che allora la destinazione è l’Osteria Al Bachero dove prima del dolce, si degusta un buon tagliere di Montasio accompagnato con l’irrinunciabile polenta di mais o, in alternativa, per i più “delicati”, visto che siamo anche in stagione, degli splendidi fiori di zucca ripieni di montasio (buonissimi anche se Chicco Rossi non può tradire quelli romani ripieni con l’acciughetta e la mozzarella, accompagnati da un filetto di baccalà fritto in quella friggitoria vicino a Campo dei Fiori).

E per proseguire? Spazio a sua maestà il frico: formaggio e patate, fusi in padella, opzionabile nella versione morbida o friabile.

Ad accompagnare quest’apoteosi di formaggio, optiamo per un grande Sauvignon Saurint prodotto a poca distanza da Spilimbergo, in quel Buttrio dove giorno dopo giorno Enzo Pontoni, personaggio schivo e per questo ancora più grande, cura in maniera maniacale le proprie vigne per donare a noi mortali questo nettare. Il vino si presenta di colore verde e oro. All’olfatto esplodono i profumi di pesca bianca e, in misura minore di anice, con delle note vanigliate (in fin dei conti invecchia in botte pe 1 anno). Grande profondità e pienezza per un vino che consiglio a tutti.

Ci riprendiamo dall’estasi e partiamo per la seconda tappa che, a dire il vero, ha il solo fine di andare a fare indigestione di San Daniele, uno dei grandi prosciutti nazionali, passeggiando tra un’osteria e un’altra per le vie del paese, fino a fermarsi Ai Bintars, locale dall’ambiente informale e familiare.

Il nome è tutto un programma: i bintars erano gli operai che lavoravano a cottimo oltre confine. Il nome, in particolare, deriva dal tedesco winter, per il fatto che durante l’inverno spendevano in cibo, birra e vino, le paghe guadagnate durante l’estate in giro per l’Europa.

Ad aspettarci al centro della tavola uno splendido tagliere con il regale San Daniele questo prosciutto ottenuto da maiali provenienti da Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio.

La tecnica di lavorazione è secolare e si tramanda tra i prosciuttai per generazioni.

Come dice un noto chef, provate a divertirvi preparando un bel piatto di pasta saltato in una padella con strisce sottili di San Daniele e rosa di Gorizia (per chi non si ricordasse cos’è si può sempre rileggere A comprar vino dove si fece la storia), il tutto guarnito con del caprino. E se l’appetito viene mangiando consiglio un buon risotto con caprino e menta.

Ma ai bintars si pensa alla sostanza, e allora insieme a un semplice e genuino tagliere di San Daniele, vengono serviti alcuni sottaceti (primo o poi parleremo della perfetta giardiniera), carciofini e ovviamente montasio.

Alcune fette di pane tagliate grossolanamente e il gioco è fatto, anzi no, perché manca sempre lui, il vino.

E qui la scelta si fa ardua: un bel bollicinato facile alla beva o un rosso impegnato?

Siamo in Italia e in ragione della par condicio optiamo per una entrée di Prosecco della casa, per poi declinare verso un Cabernet franc o un impegnativo Montsclapade di Dorigo. Un taglio di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, affinato 24 mesi in barriques.

Di colore rosso rubino intenso, all’olfatto si presenta elegante e avvolgente, ricco di frutta rossa, spezie e, non poteva mancare, sentori di cuoio e liquirizia.

Si ma per un vino così bisogna chiamare l’oste e chiedere un Montasio Stravecchio con oltre 18 mesi di stagionatura.