Intanto, occorre partire dalla ratio della norma agevolativa. Per espressa ammissione del legislatore, l’obbiettivo della norma è quello di mitigare gli effetti distorsivi di una normativa, quella sulle società di comodo, i cui presupposti sono fuori linea sia dal punto di vista concettuale che sotto il profilo dei parametri quantitativi che ne definiscono l’applicazione. Il punto di raccordo tra i fini e i mezzi, viene realizzato attraverso la puntuale definizione del perimetro “oggettivo”: sono agevolabili, solo i beni non direttamente utilizzati in un’attività d’impresa. Si presume infatti che questi ultimi, in quanto destinati ad attività generatrici di ricavi, restino indenni dalle nefaste conseguenze che i coefficienti “anti” società di comodo producono invece su tutti quei beni posseduti ma non impiegati in un’attività economica che vada al di là del semplice godimento, anche tramite locazione. In altri termini la norma, escludendo dal suo raggio d’azione gli immobili cosiddetti strumentali “per destinazione”, vuole concedere la sua ancora di salvataggio a quelle società che si limitano al possesso del bene, o al massimo al godimento dei suoi frutti senza il coordinamento e l’organizzazione di una struttura imprenditoriale. Tutto ciò, a prescindere dalle caratteristiche intrinseche dell’immobile. Ne consegue che potranno accedere all’agevolazione solo le società per le quali i terreni posseduti non siano qualificabili come strumentali per destinazione. In altri termini, quindi:
- i terreni coltivati non sono agevolabili;
- i terreni non coltivati e posseduti sono agevolabili;
- i terreni non coltivati e affittati sono agevolabili.
Il perimetro di applicazione della trasformazione agevolata, quindi, si riduce alle sole società che non coltivano i terreni che possiedono, o perché affittati o perché semplici “beni patrimonio”. Fermo restando quanto sopra, occorre però chiedersi se sia possibile che la società che affittava/possedeva i terreni al momento del passaggio societario, possa, una volta presa la veste giuridica di società semplice, ritornare a coltivare i terreni riassumendosi in sostanza la titolarità dell’azienda agricola. La questione è piuttosto delicata perché, come sin qui chiarito, lo sconto fiscale concesso per la fuoriuscita dei beni dal perimetro d’impresa, è collegato a una condizione ben precisa e cioè che i beni stessi non siano “produttivi”: tradotto in ambito agricolo, che i terreni non siano coltivati direttamente. Se quindi, dopo la trasformazione, la società ritornasse a coltivare, è come se ponesse in atto un salto d’imposta. In altri termini, si avrebbe uno sfruttamento distorto della normativa che, tuttavia, non è espressamente vietato con una specifica clausola antielusiva che pure il legislatore, se questo fosse stato il suo intento, avrebbe potuto inserire. Sarebbe opportuno, sul punto, un intervento delle Autorità che chiarisca se possa sorgere un problema di abuso del diritto nei confronti di chi ponga in essere tale operazione.
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