Transfer price: l’analisi di comparabilità
di Marco BargagliLa normativa prevista in tema di prezzi di trasferimento infragruppo è contenuta nell’articolo 110, comma 7, Tuir il quale prevede che: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili ..(..)”
In merito, giova ricordare che la valutazione del valore praticato nelle transazioni economiche e commerciali, avvenute tra imprese appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale, non devono derivare da politiche commerciali, ossia da manovre di pianificazione fiscale internazionale, ma devono essere in linea con il “principio di libera concorrenza”, enunciato dall’articolo 9 del modello Ocse di convenzione.
In buona sostanza, il prezzo stabilito nelle transazioni commerciali intercorse tra imprese associate deve essere uguale al prezzo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti per transazioni identiche o similari sul libero mercato.
Un aspetto di fondamentale importanza per l’individuazione del prezzo corretto da applicare nei rapporti infragruppo consiste, nell’ambito della c.d. “analisi di comparabilità”, nella ricerca dei “soggetti comparabili”, ossia dei terzi indipendenti che operano in specifici settori economici, in un determinato mercato di riferimento, commercializzando prodotti similari rispetto alla singola impresa oggetto di verifica.
Nello specifico, l’analisi di comparabilità va effettuata al fine di:
- valutare le modalità con le quali vengono realizzate le transazioni intercompany oggetto di esame;
- dimostrare il rispetto del prezzo di libera concorrenza da parte della tested party (e. l’impresa del Gruppo oggetto di analisi), mediante la comparazione con transazioni similari poste in essere da parti indipendenti.
La comparazione potrà infatti ritenersi affidabile solo qualora funzioni, rischi e assets impiegati dai terzi indipendenti (utilizzati quali comparables) risultino similari a quelli impiegati dalle entità coinvolte nella transazione in verifica (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievi internazionale”, pag. 370).
Sempre con riferimento all’analisi di comparabilità, l’articolo 3, comma 2, D.M. 14.05.2018 prevede che le caratteristiche economicamente rilevanti o fattori di comparabilità che devono essere identificati nelle relazioni commerciali o finanziarie tra le imprese associate per delineare in modo accurato l’effettiva operazione tra di loro intercorsa, nonché per determinare se due o più operazioni siano comparabili tra loro, possono essere classificati come segue:
- termini contrattuali delle operazioni;
- funzioni svolte da ciascuna delle parti coinvolte nelle operazioni, tenendo conto dei beni strumentali utilizzati e dei rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all’interno del gruppo multinazionale cui le parti appartengono, le circostanze che caratterizzano l’operazione e le consuetudini del settore;
- caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati;
- circostanze economiche delle parti e le condizioni di mercato in cui esse operano;
- strategie aziendali perseguite dalle parti.
Circa la corretta analisi dei prezzi di trasferimento, in applicazione del metodo reddituale denominato “Tnmm” (Transactional Net Margin Method) la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con la sentenza n. 4698/2/2019 del 7.11.2019, ha fornito interessanti spunti interpretativi con particolare riferimento alla correttezza del “codice attività (Ateco)” utilizzato per raccogliere le aziende comparate (c.d. comparables) rispetto alla società selezionata come “tested party“.
In merito, si ricorda che il metodo del margine netto della transazione (c.d. Transactional Net Margin Method) esamina il margine dell’utile netto relativo ad una base adeguata (ad esempio, i costi, le vendite) che un contribuente realizza da una transazione controllata.
Nella prassi operativa, il margine dell’utile netto viene quantificato sulla base di determinati indicatori economici (esempio il “ROS”, Return on sales, o il “ROTC”, Return on total cost).
Ciò posto, il giudice tributario, nella richiamata sentenza n. 4698/2/2019, ha accolto la tesi del contribuente che aveva evidenziato che il campione delle società comparabili selezionato da parte dell’Ufficio, nel corso dell’analisi di comparabilità, non era utilizzabile, in quanto composto da società che svolgevano attività notevolmente diverse da quelle esercitate dalla società verificata.
Nello specifico, i soggetti selezionati come comparables svolgevano l’attività di “imprese di restauro, costruzioni nel campo dell’edilizia civile, produzione e noleggio di gru e similari”, mentre la società ricorrente di occupava esclusivamente di “distribuzione e noleggio di casseforme per cemento armato”.
Il giudice di merito, in estrema sintesi, ha rilevato:
- che il criterio di selezione delle società comparabili risultava inadeguato;
- che l’errore dell’Ufficio era quello di essersi appiattito al codice Ateco, senza rendersi conto di aver applicato un codice di natura residuale e, in quanto tale, utilizzato da una pluralità di soggetti esercitanti le attività economiche più disparate;
- l’assoluta incomparabilità delle imprese assunte a campione con l’attività espletata;
- che incombe sull’Agenzia delle entrate l’onere di provare che il corrispettivo dei beni o dei servizi praticato tra un soggetto residente in Italia e una società non residente è “incongruo” rispetto al valore di mercato;
- che il metodo utilizzato deve essere alquanto attendibile (mentre, evidentemente, i rilievi formulati derivavano dall’applicazione di un modello comparativo che non garantiva piena affidabilità);
- che sarebbe stato necessario applicare il metodo tradizionale del “CUP” (comparable uncontrolled price o confronto del prezzo), già adottato dalla ricorrente.