21 Marzo 2023

Tregua fiscale: nuovi chiarimenti dalle Entrate

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

È stata pubblicata ieri, 20 marzo, la terza circolare dedicata alle disposizioni introdotte dalla Legge di bilancio 2023 in materia di c.d. “Tregua fiscale”: la circolare 6/E/2023.

Con quest’ultima circolare vengono fornite risposte ad alcuni dei più frequenti quesiti, riproponendo anche alcuni chiarimenti offerti nel corso degli incontri con la stampa specializzata.

In vista dell’imminente scadenza del 31.03.2023 per il versamento delle somme dovute per la regolarizzazione delle violazioni formali, pare utile, innanzitutto, richiamare la risposta n. 2.2., con la quale è stato chiarito che:

  • l’errata indicazione del codice “natura” nella fattura elettronica (con operazione comunque correttamente rilevata nella dichiarazione Iva) è una violazione meramente formale, e, in quanto tale, non sanzionabile. Il “codice natura”, infatti, non è richiamato dall’articolo 21 D.P.R. 633/1972 tra le indicazioni che devono essere riportate nella fattura;
  • l’invio tardivo delle fatture elettroniche allo SdI, vale a dire oltre i termini ordinari, ma correttamente incluse nella liquidazione Iva di competenza con relativo versamento dell’imposta, configura una violazione formale, e, in quanto tale, sanabile grazie alle nuove previsioni;
  • i corrispettivi elettronici correttamente memorizzati e non inviati all’Agenzia delle entrate, ma correttamente inseriti in contabilità con relativa liquidazione dell’Iva dovuta, integrano la violazione prevista dall’articolo 11, comma 2-quinquies, D.Lgs. 471/1997, e, pertanto, costituiscono una violazione formale (anch’essa sanabile).

Un altro chiarimento che merita di essere richiamato riguarda invece la definizione agevolata delle controversie tributarie, in quanto la risposta fornita è poco condivisibile.

Il caso prospettato, tutt’altro che infrequente, riguarda un contribuente che ha notificato il ricorso entro il 31.12.2022 e che avrebbe dovuto attendere i 90 giorni previsti dall’articolo 17-bis D.Lgs. 546/1992 per la costituzione in giudizio, trattandosi di una controversia soggetta al procedimento di reclamo/mediazione.

Per poter beneficiare delle nuove previsioni introdotte dalla Legge di bilancio, e, soprattutto, dell’“abbattimento” degli importi dovuti al 90% del valore della controversia, lo stesso contribuente decide quindi di costituirsi in giudizio subito dopo la notifica. Viene pertanto chiesto all’Agenzia delle entrate se risulta comunque possibile definire la controversia con il pagamento del 90% del valore della lite.

L’Agenzia delle Entrate ricorda, a tal proposito, che la presentazione del reclamo è condizione di procedibilità del ricorso e che, pertanto, il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di 90 giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura; soltanto a decorrere dalla scadenza di questo termine di 90 giorni decorre quello per la costituzione in giudizio del ricorrente.

Alla luce di queste considerazioni nella circolare si ritiene che “qualora alla data del 31 dicembre 2022, come nel caso prospettato, risulti depositato il ricorso per il quale siano ancora pendenti i termini per concludere il procedimento di mediazione, lo stesso deve considerarsi improcedibile, quindi non valorizzabile processualmente. Si ritiene, pertanto, che nell’ipotesi considerata il contribuente possa definire la lite attraverso il pagamento di un importo pari al valore della controversia”.

Pur dovendo ovviamente tenere in debita considerazione quanto appena prospettato (soprattutto dovendo bilanciare gli effetti di un comportamento difforme con l’irrisorietà degli importi previsti, trattandosi comunque di controversie di valore inferiore a 50.000 euro), non può ignorarsi che il mancato rispetto del termine dei 90 giorni, in realtà, non comporta alcuna inammissibilità, ma semplicemente una improcedibilità: in altre parole, la Corte di giustizia tributaria dovrà limitarsi a rinviare l’udienza per poter consentire l’esame del reclamo.

Si tratterebbe, in ogni caso, di un “ricorso pendente iscritto nel primo grado”, così come previsto dall’articolo 1, comma 187, L. 197/2022.