Transfer pricing e intervallo di valori – II° parte
di Gian Luca NiedduProseguiamo, con la presente trattazione, l’analisi dei concetti di base esposti nelle Linee Guida OCSE sui Prezzi di Trasferimento, avviata con il precedente contributo “Transfer pricing e intervallo di valori – I° parte”
Pur in considerazione di quanto già esposto, è tuttavia da precisare che determinate circostanze possono rendere opportuna l’applicazione di più di un metodo per la definizione dell’intervallo di valori al fine di valutare una transazione tra imprese associate.
In proposito, l’OCSE (si veda il par. 3.58) porta ad esempio il caso in cui vengano utilizzati due metodi i quali conducono a risultati con livelli analoghi di comparabilità.
Nella fattispecie, ogni metodo potrà produrre un intervallo di valori diverso a causa delle differenze nella natura del metodo e nella diversità dei dati utilizzati. Tuttavia, ciascun intervallo ottenuto dalla separata applicazione delle due metodologie utilizzate potrà essere utilizzato per definire un intervallo accettabile di valori rappresentativi delle condizioni di mercato. Ecco dunque che i dati di tali intervalli potranno essere utili per definire in modo più accurato l’intervallo di libera concorrenza, ad esempio nel caso in cui i due range si sovrappongano oppure per riconsiderare l’accuratezza dei metodi adottati qualora non ci sia sovrapposizione alcuna.
In sostanza, conclude l’OCSE, non è possibile definire una regola generale in relazione all’utilizzo degli intervalli derivanti da più metodi, perché le conclusioni che si possono trarre dipendono dall’affidabilità dei metodi utilizzati e dalla qualità delle informazioni considerate nell’applicazione dei diversi metodi.
Poi, nel caso in cui l’applicazione del metodo più appropriato (o, in circostanze rilevanti, di più di un metodo) produca un intervallo di valori, è opportuno considerare che uno scarto (deviation) significativo tra i valori di un intervallo potrà indicare che i dati utilizzati nella definizione di alcuni valori potrebbero non essere affidabili tanto quanto quelli utilizzati per definire altri valori dell’intervallo o che la deviazione risulti da caratteristiche dei dati comparabili che richiedono aggiustamenti. In questi casi, sarà necessario condurre ulteriori analisi per valutare l’inclusione di tali valori all’interno dell’intervallo dei prezzi di libera concorrenza.
Alla luce di quanto sopra, quanto alla individuazione del punto maggiormente appropriato all’interno dell’intervallo, ne deriva che se l’indicatore selezionato per esaminare la transazione tra imprese associate (e.g., il prezzo o il margine) si trova all’interno dell’intervallo dei prezzi di libera concorrenza, non si dovrebbe eseguire alcun aggiustamento.
Diversamente, qualora il parametro di riferimento per l’analisi della transazione infragruppo (appunto il prezzo o il margine) si trovi al di fuori dell’intervallo dei prezzi di libera concorrenza identificato dall’amministrazione finanziaria, il contribuente dovrà presentare argomentazioni a sostegno del fatto che le condizioni della transazione tra imprese associate soddisfino il principio di libera concorrenza e che il risultato è situato all’interno dell’intervallo di libera concorrenza (ad esempio, perché l’intervallo dei prezzi di libera concorrenza risulta divergente da quello definito dalle autorità fiscali).
Nonostante ciò, se il contribuente non è in grado di fornire le prove per tale dimostrazione, saranno le autorità fiscali a determinare il valore all’interno del range cui fare riferimento per la quantificazione della rettifica dei prezzi/margini relativi alla transazione infragruppo oggetto di analisi (par. 3.61). Nella determinazione di tale valore – continuano le Linee Guida OCSE – quando l’intervallo comprenda risultati con un livello di affidabilità omogeneo ed elevato, si potrebbe sostenere che qualunque valore all’interno dell’intervallo soddisfi il principio di libera concorrenza.
Ulteriori considerazioni
La sintesi fin qui proposta delle indicazioni contenute nelle Linee Guida OCSE in merito alla identificazione dell’intervallo di valori di libera concorrenza (arm’s length range) e del posizionamento all’interno dello stesso range, manifestano ancora una volta come le analisi di transfer pricing possano risultare estremamente complesse in ragione delle competenze economiche, statistiche e di business che sono richieste a tutti gli attori coinvolti, ivi inclusa l’Amministrazione finanziaria.
Infatti, la definizione dell’arm’s length range non può essere derubricata all’applicazione di una mera formula statistica: al contrario, la scelta della metodologia maggiormente appropriata ed il conseguente indicatore di profitto, così come la selezione dei comparables rende indispensabile un preventivo approfondimento quanto al mercato di riferimento allo scopo di comprenderne le dinamiche di business, gli aspetti organizzativi ed operativi ed i conseguenti fattori critici che possono determinare il successo o il fallimento di una intrapresa economica.
Solo così procedendo, si riuscirà a giungere alla definizione di un intervallo di valori che possa ragionevolmente dirsi sufficientemente rappresentativo del mercato o settore in cui sono avvenute le transazioni infragruppo considerate per poterne valutare i relativi prezzi di trasferimento, magari anche attraverso l’ausilio di una seconda metodologia a scopo corroborativo.
Conseguentemente, anche la scelta di posizionamento del pricing infragruppo all’interno del range è indissolubilmente legata ad una attenta analisi dei fattori summenzionati: ciò comporta che non sia in alcun modo giustificato identificare, in via del tutto aprioristica (come talvolta ancora accade in sede di verifica fiscale), sempre nella mediana l’osservazione atta a rappresentare il principio di libera concorrenza.
Questo, come esposto in precedenza, è chiarito anche nelle stesse Linee Guida OCSE allorquando affermano che, se l’intervallo comprende risultati con un livello di affidabilità omogeneo ed elevato, si potrebbe sostenere che qualunque valore all’interno range soddisfi il principio di libera concorrenza, con ciò escludendo anche la necessità di eseguire aggiustamenti.
Per concludere, è quindi auspicabile che la consultazione pubblica avviata dal MEF sulle bozze di documenti (redatti – lo si ricorda – da un gruppo di lavoro congiunto composto da Dipartimento Finanze, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza), rappresenti l’inizio di una nuova fase di confronto aperto e costruttivo con tutti gli altri attori coinvolti (i.e., imprese, professionisti, etc.) allo scopo di individuare best practices condivise e tali da ridurre, in ultima istanza, le potenziali situazioni di controversie fiscali quantomeno in merito alle questioni di fondo che stanno alla base della disciplina del transfer pricing.