Transfer pricing domestico elusivo
di Luigi FerrajoliLa Corte di Cassazione, con sentenza n.12844/15, ha ritenuto che non sia affatto possibile escludere che un’operazione di transfer pricing interna, cioè una manovra (o un complesso di manovre) di trasferimento dei prezzi operata tra due società operanti in Italia ed appartenenti allo stesso gruppo, abbia rilevanza elusiva ai fini della normativa fiscale.
La vicenda processuale ha visto la proposizione di ricorso da parte dell’AdE avverso una società contribuente per la cassazione della sentenza della CTR Milano n.92 del 9.5.2012, la quale aveva respinto l’appello promosso da parte dell’AdE ed affermato l’illegittimità di un avviso di accertamento relativo a Ires, Irpef ed Iva asseritamente dovute per l’annualità 2004.
La Corte di Cassazione, nel valutare la fondatezza del ricorso così proposto, ha fatto esplicito riferimento alla propria pregressa giurisprudenza (nella fattispecie, alla sentenza n.17955/2013).
Con quest’ultima la Suprema Corte aveva chiarito che la valutazione operata ai fini fiscali in relazione alle manovre sul trasferimento dei prezzi operato da parte di società, appartenenti al medesimo gruppo e con sede in Italia, doveva essere assoggettata al principio affermato dall’art.9 del d.P.R. n.917/1986.
Quest’ultimo, pertanto, a detta della Corte di Cassazione non doveva ritenersi limitato in termini di operatività ai soli rapporti internazionali e doveva anzi sprigionare la propria efficacia (non meramente contabile) anche in relazione a quelli infragruppo intercorsi tra operatori nazionali.
Relativamente a tali relazioni, pertanto, secondo la Suprema Corte doveva considerarsi vigente il riferimento al valore normale di mercato.
Nella pronuncia oggetto di esame nel presente contributo la Corte di Cassazione ha chiarito che l’applicazione di tale ragionamento è conforme al divieto (vigente a livello ordinamentale) di abuso del diritto, che impone al contribuente di rispettare non solo formalmente ma anche sostanzialmente le disposizioni normative, evitando di beneficiare di indebiti vantaggi fiscali.
Il principio che vieta di godere dello sfruttamento di strumenti giuridici condotto ai soli ed esclusivi fini di ottenere agevolazioni o risparmi d’imposta, secondo la Corte, trova fondamento sia a livello comunitario che nei principi costituzionali della capacità contributiva e della tassazione progressiva.
La Corte di Cassazione ha chiarito di ritenere che rientrino nell’alveo del transfer pricing nazionale tutte le manovre sui prezzi di trasferimento interni che siano motivate dalla convenienza a trasferire da un soggetto all’altro materia imponibile e che vengano attuate agendo sui prezzi negoziati per le cessioni di beni e le prestazioni di servizio rese tra società appartenenti al medesimo gruppo.
A detta della Suprema Corte, la repressione delle manifestazioni di transfer pricing domestico consente di disconoscere tali indebiti effetti abusivi, ottenuti ponendo in essere negozi palesemente elusivi rispetto alla disciplina fiscale.
Il ragionamento operato dalla Corte di Cassazione nel rispetto del proprio indirizzo nomofilattico sorge dalla consapevolezza che sia abitudine diffusa spostare materia imponibile tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo in quanto gli uni beneficiano – per le più disparate ragioni – di maggiori esenzioni o di minori tassazioni rispetto agli altri.
Il fatto di procedere ad una valutazione sul punto seguendo differenti step (consistenti nell’individuare la valutazione del bene compravenduto o del servizio reso “intercompany”, nel reperire l’oggettivo valore che l’economia di mercato tributa a quella determinata operazione e nel confrontare detti due parametri) consente infatti di sventare l’artificiosa reiterazione di prezzi “fuori mercato”, che sono poi il veicolo prediletto (nella sua semplicità) per operare lo spostamento elusivo-abusivo di imponibile.
Ciò significa che l’originario impianto dell’art.110 co.7 Tuir, che espressamente si riferiva alle operazioni intercorse con società non residenti nel territorio dello Stato, alla luce dell’orientamento assunto di recente dalla giurisprudenza di legittimità dovrà per forza di cose ritenersi (quantomeno potenzialmente) applicabile anche a fattispecie che originariamente non ne erano interessate per implicita esclusione normativa.
Sarà dunque opportuno per le società contribuenti, quantomeno in via prudenziale, badare ai profili elusivi-abusivi che potrebbero essere censurati da parte dell’Amministrazione finanziaria alla luce del nuovo, penalizzante, orientamento.