Trasporti di beni in esportazione con clausola FOB
di Marco PeiroloNelle operazioni con l’estero può accadere che la vendita di beni al di fuori dell’Unione europea avvenga con resa FOB presso un porto italiano e che il cliente non residente, per il trasporto a destino, incarichi un soggetto comunitario il quale, successivamente, addebiterà al fornitore nazionale le spese di trasporto per la tratta italiana.
Con la clausola FOB (Free On Board), infatti, le spese di trasporto sono a carico del fornitore sino al porto d’imbarco. Ipotizzando che quest’ultimo sia il porto di La Spezia, se il cliente extra-UE ha incaricato un trasportatore spagnolo di inviare i beni da Torino agli Emirati Arabi Uniti, le spese di trasporto da Torino a La Spezia restano a carico dell’impresa venditrice.
La cessione al cliente extracomunitario beneficia del regime di non imponibilità IVA di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, sicché la relativa fattura deve essere emessa, al momento di effettuazione dell’operazione, cioè entro le ore 24 del giorno del trasporto, con l’indicazione “operazione non imponibile” e con l’eventuale specificazione della norma di riferimento (art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 o art. 146 della Direttiva n. 2006/112/CE).
Per quanto riguarda il trattamento IVA delle spese di trasporto addebitate dal trasportatore spagnolo, occorre verificare se sia applicabile il regime di non imponibilità previsto dall’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972, dato che il n. 2) del primo comma richiama “i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma del primo comma dell’art. 69”.
In pratica, il trasportatore spagnolo realizza un’operazione territorialmente rilevante ai fini IVA in Italia in base al criterio generale del Paese del committente che disciplina, nei rapporti “B2B”, la territorialità delle prestazioni di servizi “generiche”, ex art. 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 (circolari dell’Agenzia delle Entrate 31 dicembre 2009, n. 58). Gli obblighi IVA discendenti dall’operazione devono essere adempiuti dall’impresa italiana attraverso la procedura di integrazione e di registrazione prevista dall’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972. La norma, sul punto, richiama le disposizioni degli artt. 46 e 47 del D.L. n. 331/1993, in materia di acquisti intracomunitari di beni, per cui occorre stabilire se l’integrazione possa avvenire senza l’addebito dell’imposta, in quanto la prestazione beneficia della non imponibilità prevista per i trasporti di beni in esportazione.
Se le spese addebitate si riferissero all’intero trasporto, nella specie a destinazione degli Emirati Arabi Uniti, non c’è dubbio che il reverse charge resterebbe detassato, beneficiando della previsione dell’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972.
Nel caso di specie, in cui la fattura del trasportatore spagnolo si riferisce alla tratta italiana (Torino-La Spezia), potrebbe assumersi che la non imponibilità sia esclusa siccome integralmente eseguita nel territorio nazionale nei confronti di un committente italiano e, a favore di questa conclusione, deporrebbe la considerazione che il trasporto internazionale è quello che ha origine o fine in un Paese extracomunitario (R.M. 31 ottobre 2000, n. 162/E).
A favore, tuttavia, della non imponibilità IVA della tratta italiana, può osservarsi che la C.M. 3 agosto 1979, n. 26/411138 ha precisato che, per i trasporti di beni di cui al citato art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, “il beneficio si rende applicabile anche nel caso in cui gli stessi vengano effettuati da più vettori o da terzi sub-contraenti”.
Tale conclusione, inoltre, appare avvalorata dal tenore letterale dell’art. 9, comma 1, n. 1), del decreto IVA, dato che solo per i trasporti di persone è previsto che la non imponibilità si applica quando i medesimi “sono eseguiti in parte nel territorio dello Stato e in parte in territorio estero in dipendenza di un unico contratto”. Ne consegue, secondo la richiamata circolare, che “se ai fini della esecuzione di tale contratto vengono posti in essere, da parte del vettore incaricato, altri rapporti contrattuali relativi a tratte nazionali, detti rapporti sono soggetti all’IVA”.
In definitiva, per i trasporti di beni, l’apertura concessa dall’Amministrazione finanziaria è la diretta conseguenza della diversa formulazione della norma per le due tipologie di trasporto e, nel caso esaminato, appare ulteriormente giustificata dalla considerazione che la destinazione finale dei beni risulta dagli accordi contrattuali e, dunque, dalla volontà delle parti.