Trust opaco sito negli Usa: le somme ai beneficiari non sono tassabili
di Luigi FerrajoliCon la risposta ad interpello n. 309 del 28.04.2023 l’Agenzia delle Entrate si è occupata, dopo la nota circolare 34/E/2022, di un caso pratico di applicazione della regola di tassazione dei redditi attribuiti a beneficiari residenti in Italia da parte di trust opachi esteri.
L’istanza di interpello è stata presentata da un soggetto, residente in Italia, indicato come “beneficiario” di un trust stabilito negli Usa.
Viene chiarito che il trust svolge attività di gestione finanziaria per conto dei “beneficiari”.
In particolare, il trust effettua operazioni di compravendita di titoli a breve ed a lungo termine, riportando un elenco di proventi da transazioni finanziarie, che vengono poi tassati negli Usa ed eventualmente distribuiti.
Gli introiti del trust derivano da interessi, dividendi e plusvalenze finanziarie (compensate da eventuali minusvalenze), mentre le spese che sono portate in diminuzione di tali componenti positivi sono quelle per attività professionali, di assistenza e onorari dei trustee.
Il Trust è disciplinato dalla Legge dello Stato di New York. Nell’interpello viene evidenziato che, secondo la legislazione fiscale americana, il trust presenta le caratteristiche di un “complex” trust¸ nell’ambito del quale i trustee hanno il potere discrezionale di:
- distribuire una parte di reddito del trust (solo ai beneficiari o anche ad enti caritatevoli) imputando l’altra parte a riserva di capitale;
- di non effettuare alcuna distribuzione.
La distribuzione di proventi periodici da parte di un complex trust americano subisce, inoltre, una tassazione in capo al beneficiario e, nel caso di beneficiario estero non cittadino statunitense, l’Amministrazione finanziaria Usa applica una ritenuta in uscita.
Nel caso di specie, viene specificato che il beneficiario, residente in Italia, in applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia/Usa, approvata con la L. 20/2009, subisce la ritenuta prevista dall’articolo 10 della Convenzione, che ne limita l’applicazione alla misura del 15% dell’ammontare lordo.
Ciò posto, in sede di interpello è stato richiesto all’Agenzia delle Entrate se il trust possa essere qualificato come opaco o trasparente e, conseguentemente, quale debba essere il trattamento fiscale, ai fini delle imposte dirette, delle attribuzioni ricevute dal beneficiario.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che con la L. 296/2006 (Finanziaria 2007) è stato modificato l’articolo 73 Tuir con l’inserimento del trust tra i soggetti passivi Ires, l’introduzione di specifici criteri per la determinazione della residenza del trust, nonché l’individuazione di criteri utili ad operare la distinzione, ai fini delle imposte dirette, del trust con “beneficiari individuati” (c.d. “trust trasparente”), da quello senza beneficiari individuati (c.d. “trust opaco”).
Ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito, per effetto di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 Tuir, si distinguono due tipologie di trust:
- “trust trasparente”, ovvero trust con beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al beneficiario, mediante “imputazione” per trasparenza e applicando le regole proprie di tassazione di tale soggetto beneficiario;
- “trust opaco”, ovvero trust senza beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al trust quale soggetto passivo Ires.
Con la circolare 34/E/2022 è stato chiarito che, in presenza di un trust non residente, nel caso di a) beneficiario residente “individuato” e b) di beneficiario residente di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata, rispettivamente ai sensi dell’articolo 73, comma 2, Tuir per i trust trasparenti non residenti e ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lett. gsexies), Tuir per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato con riferimento ai redditi da essi prodotti, nei confronti del beneficiario residente, ai fini dell’imputazione o dell’attribuzione, rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario medesimo, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’articolo 23 Tuir.
Ai fini della tassazione dei redditi derivanti dal trust nei confronti dei beneficiari, l’articolo 44, comma 1, lett. gsexies), Tuir prevede che sono redditi di capitale “i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti, nonché i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73”.
Sulla base di tali disposizioni l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che il trust oggetto dell’interpello presenta tutte le caratteristiche di un trust genuinamente non interposto e discrezionale nel quale la beneficiaria residente in Italia è nominativamente indicata, ma non ha il potere di pretendere distribuzioni dal trust.
I trustee, infatti, hanno il potere discrezionale di distribuire una parte del reddito del trust imputando l’altra parte a riserva di capitale ovvero di non effettuare alcuna distribuzione.
Quindi, la beneficiaria – anche se nominativamente indicata – non può essere considerata “beneficiaria di reddito individuata, in base all’articolo 73, comma 2, Tuir (come interpretato dal paragrafo 3.3. della circolare 34/E/2022), vale a dire soggetto che esprime, rispetto al reddito del trust, una capacità contributiva reale.
Si può, pertanto, escludere non solo che il trust in oggetto sia “interposto”, ma anche che sia un trust trasparente, i cui redditi, anche se non percepiti, sono tassabili in capo ai beneficiari nel periodo d’imposta in cui sono prodotti dal trust.
Inoltre, l’Agenzia non si limita a qualificare il trust oggetto del quesito come trust opaco, ma esclude che si tratti di un trust opaco stabilito in uno Stato a fiscalità privilegiata, poiché il trust negli Stati Uniti è soggetto, in quanto tale, ad una congrua fiscalità.
Da qui l’esonero della beneficiaria dall’obbligo di dichiarare in Italia le somme a lei corrisposte dai trustee.