14 Maggio 2021

Ultimi chiarimenti sul trattamento fiscale della riserva di rivalutazione

di Alessandro Carlesimo
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La scheda di FISCOPRATICO

Il regime di rivalutazione degli attivi delle imprese, di recente riproposto a condizioni molto favorevoli dall’articolo 110 D.L. 104/2020, richiede un attento esame degli aspetti civilistici e fiscali connessi al trattamento della porzione di patrimonio netto rilevata in contropartita dell’incremento del valore dei beni.

A tal proposito, giova ricordare che l’articolo 13 L. 342/2000 dispone che il saldo risultante dalle rivalutazioni eseguite sia imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla legge derogatoria. Il processo rivalutativo, dunque, fa sì che il patrimonio netto accolga l’importo corrispondente alla rivalutazione (cd. saldo attivo), calcolato al netto dell’eventuale imposta sostitutiva da sostenere a fronte il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti.

Laddove il suddetto importo non sia imputato direttamente al capitale, la riserva speciale all’ uopo istituita è classificata in bilancio alla voce del patrimonio netto A.III (Riserve di rivalutazione), in conformità alle indicazioni contenute nei principi contabili Oic 28, Oic 16, Oic 24.

Il legislatore, inoltre, regola le variabili conseguenze riconnesse ai vari utilizzi di cui è suscettibile la riserva (ad es. aumento gratuito del capitale sociale; copertura di perdite; ripianamento del disavanzo da fusione, distribuzione ai soci).

Innanzitutto, viene dettata una specifica disciplina civilistica per la gestione in bilancio della riserva.

L’articolo 13, comma 2, 342/2000 sul punto prevede che, “la riserva, ove non venga imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l’osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell’articolo 2445 del codice civile”.

La riserva, nei casi diversi dalla copertura di perdite, può quindi essere diminuita rispettando il regime civilistico posto a garanzia dell’integrità del patrimonio e applicabile in caso di riduzione volontaria del capitale sociale: la decisione deve risultare da assemblea straordinaria regolarmente convocata e la riduzione si perfeziona soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell’iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione.

In caso di utilizzo della riserva a copertura di perdite, la legge pone invece il vincolo consistente nel divieto di distribuzione di utili fino a quando la riserva non è reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria.

Nessuna conseguenza fiscale viene ricollegata in presenza delle sopraelencate fattispecie di utilizzo.  Sotto il profilo tributario, la riserva in esame è in regime di sospensione d’imposta. Più specificamente, l’importo accantonato è soggetto a tassazione (in capo alla società ed ai soci) soltanto in caso di attribuzione ai soci o partecipanti, anche laddove la riserva venga imputata ad incremento del capitale e poi si proceda alla successiva delibera di riduzione del capitale sociale.

Tale ultima ipotesi, contemplata all’articolo 13, comma 4, L. 342/2000, assoggetta ad imposizione il capitale rimborsato al socio fino a concorrenza della parte di capitale formata dalla riserva.

La base imponibile è tuttavia ridotta dal credito di imposta pari all’ammontare imposta sostitutiva pagata per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori (articolo 4, comma 2, D.M. 86/2002).

Dello stesso parere è l’Aidc che, nella norma di comportamento n. 211, ha ribadito che qualunque ipotesi diversa dalla attribuzione ai soci non comporta l’emersione di reddito imponibile, né in capo alla società nè in capo ai soci.

Dunque “è soltanto l’ipotesi di attribuzione ai soci del saldo attivo di rivalutazione mediante distribuzione della riserva di rivalutazione in sospensione di imposta, ovvero mediante riduzione del capitale sociale in precedenza aumentato per effetto dell’appostazione della riserva in questione, a essere suscettibile di generare materia imponibile in capo alla società ed ai soci.

Nella norma di comportamento viene attentamente analizzata la diversa portata applicativa delle disposizioni di cui al citato articolo 13, differenziando gli effetti giuridici scaturenti in caso di qualsiasi operazione di riduzione del saldo attivo (comma 2) da quelli derivanti dalla riduzione del saldo attivo dovuta all’attribuzione dello stesso ai soci (comma 3 e 4).

Dunque, volendo semplificare:

  • l’utilizzo della riserva a copertura di perdite o per eliminare un disavanzo di fusione costituisce un atto privo di rilevanza fiscale;
  • la distribuzione della riserva di rivalutazione in sospensione di imposta, ovvero la delibera di riduzione del capitale sociale con rimborso ai soci successiva all’imputazione della riserva al capitale, sono atti suscettibili di tassazione.

Alla luce di quanto esposto, la riserva di rivalutazione può essere inquadrata nella categoria delle riserve in sospensione d’imposta imponibili soltanto in caso di distribuzione e non in quella delle riserve imponibili in ogni caso di utilizzo (cfr. articolo 172, comma 5, Tuir).

Tale ricostruzione poggia sull’osservazione della ratio normativa sottesa alle agevolazioni concesse dal regime rivalutativo.

L’Associazione ha infatti precisato che “l’agevolazione consistente nel riconoscimento dei maggiori valori fiscali a fronte del pagamento dell’imposta sostitutiva, viene concessa solo fino a quando tali maggiori valori restano al servizio dell’impresa o vengono per essa utilizzati, mentre l’agevolazione viene meno nel caso in cui tali maggiori valori fuoriescano dall’esercizio dell’impresa in quanto attribuiti ai soci.”

Pur in presenza di distribuzione, tuttavia, la tassazione non ha luogo se:

  • l’impresa ha adottato la rivalutazione senza opzione per il riconoscimento fiscale del maggior valore (cd. rivalutazione gratuita);
  • l’impresa si è avvalsa dell’istituto dell’affrancamento della riserva, con applicazione dell’imposta sostitutiva pari al 10%;
  • la rivalutazione è eseguita da soggetti in contabilità semplificata, nel qual caso la disciplina del saldo attivo di rivalutazione non è operativa (articolo 9, comma 2, D.M. 162/2001).

Nei sopra menzionati casi, l’importo corrispondente al saldo attivo è svincolato dal regime di sospensione d’imposta e, pertanto, la frazione di patrimonio netto è assimilabile ad una riserva di utile liberamente distribuibile ai soci (circolare AdE 14/E/2017).

Le conclusioni cui giunge l’Associazione contribuiscono a far chiarezza sul regime di sospensione d’imposta della riserva di rivalutazione, tenuto conto del fatto che, in passato, l’Amministrazione Finanziaria aveva paventato un diverso trattamento fiscale della posta patrimoniale, assimilando alla distribuzione l’utilizzo della riserva a copertura del disavanzo di annullamento derivante dall’operazione di fusione per incorporazione di società partecipata (risoluzione AdE 316/E/2019).