Trasferimento di beni del patrimonio sociale e censura di elusività
di Luigi FerrajoliLa CTR Potenza, con sentenza n. 260/2/15, ha confermato che l’AdE deve necessariamente instaurare il contraddittorio endoprocedimentale con la società contribuente per valutare l’eventuale elusività di un trasferimento di beni appartenenti al patrimonio sociale della medesima.
La vicenda traeva origine dall’invio effettuato dall’AdE ad una società di un avviso di rettifica e liquidazione, per mezzo del quale l’Amministrazione finanziaria, avendo ritenuto che le operazioni di trasferimento ed assegnazione parziale di beni del patrimonio sociale fossero state in realtà animate da un intento elusivo, aveva accertato il valore di alcuni immobili, liquidando le maggiori imposte ipotecarie e catastali.
La contribuente aveva successivamente proposto ricorso innanzi la CTP Potenza, chiarendo per il mezzo delle proprie difese che le operazioni censurate da parte dell’AdE, in quanto ritenute elusive, non potessero essere in realtà considerate tali.
A detta della società, infatti, il trasferimento e l’assegnazione oggetto di attenzione da parte dell’Amministrazione finanziaria sarebbero stati posti in essere esclusivamente al fine di impedire la paralisi dell’attività esercitata dalla società medesima, la quale aveva registrato l’insorgere di un insanabile contrasto tra i soci.
Le censure in diritto promosse dalla società avevano pertanto interessato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 20 d.P.R. n.131/1986 nonché degli artt.7 e 10 L. n.212/2000.
Inoltre, la società aveva espresso la propria censura a riguardo della violazione e falsa applicazione dell’art. 37 bis d.P.R. n.600/1973 (a causa della mancata instaurazione del contraddittorio nella fase endoprocedimentale) e degli artt. 20 L. n.212/2000 e 37 bis d.P.R. n.600/1973 (poiché non risultavano individuabili nella fattispecie vantaggi fiscali indebitamente conseguiti ed al contrario era possibile rinvenire valide ragioni economiche sottese all’effettuazione delle operazioni considerate).
Infine, la contribuente si era premurata di censurare per il tramite del proprio ricorso la violazione e la falsa applicazione degli artt. 10 e 57 d.P.R. n.131/1986 a causa della ritenuta carenza di legittimazione passiva della società.
La CTP Potenza con sentenza del 11.06.2012 aveva accolto il ricorso promosso dalla società.
Avverso tale pronuncia l’Amministrazione finanziaria aveva proposto appello innanzi la CTR Potenza, eccependo a sua volta la violazione e falsa applicazione degli artt. 20 d.P.R. n.131/1986 e 37 bis d.P.R. n.600/1973.
A detta dell’AdE, infatti, le imposte ipotecarie e catastali avrebbero dovuto trovare applicazione in virtù dello scopo effettivamente perseguito dai contribuenti che avevano posto in essere le operazioni a rilevanza giuridico-economica, prescindendo da quanto formalmente enunciato da parte dei contraenti.
Secondo l’AdE, compito dell’Amministrazione finanziaria sarebbe stato quello di interpretare l’atto fatto oggetto di attenzione in un’ottica sostanzialistica, grazie anche all’ausilio di elementi extra testuali o utilizzando quali riferimenti altri e diversi atti al primo collegati.
La CTR con la propria decisione, nel confermare la pronuncia di primo grado, ha però sottolineato come la sentenza impugnata non si fosse pronunciata relativamente alla sussistenza o meno dell’eventuale abuso del diritto in relazione alle operazioni di trasferimento ed assegnazione attuate da parte della società accertata.
Il Collegio di prime cure, infatti, si era limitato a riscontrare la mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, non ritenendo di procedere con ulteriori esami della vicenda ed accogliendo il ricorso.
La CTR Potenza ha sottolineato come la decisione così assunta dalla CTP risultasse correttamente conforme all’orientamento giurisprudenziale propenso a riconoscere l’applicabilità dei principi del giusto processo anche nel giudizio tributario.
Il mancato invio da parte dell’AdE alla contribuente della richiesta di chiarimenti, pertanto, risultava effettivamente in grado di inficiare la validità dell’atto impositivo.
L’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto invece indagare le ragioni economiche effettivamente sottese a tali operazioni, identificabili non nella validità giuridica bensì nella loro rilevanza economica e gestionale.
L’instaurazione del contradditorio endoprocedimentale avrebbe infatti consentito di apprezzarne l’esistenza relativamente alla specifica situazione della società, senza dovere fare riferimento al beneficio economico eventualmente tratto da soggetti terzi.
In virtù di tali considerazioni la CTR Potenza ha rigettato l’appello proposto dall’AdE, confermando la sentenza di primo grado.