Trust: al disponente la scelta tra tassazione all’uscita e in entrata
di Angelo GinexIl Consiglio dei ministri del 7.8.2024 ha approvato in via definitiva un D.Lgs. in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che, in attuazione della L. 111/2023 (Legge delega sulla riforma fiscale), dovrebbe introdurre importanti modifiche, tra le altre, all’imposta sulle successioni e donazioni (D.Lgs. 346/1990) e all’istituto del trust.
Innanzitutto, è previsto che l’imposta sulle successioni e donazioni trova applicazione anche ai trasferimenti di beni e diritti derivanti da trust.
È poi stabilito che per i trust (così come per gli altri vincoli di destinazione) l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti ai beneficiari, qualora il disponente sia residente nello Stato al momento della separazione patrimoniale. In caso di disponente non residente, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato trasferiti al beneficiario.
Tale previsione è diretta evidentemente a regolare la territorialità dell’imposta, distinguendo l’ipotesi in cui il disponente sia residente in Italia (in tal caso, l’imposta colpisce “tutti” i beni e diritti oggetto di trasferimento) da quella in cui non lo sia (nella specie, l’imposta è dovuta soltanto su beni e diritti in Italia).
Invece, l’elemento di assoluta novità rispetto agli ultimi chiarimenti di prassi (Circolare n. 34/E/2022), nonché all’orientamento giurisprudenziale più recentemente formatosi (tesi sulla cd. tassazione all’uscita, vedi Cassazione n. 24153/2020; Cassazione n. 24154/2020; Cassazione n. 871/2021; Cassazione n. 13818/2021; Cassazione n.13819/2021; Cassazione n. 16372/2021; Cassazione n. 16688/2021), è rappresentato dalla facoltà di scelta per il disponente fra tassazione all’uscita e tassazione in entrata.
Ricordiamo che l’Agenzia delle entrate, con circolare n. 34/E/2022, ha recepito l’orientamento della Corte di Cassazione che, dopo aver espresso orientamenti non univoci (in un primo momento aveva sostenuto la tesi sulla cd. tassazione in entrata, vedi Cassazione n. 3735/2015, Cassazione n. 3737/2015; Cassazione n. 3886/2015; Cassazione n. 5322/2015; Cassazione n. 4482/2016), è giunta a sostenere la tesi sulla cd. tassazione all’uscita, secondo cui: “la dotazione di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile bensì rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta, per cui si deve fare riferimento … [alla nozione, n.d.r.] di effettivo incremento patrimoniale del beneficiario.”
Il documento di prassi citato prevedeva, però, il pagamento anticipato dell’imposta (quindi al momento dell’apporto dei beni in trust), nell’ipotesi di beneficiari individuati o individuabili titolari di diritti pieni ed esigibili, non soggetti alla discrezionalità del trustee.
Ebbene, la citata novella dovrebbe prevedere che l’imposta trova applicazione, in via generale, al momento del trasferimento dei beni e diritti a favore dei beneficiari.
Questo significa che la fattispecie assume rilevanza fiscale soltanto nel momento in cui il trasferimento può dirsi effettivo e stabile, e quindi (solitamente) nella parte finale della vita del trust. Per l’effetto, il disponente non è tenuto al pagamento dell’imposta nel momento in cui conferisce beni e diritti nel fondo in trust, mentre il beneficiario provvede al versamento dell’imposta in autoliquidazione al momento del trasferimento e previa denuncia dello stesso.
Tuttavia, la riforma dovrebbe prevedere, altresì, la facoltà di tassare, in via anticipata, ciascun conferimento di beni e diritti al trust, ovvero all’apertura della successione, anche in relazione ai trust già istituiti.
L’imposta corrisposta “in entrata” si considera pagata a titolo definitivo, per cui non è possibile chiederne il rimborso, ed esclude da imposizione ogni attribuzione futura.
È previsto, altresì, che la base imponibile, le franchigie e le aliquote sono determinate in base al valore dei beni in trust apportati o trasferiti per successione, nonché in base al rapporto tra disponente e beneficiari in tale momento. Inoltre, nel caso di beneficiari non individuati al momento della segregazione o dell’apertura della successione, si applicherà l’aliquota più elevata (oggi pari all’8%), senza possibilità di fruire di franchigie.
Da ultimo, si rileva che la scelta tra tassazione all’uscita e tassazione in entrata non è affatto semplice, in quanto entrambe le soluzioni presentano vantaggi e svantaggi e, di volta in volta, occorrerà effettuare anche un calcolo di convenienza economica.