Triangolazione intra-UE con intervento di soggetto extra-UE
di Marco PeiroloNella prassi delle operazioni con l’estero può accadere che i beni acquistati dal destinatario italiano siano oggetto di triangolazione tra il fornitore di altro Paese UE e il cliente di un Paese extra-UE, con destinazione finale dei beni in Italia, a soggetto che può acquistare in qualità di operatore economico o di privato consumatore.
Consideriamo, innanzi tutto, il caso in cui il destinatario finale italiano sia un soggetto Iva che acquista in quanto tale, cioè in veste di operatore economico.
L’operazione complessivamente posta in essere è riconducibile alle triangolazioni unionali cd. “improprie”, in cui intervengono due soggetti identificati ai fini Iva in due Paesi UE diversi, mentre il terzo soggetto è identificato in un Paese extra-UE.
A fronte di un unico trasferimento fisico dei beni (dal primo cedente al cliente del promotore della triangolazione), si verifica un duplice trasferimento di proprietà, ossia:
- dal primo cedente al promotore della triangolazione; e
- da quest’ultimo al proprio cliente.
La circolare n. 13-VII-15-464 del 1994 (§ B.16.3) distingue il trattamento Iva delle suddette triangolazioni in base al ruolo assunto dal soggetto passivo italiano, in veste cioè di:
- primo cedente; ovvero
- promotore della triangolazione; ovvero
- cessionario finale.
Nel caso in esame, in cui il cessionario finale è un soggetto Iva italiano e il promotore della triangolazione è identificato al di fuori della UE, dalle indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria si desume che l’operazione, dal punto di vista impositivo, è analoga a quella, corrispondente, in cui il soggetto italiano è il primo cedente, con cessionario identificato al di fuori della UE e destinatario finale dei beni di altro Paese UE.
Ne consegue che, salvo diversa disposizione della normativa interna del Paese UE del primo cedente, l’operatore extra-UE deve nominare un rappresentante fiscale all’interno della UE al fine di evitare l’addebito dell’Iva da parte del fornitore UE, dovuto al fatto che l’operazione non è qualificabile né come una cessione all’esportazione, né come una cessione intraunionale.
Nello specifico, la nomina del rappresentante fiscale:
- nel Paese UE di partenza dei beni dà luogo, nel rapporto con il destinatario italiano, all’effettuazione di un’operazione intraunionale, per cui il cessionario finale italiano è tenuto ad integrare e registrare, ai sensi degli articoli 46 e 47 D.L. 331/1993, la fattura ricevuta dalla posizione Iva UE del fornitore extra-UE;
- nel Paese di arrivo dei beni, cioè in Italia, pone a carico della posizione Iva italiana del fornitore extra-UE l’adempimento degli obblighi connessi agli acquisti intraunionali, mentre per l’operatore italiano si realizza un acquisto interno, soggetto a Iva attraverso la procedura di autofatturazione, ex articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972;
- in un diverso Paese UE implica che l’operazione sia riconducibile allo schema della triangolazione unionale, per cui il cessionario finale italiano, designato come debitore d’imposta dalla posizione Iva UE del fornitore extra-UE, realizza un acquisto intraunionale, imponibile ai fini Iva ai sensi degli articoli 46 e 47 D.L. 331/1993.
Infine, qualora l’operatore extra-UE non nomini alcun rappresentante fiscale all’interno della UE, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che gli obblighi relativi alla cessione effettuata da tale soggetto devono essere adempiuti dal cessionario nazionale, mediante emissione di un’autofattura, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972.
In definitiva, a prescindere dal regime impositivo applicato dal primo cedente, il cessionario italiano deve applicare l’Iva con la procedura di reverse charge, che a seconda dei casi esposti consiste nell’integrazione della fattura intraunionale ricevuta o nell’emissione dell’autofattura.
Passando ad esaminare il caso in cui il destinatario finale italiano non sia un soggetto Iva che acquista in quanto tale, agendo in qualità di “privato consumatore”, è dato osservare che non sussistono attualmente indicazioni di prassi e di giurisprudenza che abbiano affrontato tale fattispecie di triangolazione.
Si ritiene che, anche in questo scenario, salvo diversa disposizione della normativa interna del Paese UE del primo cedente, il fornitore UE deve addebitare l’Iva alla cessione posta in essere nei confronti del cliente extra-UE, tenuto conto che l’operazione non è qualificabile né come una cessione all’esportazione, né come una cessione intraunionale.
Nel rapporto con il cliente finale italiano, l’operazione rientra nella disciplina delle vendite “a distanza”, per cui la stessa è territorialmente rilevante nel Paese UE di partenza dei beni o in Italia, a seconda, rispettivamente, che la soglia annua di tali vendite verso l’Italia sia inferiore o superiore a 35.000 euro. Di conseguenza, l’operatore extra-UE deve identificarsi ai fini Iva, rispettivamente, nel Paese UE di partenza dei beni o in Italia per assoggettare ad imposta la cessione. L’applicazione dell’Iva può essere delocalizzata in Italia anche se non è stata superata la soglia, mediante apposita opzione da comunicare in sede di dichiarazione Iva annuale, ex articolo 40, comma 4, D.L. 331/1993.
Ipotizzando, invece, che il soggetto extra-UE nomini un rappresentante fiscale all’interno della UE con il quale effettua l’acquisto di beni presso il fornitore UE, si ha che se il rappresentante fiscale è nominato:
- nel Paese di partenza dei beni, il fornitore UE applica l’Iva alla cessione, mentre l’operatore extra-UE realizza una cessione interna al Paese di partenza dei beni o interna all’Italia a seconda del volume annuo di vendite “a distanza” effettuate verso l’Italia, rispettivamente, inferiore o superiore a 35.000 euro. Se risulta superata tale soglia, l’operatore extra-UE dovrebbe nominare un rappresentante fiscale anche in Italia, in quanto la cessione è ivi imponibile, ex articolo 40, commi 3 e 4, D.L. 331/1993. Come sopra esposto, l’applicazione dell’Iva può essere delocalizzata in Italia anche se non è stata superata la soglia, mediante apposita opzione da comunicare in sede di dichiarazione Iva annuale, ex articolo 40, comma 4, D.L. 331/1993;
- nel Paese di arrivo dei beni, cioè in Italia, quest’ultimo, nel rapporto con il proprio fornitore UE, realizza un acquisto intraunionale, imponibile Iva in Italia, e, nel rapporto con il cliente nazionale, una cessione interna, anch’essa imponibile Iva (cfr. Corte di giustizia UE, causa C-628/16 e giurisprudenza ivi richiamata);
- in altro Paese UE, il fornitore UE applica l’Iva alla cessione, mentre la rivendita dei beni da parte della posizione Iva UE del fornitore extra-UE è ancora una volta soggetta alla disciplina delle vendite “a distanza”, imponibile nel Paese UE di partenza dei beni o in Italia a seconda del volume annuo di vendite “a distanza” effettuate verso l’Italia, rispettivamente, inferiore o superiore a 35.000 euro. Anche in questa fattispecie, pertanto, se risulta superata tale soglia, l’operatore extra-UE dovrebbe nominare un rappresentante fiscale anche in Italia, in quanto la cessione è ivi imponibile, ex articolo 40, commi 3 e 4, D.L. 331/1993. S’intende, in ogni caso, che l’applicazione dell’Iva può essere delocalizzata in Italia anche se non è stata superata la soglia, mediante apposita opzione da comunicare in sede di dichiarazione Iva annuale, ex articolo 40, comma 4, D.L. 331/1993.
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