Trust soggetto a revocatoria se finalizzato a danneggiare i creditori
di Luigi FerrajoliCon la sentenza n. 1357 del 23.04.2015, il Tribunale di Bologna, pronunciandosi in materia di trust, ha dichiarato l’inefficacia degli atti di dotazione del fondo qualora si verifichino i presupposti per proporre l’azione revocatoria ordinaria, finanche se le ragioni del credito non siano state ancora accertate giudizialmente.
La vicenda in esame vede coinvolto l’amministratore delegato di una società dichiarata fallita contro il quale il curatore aveva proposto azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2476 c.c.; l’ex consigliere aveva contestato la richiesta risarcitoria e, nelle more di tale giudicato, aveva istituito un trust, devolvendo nel fondo l’intero suo patrimonio comprendente immobili e partecipazioni.
Il trustee all’uopo nominato era rappresentato da una trust company statunitense di cui lo stesso disponente risultava essere procuratore. Quest’ultimo aveva altresì dichiarato che lo scopo sotteso al trust era quello di garantire al medesimo settlor ogni eventuale assistenza sanitaria, nonché di consentirgli di mantenere inalterato il suo tenore di vita. I beneficiari indicati erano il disponente medesimo, il fratello e la madre.
Orbene, con la sentenza analizzata il Tribunale di Bologna ha rilevato che, per quanto l’istituto del trust abbia trovato nell’ordinamento italiano piena legittimazione grazie alla l. n.364/89 che ha ratificato la Convenzione dell’Aja del 01.07.1985, nel caso di specie si è di fronte ad un trust gratuito, caratterizzato dalla coincidenza del disponente sia col trustee che con il beneficiario del fondo, la cui istituzione sembrava proprio essere finalizzata esclusivamente alla segregazione del patrimonio del primo e al riparo dalle potenziali pretese creditorie.
Il Tribunale ha correttamente rappresentato come, pur essendo il trust istituto di per sé legittimo, sia proprio l’art. 15 della richiamata Convenzione a precisare che la legge disciplinante il trust non possa essere di ostacolo alle applicazioni delle disposizioni inderogabili della lex fori, tra le quali rientrano, per espressa previsione, le norme in materia di protezione dei creditori in caso di insolvenza.
In tali casi quindi, al fine di poter efficacemente esperire l’azione revocatoria ordinaria, occorre verificare se nella fattispecie concreta esistano tutti i requisiti richiesti dal disposto normativo di cui all’art. 2901 c.c., e cioè:
- l’esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria e il debitore disponente;
- l’effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell’atto traslativo;
- la consapevolezza in capo al debitore (ed eventualmente, in capo al terzo) che, con l’atto di disposizione, diminuisce la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori.
Ebbene, nella fattispecie posta all’attenzione del Tribunale di Bologna, il medesimo ha ritenuto senz’altro sussistenti le tre menzionate condizioni: quanto al primo punto, l’Ufficio giudiziario ha precisato che l’azione può essere fatta valere anche con riferimento ad un credito condizionale, eventuale, non scaduto, o (come nel caso specifico) litigioso, atteso che, qualora successivamente il creditore veda negata la sua facoltà, gli effetti della domanda sostanzialmente si risolvono; quanto alla lesione della garanzia patrimoniale, appare la stessa evidente in atti, atteso che il disponente, con l’istituzione del trust, ha conferito nel fondo tutti i suoi beni, liberandosene però solo formalmente, poiché ha continuato, di fatto, a gestirli tramite interposta persona e a goderne i frutti, con l’intento di segregarli e proteggerli dalle pretese dei creditori; con riferimento, infine, al terzo punto, secondo il Giudice la consapevolezza sarebbe insita proprio in quanto appena dedotto giacché è evidente che, con la totale disposizione dei suoi beni, il debitore era ben consapevole di diminuire la consistenza patrimoniale.
Il Tribunale ha altresì precisato che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione (si vedano ex multis Cass. Civ. n. 2597/2001, n. 15389/2005 e n. 17867/2007), la prova della conoscenza del pregiudizio da parte del debitore ben può essere fornita, trattandosi di un atteggiamento soggettivo, anche tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato e immune da vizi logici e giuridici.
L’Ufficio giudiziario ha quindi concluso dichiarando l’inefficacia dell’atto di conferimento dei beni nel fondo in trust ai sensi dell’art. 2901 c.c. e disponendo che il competente Conservatore dei Registri Immobiliari provvedesse alle conseguenti annotazioni ex art. 2655 c.c..
Da notare infine come, nel caso in esame, il Tribunale ha condannato integralmente il soccombente al pagamento delle spese liquidate in euro 10.000,00, oltre a oneri, imposte e accessori di legge, come se avesse voluto fornire un monito verso tutti coloro che cerchino di istituire illegittimamente un trust, stipulando degli atti palesemente simulati.