Trasformazione elusiva, l’inopponibilità è parziale. Risoluzione 84/E/13
di Claudio Ceradini
L’occasione offerta dalla Risoluzione n.84/E del 27 novembre 2013 è non nuova ma utile per ricordare quali siano gli effetti della applicazione dell’art.37bis del DPR 600/1972.
Il quesito posto dal contribuente nella fattispecie attiene la trasformazione di una società a responsabilità limitata in società semplice, ed il successivo accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto elusiva l’operazione, inclusa tra quelle previste dal citato art. 37bis, al comma 3, trovando applicazione di conseguenza il comma 2.
Senza entrare nel merito dell’operazione accertata, le ragioni che hanno spesso condotto a questo tipo di trasformazioni “regressive” posano più o meno pesantemente su elementi di convenienza fiscale, nella maggior parte dei casi riferiti alla diversa imposizione diretta che la cessione di immobili comporta in capo ad una società di capitali o ad una società semplice, soggetta alla disciplina prevista per le persone fisiche. Su questi presupposti, ed ove non sussistano altre e più valide ragioni, è piuttosto immediato per l’Amministrazione ritenere che l’operazione sia diretta ad aggirare un obbligo previsto dall’ordinamento tributario al fine di ottenere una riduzione di imposte.
Ne consegue l’applicazione della disciplina che si sarebbe resa obbligatoria in assenza dell’atto asseritamente elusivo. La trasformata società semplice dovrà quindi applicare le regole previste per le società di capitali, inclusivi di obblighi contabili ex art. 14 DPR 600/1973 e di modelli dichiarativi (UNICO SC).
Nella fattispecie il tentativo del contribuente, trasformato, è quello di andare oltre. Posto che l’Amministrazione reputa applicabile la disciplina tributaria delle società di capitali, egli chiede di essere ammesso al consolidato fiscale nazionale ex art. 120 TUIR ed all’IVA di gruppo ex art. 73 DPR 633/1972.
Ricorda l’Agenzia, nell’occasione, che il concetto di inopponibilità previsto dall’art. 37bis del DPR 600/1973, è per così dire relativo. Non incide minimamente sugli effetti “civilistici” dell’atto o dell’operazione, che rimangono intonsi e perfettamente opponibili ai terzi e dai terzi, quanto invece ed unicamente sul regime tributario applicabile, corrispondente non a quello naturale ma a quello “eluso”,.
Il risultato, quindi, è quello di una società semplice perfettamente funzionante dal punto di vista ad esempio delle responsabilità dei soci, che sconta però IRES ed IRAP esattamente come una s.r.l.. L’art. 2500sexies del C.C., ultimo comma, è chiarissimo nell’allargare alle obbligazioni precedenti all’operazione la responsabilità di quei soci che ne rispondono illimitatamente per effetto della trasformazione. E pertanto gli effetti dell’accertamento e le conseguenti obbligazioni debitorie della società in caso di soccombenza finiscono per incidere potenzialmente anche sul patrimonio personale dei soci, senza che nemmeno l’Amministrazione debba preventivamente escutere la società ex art. 2304 C.C.
In questo scenario deduce rigorosamente l’Agenzia che una società semplice, in quanto tale, non può aderire al consolidato nazionale ai sensi del citato art. 120 TUIR, che ne riserva la facoltà alle società di capitali. Allo stesso modo l’art. 73 del DPR 633/1972 riserva alle società di capitali la possibilità di aderire al meccanismo liquidatorio di gruppo dell’IVA, non potendovi accedere una società semplice, indipendentemente dalle modalità con cui calcola l’imponibile ed alla tipologia di imposte che è tenuta a versare. Nessuna estensione di facoltà o di opportunità per la società semplice, desumibili dalle conseguenze dell’accertamento patito, rimanendone l’ambito limitato alla disciplina applicabile ai fini del calcolo delle imposte dirette, e dei relativi obblighi dichiarativi.
Peraltro l’Amministrazione, con coerenza peraltro gratuita, ammette che in tal caso la successiva trasformazione da società semplice (proveniente da società di capitali) di nuovo in società di capitali, in modo tale da ripristinare l’originaria condizione, non è realizzativa e non comporta la necessità di suddividere il periodo di imposta in due, caratterizzati da diversa disciplina. L’applicazione degli art. 170, comma 2 e 171, comma 1 del TUIR così come gli obblighi dichiarativi di cui all’art. 5bis DPR 322/1998 si rendono obbligatori solo in caso di discontinuità tributaria, e quindi ove si abbandonino le regole IRPEF per approdare alla disciplina IRES, o viceversa. Non si rileva la circostanza nel caso in esame, e la società trasformata potrà quindi presentare in via ordinaria (art. 2, comma 2 del DPR 322/1998) la dichiarazione dei redditi per l’intero periodo di imposta.
Non si sofferma la Ris 84/2013 sui termini di pagamento delle imposte sui redditi, ed un dubbio non può non sorgere. Per uniformità interpretativa si dovrebbe poter concludere che anche sotto questo profilo debbano essere applicate le regole delle società di capitali, di cui al secondo periodo del primo comma dell’art. 17 DPR 435/2001. La questione, però, è che il termine così disciplinato dipende da un adempimento, l’approvazione del bilancio di esercizio, sconosciuto alle società di persone e quindi anche alla società semplice. Pare difficile poter allineare anche concettualmente il rendiconto al bilancio di esercizio, e mancando tecnicamente nelle società di persone l’organo assembleare è quindi probabile che per questo aspetto debbano essere recuperate le regole delle persone fisiche e delle società di persone (versamento il 16 giugno). L’aspetto meriterebbe, forse, un chiarimento.