Treaty shopping e beneficiario effettivo: nuovo orientamento della Cassazione
di Marco BargagliAncora una volta la suprema Corte di cassazione, con un approccio ermeneutico marcatamente ispirato alle recenti raccomandazioni diramate dall’Ocse in ambito internazionale, con la versione 2014 del Commentario, ha recentemente fornito importanti chiarimenti in tema di beneficiario effettivo, nell’ambito del fenomeno elusivo conosciuto nella letteratura tributaria come “treaty shopping” o abuso dei trattati internazionali.
In merito, attuando manovre di pianificazione aggressiva, l’obiettivo finale del contribuente è quello di usufruire, senza valide ragioni economiche, di un indebito risparmio d’imposta.
Per comprendere appieno lo schema elusivo, supponiamo che la società Alfa S.p.A. residente in Italia, corrisponda dividendi, interessi o royalties nei confronti della capogruppo Beta S.A. (residente in Lussemburgo) la quale, in rapida scansione temporale, retroceda a sua volta i flussi reddituali nei confronti di Iota Inc. (parent company residente negli Stati Uniti).
In tale contesto, il ruolo della società interposta Beta S.A. potrebbe essere quello di veicolare (rectius canalizzare) i redditi nei confronti della “top holding” statunitense sfruttando, indebitamente, i benefici previsti dalle direttive comunitarie o dai trattati internazionali stipulati tra i vari Paesi.
Proprio al fine di arginare i potenziali fenomeni di pianificazione fiscale transnazionale:
- le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni sui redditi e le principali direttive comunitarie (es. quella interessi e canoni) contengono una specifica clausola antiabuso, denominata “beneficiario effettivo” o “beneficial owner”, rilevabile anche negli articoli 10, 11 e 12 del modello di convenzione internazionale;
- l’articolo 27-bis, comma 5, D.P.R. 600/1973 contiene una autonoma clausola antielusiva, prevedendo che la Direttiva (UE) 2015/121 del Consiglio, del 27 gennaio 2015, viene attuata dall’ordinamento nazionale mediante l’applicazione dell’articolo 10-bis 212/2000, ovvero tenendo conto delle disposizioni previste in tema di “abuso del diritto o elusione fiscale”.
In estrema sintesi, il soggetto estero che percepisce i flussi reddituali quali dividendi, interessi e royalties deve risultare concretamente il beneficiario dei redditi provenienti dall’Italia.
In tale contesto, il commentario 2014 al modello di convenzione Ocse ha chiarito che il beneficiario effettivo è il soggetto percettore dei redditi che gode del semplice diritto di utilizzo dei flussi reddituali (right to use and enjoy), non essendo obbligato a retrocedere gli stessi ad altro soggetto, sulla base di obbligazioni contrattuali o legali, desumibili anche in via di fatto (unconstrained by a contractual or legal obligation to pass on the payment received to another person).
Sullo specifico punto, la suprema Corte di cassazione, sezione 5^ civile, con la sentenza n. 14756 del 10.07.2020, ha recentemente richiamato le raccomandazioni fornite dalla comunità internazionale confermando la natura di beneficiario effettivo della casa madre estera, nella particolare ipotesi riferita al pagamento di interessi e canoni.
Gli Ermellini hanno dapprima chiarito che il concetto di “beneficiario effettivo” è stato elaborato in ambito internazionale con il precipuo scopo di contrastare le pratiche volte proprio a trarre profitto dalla autolimitazione della potestà impositiva statale.
Tale clausola antielusiva, comparsa per la prima volta nel modello Ocse di convenzione del 1977, ha l’obiettivo di impedire che i soggetti possano abusare dei trattati fiscali attraverso pratiche di treaty shopping, con la finalità di riconoscere la protezione convenzionale a contribuenti che, altrimenti, non ne avrebbero avuto diritto o che avrebbero subito un trattamento fiscale comunque meno favorevole.
Nello specifico, il treaty shopping comporta lo sfruttamento dei trattati stipulati fra le varie nazioni, mediante l’interposizione di un soggetto residente in uno Stato terzo (conduit) nel flusso reddituale tra lo Stato della fonte e quello del beneficiario effettivo.
Pertanto, come sancito dalla suprema Corte di cassazione, “può fruire dei vantaggi garantiti dai trattati il beneficiario effettivo, ossia solo il soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro stato contraente, che abbia l’effettiva disponibilità giuridica ed economica del provento percepito, realizzandosi altrimenti una traslazione impropria dei benefici convenzionali o addirittura un fenomeno di non imposizione (cfr. ex multis Corte di cassazione, sentenza n. 24287 del 30.09.2019).
Infatti nel caso degli agenti, dei nominees e delle conduit companies, che operano quali meri fiduciari, il percettore degli interessi non ne è il beneficiario effettivo, in quanto il medesimo non ha il diritto di disporre degli interessi percepiti, ma ha l’obbligo di trasferirli ad altro soggetto.
Molto interessanti appaiono le osservazioni formulate in apicibus dalla giurisprudenza di legittimità in tema di beneficiario effettivo, con particolare riferimento alla società interposta: “la società conduit è un soggetto che si frappone nei rapporti tra erogante e beneficiario finale, come soggetto percipiente solo formalmente, la cui costituzione non è supportata da motivazioni economiche apprezzabili diverse dal risparmio fiscale. La società condotto funge da mero canale di transito dei redditi, quindi dalla fonte al beneficiario finale, sicché la scelta di canalizzazione si giustifica unicamente nelle più vantaggiose implicazioni fiscali del transito”.
Di contro, come affermato dai giudici di Piazza Cavour:
- il “beneficiario effettivo” ha sia la titolarità che la disponibilità del reddito percepito e non è tenuto ad alcun trasferimento dello stesso a terzi;
- non possono essere ricomprese tra i “beneficiari effettivi” le “società relais” (società interposte), ossia società che, sebbene formalmente titolari di redditi, dispongono nella pratica soltanto di poteri molto limitati, risultando essere semplici fiduciarie o semplici amministratori agenti per conto delle parti interessate;
- devono essere utilizzate le norme anti-abuso, volte a far prevalere la sostanza sulla forma nonché le regole di “sostanza economica”;
- nella versione 2014 del Commentario al modello Ocse, ai fini della individuazione del beneficiario effettivo, non rileva il diritto esclusivo ad usare e godere dei flussi reddituali (“the full right to use and enjoy”), come previsto nel draft (bozza) del 2011, ma la circostanza che il diritto del beneficiario dei flussi non sia vincolato da specifici obblighi legali o contrattuali di ritrasferimento (“recipient’s right to use and enjoy …is constrained by a contractual or legai obligation to pass on the payment received to another person”;
- è esclusa la qualifica di beneficiario effettivo qualora “il diritto di disporre e godere…è limitato da obbligazioni contrattuali o legali a trasferire il pagamento ricevuto ad altro soggetto”.
In definitiva, nella prassi Ocse nei casi di agente, nominee, conduit company, fiduciario o amministratore, il percettore non è qualificabile come beneficiario effettivo perché il suo diritto di godere e disporre dei flussi è limitato da un’obbligazione legale o contrattuale di trasferire i pagamenti ricevuti a terzi.