Transfer price e onere della prova: analisi della recente giurisprudenza
di Marco BargagliCome noto, l’articolo 110, comma 7, Tuir stabilisce la normativa sostanziale di riferimento in ambito transfer pricing, prevedendo che: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
Rispetto al passato, il legislatore ha eliminato il riferimento alla determinazione dei prezzi di trasferimento sulla base del “valore normale” delle transazioni infragruppo, ex articolo 9 Tuir, con il precipuo scopo di semplificare la disciplina prevista in subiecta materia adeguandola, nel contempo, alle indicazioni emerse in sede Ocse nell’ambito dei lavori del progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS).
A livello internazionale le imprese si devono invece uniformare al c.d. principio di libera concorrenza (c.d. arm’s length principle), previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, del modello Ocse di convenzione, in base al quale il prezzo stabilito nelle transazioni commerciali intercorse tra imprese associate deve corrispondere al prezzo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti per transazioni identiche o similari sul libero mercato.
Lo stesso principio è chiaramente illustrato anche nelle linee guida diramate in ambito TP ossia le “OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations”, che sono state recentemente modificate per effetto della nuova versione pubblicata in data 20 gennaio 2022.
Un argomento di centrale importanza riguarda l’onere della prova tra Fisco e contribuente e, soprattutto, l’individuazione del soggetto che deve dimostrare che i prezzi di trasferimento infragruppo non sono congrui rispetto ai valori di mercato, nell’ambito di una mirata verifica fiscale.
In merito, occorre fare riferimento alla più recente giurisprudenza di merito e di legittimità la quale, tendenzialmente, pone l’onere della prova in capo agli organi dell’Amministrazione Finanziaria.
Di seguito schematizziamo le più recenti sentenze emesse sullo specifico tema.
Estremi | Principi di diritto |
Qualora l’Ufficio intenda superare il dato negoziale del valore di transazione applicato da un’impresa residente nei confronti di una impresa infragruppo non residente (al fine di accertare che i valori di transazione costituiscano artificiale alterazione dei prezzi di beni e servizi scambiati), ha l’onere di provare il maggior reddito che sarebbe derivato al contribuente ove avesse scambiato i beni e i servizi ceduti con economie terze (ossia soggetti economici indipendenti), in analoghe condizioni di mercato. Quindi l’Amministrazione Finanziaria deve provare che le transazioni, qualora effettuate tra soggetti terzi indipendenti, avrebbero generato un maggior reddito imponibile per la società contribuente residente, senza che abbia rilievo l’eventuale finalità elusiva del contribuente. |
|
Corte di cassazione, sentenza n. 27636 del 12.10.2021 |
L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare l’esistenza di transazioni economiche, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, ma non anche quello di dimostrare la maggiore fiscalità nazionale o il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente (…) mentre spetta al contribuente provare che la transazione è avvenuta in conformità ai valori di mercato normali (cfr. ex multis Corte di cassazione, sentenza n. 898 del 16.01.2019).
|
CTR Lombardia, sentenza n. 2229/15/21 del 14.06.2021 |
In materia di transfer pricing l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare l’esistenza di transazioni tra imprese collegate ad un prezzo inferiore da quello normale, non dovendo anche dimostrare la maggiore fiscalità nazionale o il concreto vantaggio fiscale dell’operazione posta in essere. Incombe invece sul contribuente, nel rispetto delle regole ordinarie di vicinanza della prova ex articolo 2697 cod. civ. ed in materia di deduzioni fiscali, l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali. |
Sempre la suprema Corte di cassazione, sezione 5 civile, nella recente ordinanza n. 1374/2022 pubblicata in data 18.01.2022, ha ribadito che l’onere della prova in ambito transfer pricing grava sull’Amministrazione finanziaria.
In particolare, la regola di giudizio del canone di normalità del prezzo di transazione, come il relativo onere probatorio, sono a carico dell’Ufficio (cfr. ex multis Corte di cassazione, sentenza 02.03.2020, n. 5645), senza che abbia rilievo la finalità elusiva di parte contribuente, non dovendo l’Amministrazione Finanziaria provare il presupposto della maggiore fiscalità nazionale rispetto a quella transfrontaliera.
In definitiva, a superamento del dato documentale risultante dalla pattuizione degli specifici prezzi di trasferimento infragruppo, il Fisco deve provare che le transazioni – ove condotte tra soggetti indipendenti -avrebbero generato un maggior reddito imponibile per la società contribuente residente.