Trasferimento all’estero della holding al nodo delle comunicazioni all’anagrafe
di Ennio VialCome noto, l’articolo 162 bis Tuir, inserito ad opera del D.Lgs. 142/2018, ha introdotto una definizione di holding industriale valida sia ai fini delle imposte dirette che ai fini della valutazione dei presupposti per l’obbligo delle comunicazioni all’anagrafe tributaria.
La norma prevede tre tipologie di soggetti e precisamente:
- gli intermediari finanziari;
- le società di partecipazione finanziaria: i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari;
- le società di partecipazione non finanziaria e assimilati.
La prima due lettere hanno ad oggetto il caso degli intermediari finanziarie che non rientrano nell’oggetto della nostra analisi che, invece, si focalizza sulle c.d. holding industriali.
Due sono le casistiche della lettera c), e precisamente:
- i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari;
- i soggetti che svolgono attività non nei confronti del pubblico di cui al comma 2 dell’articolo 3 del regolamento emanato in materia di intermediari finanziari in attuazione degli articoli 106, comma 3, 112, comma 3 e 114 D.Lgs. 385/1993, nonché dell’articolo 7-ter, comma 1-bis, L. 130/1999.
Il punto 2, che non interessa la nostra analisi, è relativo a casistiche quali le società captive di gruppo, le finanziarie di marca e altre ipotesi analoghe.
La nostra analisi si focalizza sul punto 1, ossia sulle società che in via esclusiva o prevalente assumono partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari.
Se l’attività è esclusiva, si configura l’ipotesi della holding pura, mentre, in caso di attività promiscua, l’ipotesi può essere quella della holding che oltre a detenere partecipazioni, fornisce servizi alle società del gruppo.
Ci si può chiedere cosa accada se la holding trasferisce la sede all’estero. L’articolo 166 Tuir prevede in questi casi il realizzo dei plusvalori latenti. La società deve quindi liquidare l’Ires in via immediata o con il meccanismo della rateazione. Vi sono, tuttavia, due casi in cui tale realizzo non si configura, e, precisamente:
- quando, pur essendoci un trasferimento all’estero, la società continua ad essere amministrata in Italia, per cui non viene meno la tassazione su base mondiale. Si tratta, in sostanza, del caso della società esterovestita;
- quando rimane una stabile organizzazione in Italia.
La questione che si deve valutare a questo punto è se la stabile organizzazione possa acquisire la qualifica di “holding pura”. Riteniamo che la casistica possa difficilmente realizzarsi.
L’articolo 162, comma 2, nella definizione di cosa si deve intendere per “stabile organizzazione”, contempla la casistica della sede di direzione, tuttavia, a seguito del trasferimento, difficilmente questa rimane in Italia.
Possiamo quindi rilevare che il trasferimento all’estero della holding pura, in linea di massima, comporta la tassazione sui plusvalori latenti delle partecipazioni iscritte in bilancio.
Di conseguenza, viene meno l’obbligo di comunicazione all’anagrafe tributaria, in quanto si tratta di un soggetto estero. Ovviamente, si dovranno valutare eventuali e probabili adempimenti nel suo Paese di residenza.
Diversamente, la holding mista potrebbe lasciare in Italia una struttura che eroga servizi alle società del gruppo. In tale ipotesi sarà molto probabile che, a seguito del trasferimento all’estero, sussista la stabile organizzazione in Italia. A questo punto si deve valutare se le partecipazioni nelle società figlie rimangono iscritte nel bilancio della stabile.
In caso affermativo, si configurerà l’ipotesi della assenza di elementi distolti dalla sfera di impresa per cui non opera alcuna tassazione sui plusvalori latenti.
La stabile continuerà a versare l’Ires come la vecchia holding mista, ma non presenterà il bilancio, in quanto depositerà nel registro imprese il bilancio della casa madre tradotto in Italiano.
Ci si può chiedere, a questo punto, come si debbano verificare le soglie in ipotesi di valutazione delle stesse ai fini della configurazione della casistica della holding.
La questione non assume rilievo in quanto, mentre la lettera a) dell’articolo 162 bis relativa agli intermediari finanziari, contempla espressamente l’ipotesi della stabile organizzazione, la lett. c) non contempla la casistica.
Ciò significa che le stabili organizzazioni non possono essere trattate come holding.
Quand’anche il legislatore inserisse nell’articolo 162 bis pure l’ipotesi della stabile nella lettera c), si ricorda che la stabile dovrebbe essere valutata in base alle previsioni della convenzione contro le doppie imposizioni di riferimento, che, generalmente, risulta più favorevole al contribuente rispetto alla normativa interna.