Treaty shopping: regime fiscale dei dividendi infragruppo
di Marco BargagliCome noto, la clausola antiabuso del beneficiario effettivo è contenuta nei trattati internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi stipulati dall’Italia con altri Paesi, nelle direttive comunitarie (es. n. 2003/49/CE – interessi canoni) e nelle disposizioni domestiche (es. articolo 26-quater D.P.R. 600/1973).
Tale disposizione ha il precipuo scopo di arginare artificiose triangolazioni nei flussi reddituali e, in particolare, l’interposizione fittizia di una società conduit tra l’erogante dei redditi e il beneficiario effettivo degli stessi, al fine di sfruttare le condizioni più favorevoli previste dagli accordi internazionali.
La finalità perseguita è quella di erogare particolari tipologie di flussi reddituali (es. dividendi, interessi o royalties) azzerando o riducendo la ritenuta alla fonte prevista dalla normativa del singolo Stato c.d. withholding tax sfruttando, indebitamente, i benefici previsti dagli accordi internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi o le direttive comunitarie.
Con riguardo al trattamento fiscale previsto al momento dell’erogazione dei dividendi infragruppo, occorre fare riferimento alla normativa domestica, che ha recepito la Direttiva n. 90/435/CE (c.d. Direttiva Madre-Figlia).
L’articolo 27-bis D.P.R. 600/1973, rubricato “rimborso della ritenuta sui dividendi a soggetti non residenti”, contiene una clausola antielusiva di carattere generale.
In merito, il legislatore ha infatti previsto che la Direttiva (UE) 2015/121 del Consiglio, del 27.01.2015, è attuata dall’ordinamento nazionale mediante l’applicazione dell’articolo 10-bis L. 212/2000, recante disposizioni in materia di abuso del diritto o elusione fiscale.
Con il precipuo scopo di eliminare la doppia imposizione economica e giuridica sui dividendi distribuiti da “società figlie” nei confronti di “società madri”, entrambe residenti ai fini fiscali in diversi Stati membri dell’Unione Europea, la nominata Direttiva Madre-Figlia prevede una duplice modalità di applicazione della ritenuta alla fonte sui dividendi erogati nei confronti di società estere:
- il regime del rimborso (ex articolo 27-bis, comma 1, D.P.R. 600/1973): in questo caso il soggetto residente in Italia, al verificarsi delle condizioni previste per l’applicazione della direttiva madre-figlia, deve operare la ritenuta alla fonte a titolo di imposta nella misura indicata nell’articolo 27, comma 3-ter, D.P.R. 600/1973 (ossia 1,20%).
Successivamente, il soggetto non residente che ha percepito i dividendi, potrà richiedere il rimborso della ritenuta subita.
- il regime dell’esenzione (articolo 27-bis, comma 3, D.P.R. 600/1973): in questa seconda ipotesi il soggetto residente in Italia, ricorrendo le condizioni previste per l’applicazione della Direttiva madre-figlia, su richiesta del soggetto non residente può evitare l’applicazione della ritenuta alla fonte a titolo di imposta (articolo 27, comma 3-ter, D.P.R. 600/1973).
Con particolare riferimento al regime fiscale dei dividendi comunitari, si cita l’orientamento espresso dalla suprema Corte di cassazione, Sezione V civile, con la recente ordinanza n. 5152 del 16.02.2022.
Gli Ermellini hanno dapprima ricordato il regime fiscale previsto in relazione al trattamento fiscale dei dividendi erogati a livello comunitario.
Sotto tale profilo, come detto, l’articolo 27-bis D.P.R. 600/1973, che ha introdotto in Italia la direttiva madre-figlia, prevede che le società che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20% del capitale della società che distribuisce gli utili hanno diritto, su richiesta del contribuente, al rimborso della ritenuta prevista dalle disposizioni domestiche se:
- rivestono una delle forme previste nell’allegato della Direttiva n. 435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio 1990;
- risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea;
- sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle imposte indicate nella direttiva comunitaria;
- la partecipazione è detenuta ininterrottamente per almeno un anno.
I giudici di Piazza Cavour confermano che i soggetti in possesso dei requisiti richiesti dalla Direttiva Madre-Figlia hanno il diritto di chiedere all’amministrazione il rimborso della ritenuta eventualmente operata dalla società che effettua la distribuzione (ex articolo 27-bis, comma 1, D.P.R. 600/1973) o, in alternativa, richiedere direttamente alla società figlia la non applicazione della ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti (c.d. regime di esonero ex articolo 27-bis, comma 3, dello stesso decreto).
Ciò posto, giova ricordare che anche la Corte di giustizia UE (cfr. causa C-540/2007 del 19.11.2009), ha dichiarato l’illegittimità della ritenuta alla fonte fissata nella misura del 27% prevista dall’articolo 27, comma 3, D.P.R. 600/1973.
La suprema Corte di cassazione richiama espressamente l’orientamento illustrato dalla Corte di giustizia UE.
Sullo specifico punto, al fine di dare piena ed effettiva applicazione all’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, anche per i dividendi formatisi prima del 1° gennaio 2008 gli Ermellini hanno chiarito che “deve essere esclusa l’applicazione della ritenuta di cui all’articolo 27, comma 3, D.P.R. 600/1973, dovendosi invece applicare, al pari dei dividendi distribuiti alle società residenti, il regime “ordinario”, che prevede l’assoggettamento a tassazione del solo 5% dell’imponibile. Ne consegue che ai dividendi corrisposti alle società e agli enti residenti nell’Unione Europea e nei paesi aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, anche se formatisi prima del 1° gennaio 2008, è applicabile una ritenuta ridotta rispetto a quella prevista dal citato comma 3 dell’articolo 27 (in questo senso anche circolare della Agenzia delle entrate n. 32/E dell’8 luglio 2011)”.
Per effetto dell’aliquota di imposta Ires vigente prima del 1° gennaio 2008, pari al 33%, la misura della ritenuta ridotta da applicare ai dividendi erogati prima del 1° gennaio 2008 è pari all’1,65% (ossia al 5% del 33%).
Le maggiori ritenute operate ai sensi dell’articolo 27, comma 3, D.P.R. 600/1973 devono essere rimborsate, anche se applicate sui dividendi formatisi prima del 1° gennaio 2008, purché in presenza di specifici presupposti.
Ulteriori precisazioni contenute nell’ordinanza della Corte di cassazione riguardano le condizioni per l’applicazione del regime fiscale sui dividendi in precedenza indicato e, segnatamente:
- condizioni soggettive: il campo di applicazione della sentenza della Corte di giustizia va limitato alle sole partecipazioni transfrontaliere non “qualificate” ai sensi della Direttiva madre-figlia 90/435/CE, applicandosi in tal caso l’articolo 27-bis D.P.R. 600/1973. Quindi, se i beneficiari UE dei dividendi non possiedono i requisiti di cui all’articolo 27-bis D.P.R. 600/1973, trova applicazione il regime ordinario e la misura della ritenuta ridotta, da valutare in sede di esame delle istanze di rimborso relative ai dividendi erogati prima del 1° gennaio 2008, per effetto dell’aliquota di imposta Ires vigente prima del 1° gennaio 2008 (pari all’1,65%).
- condizioni oggettive: vanno considerate soltanto le istanze relative a ritenute sui dividendi soggetti al nuovo regime tributario in vigore dal 1° gennaio 2004, ma non per il periodo precedente, avendo la sentenza della Corte di Giustizia 540/2009 considerato solo gli effetti discriminatori derivanti dal regime della “partecipation exemption” per i dividendi distribuiti da società italiane.
Inoltre, per beneficiare della ritenuta ridotta, gli enti e le società esteri devono essere qualificati come “soggetto passivo ai fini della locale imposta sul reddito delle società”, ma tale condizione va interpretata come “assoggettabilità” di carattere generale ad imposizione, soddisfatta da tutte quelle società “potenzialmente” soggette all’Ires, indipendentemente dalla circostanza che “godono, di fatto, di agevolazioni comunque compatibili con la normativa comunitaria” (in senso conforme anche la circolare AdE 32/E/2011).
In definitiva, come chiarito dalla suprema Corte di cassazione, “possono, allora, usufruire della ritenuta ridotta tutte le società o enti ai quali è riconosciuta soggettività passiva ai fini delle imposte societari, inclusi quelli che non pagano imposte in virtù di particolari esenzioni oggettive collegate alla tipologia del reddito da loro prodotto, o del luogo in cui è svolta l’attività. Qualora, invece la società percipiente non fosse assoggettata all’imposta sul reddito nello Stato di residenza, potrebbe ritenersi che la ritenuta in uscita applicata in Italia non abbia costituito un disincentivo ad effettuare investimenti in Italia”.