Triangolazione con consegna dei beni in Italia al cliente finale extra-UE
di Marco PeiroloNella triangolazione comunitaria c.d. “impropria” intervengono due soggetti identificati in due Paesi membri diversi, mentre il terzo soggetto è identificato in un Paese extra-UE. A fronte di un unico trasferimento fisico dei beni (dal primo cedente al cliente del promotore della triangolazione), si verifica un duplice trasferimento di proprietà, ossia dal primo cedente al promotore della triangolazione e da quest’ultimo al proprio cliente.
La C.M. n. 13-VII-15-464 del 1994 (§ B.16.3) distingue il trattamento IVA delle suddette triangolazioni in base al ruolo assunto dal soggetto passivo italiano, in veste cioè di primo cedente, di promotore della triangolazione o di cessionario finale.
Tra le varie casistiche di triangolazione impropria è interessante ripercorrere le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria in merito alla cessione di beni a soggetto greco con consegna da parte dell’operatore italiano in Svizzera.
Nel caso prospettato ci si trova di fronte ad una cessione che non presenta le caratteristiche proprie delle operazioni intracomunitarie, venendo meno una delle prerogative principali, vale a dire la destinazione (immediata o, comunque, finale) dei beni in altro Stato membro. Nella fattispecie considerata, l’operatore nazionale effettua una cessione all’esportazione e, conseguentemente, emette nei confronti del proprio cliente greco una fattura in regime di non imponibilità di cui:
- all’articolo 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, se il cedente italiano cura, direttamente o tramite terzi, il trasporto/spedizione dei beni fuori dal territorio comunitario, nonché le operazioni doganali di esportazione;
- all’articolo 8, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, se i beni vengono consegnati in Italia al cliente greco, il quale ne cura l’esportazione nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dalla stessa norma. A seguito della sentenza resa dalla Corte di Giustizia nella causa C-563/12 del 2013, il termine di 90 giorni per effettuare l’esportazione, previsto dal citato articolo 8, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, non preclude l’applicazione della non imponibilità se, una volta scaduto, il cedente nazionale è in grado di dimostrare l’avvenuto invio all’estero dei beni (sul punto, si veda anche la risoluzione AdE 98/2014).
A prescindere dalla tipologia di esportazione, di cui alla lett. a) o alla lett. b) dell’articolo 8 del D.P.R. n. 633/1972, la fattura deve essere:
- emessa nel momento di effettuazione dell’operazione, con l’annotazione “operazione non imponibile” e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale di riferimento;
- annotata nel registro delle fatture emesse (di cui all’articolo 23 del D.P.R. n. 633/1972) entro 15 giorni, con l’indicazione – in luogo dell’ammontare dell’imposta – del titolo di inapplicabilità della stessa ed, eventualmente, la relativa norma (comunitaria o nazionale).
Nella C.M. n. 13-VII-15-464/1994, l’Amministrazione ha precisato che la consegna dei beni in Italia direttamente al destinatario finale svizzero non comporta la realizzazione, nemmeno in senso lato, della cessione all’esportazione da parte dell’operatore nazionale, il quale – in tale ipotesi – è tenuto ad emettere fattura soggetta ad IVA nei confronti del proprio cessionario greco.
Nella situazione in esame, infatti, la non imponibilità delle lett. a) e b) non può essere applicata in quanto:
- da un lato, la lett. a) presuppone che il trasporto/spedizione sia eseguito a cura o a nome del cedente, anche per incarico del proprio cessionario, per cui deve essere necessariamente l’operatore nazionale che si fa carico, direttamente o tramite un vettore, del trasporto/spedizione dei beni al di fuori dell’Unione europea. In pratica, tanto per la cessione al cliente greco quanto per quella al cliente finale deve essere pattuito un termine di resa “franco destinazione”, con invio dei beni nel Paese extra-UE a cura o a nome del cedente italiano;
- dall’altro, la lett. b) presuppone che il trasporto/spedizione sia eseguito a cura del cessionario non residente o per suo conto, vale a dire a cura del cliente greco o da un vettore per suo conto. Ciò significa che per la prima cessione deve essere pattuito un termine di resa “franco partenza”, mentre la seconda cessione deve essere eseguita in base ad un termine di resa “franco destinazione”.
Dalle considerazioni esposte si desume, pertanto, che nell’ipotesi in cui entrambe le cessioni (dal cedente italiano al cessionario greco e da quest’ultimo al cessionario finale svizzero) siano “franco partenza” non è possibile applicare il regime di non imponibilità dell’articolo 8 del D.P.R. n. 633/1972, con la conseguenza che l’operatore nazionale è tenuto ad emettere fattura al cliente greco addebitando l’IVA. Quest’ultimo soggetto, che realizza la cessione all’esportazione ai sensi della lett. b) del primo comma dell’articolo 8, deve pertanto identificarsi ai fini IVA in Italia (direttamente o mediante la nomina di un rappresentante fiscale), ove l’operazione è territorialmente rilevante ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972. L’imposta pagata in rivalsa al cedente italiano non può essere chiesta a rimborso secondo la procedura dell’articolo 38-bis2 del D.P.R. n. 633/1972, in quanto la cessione all’esportazione posta in essere nei confronti del proprio cliente svizzero preclude il diritto di rimborso, come si evince dal primo comma del citato articolo 38-bis2.
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