Una Onlus può gestire un albergo-ristorante? Il MISE risponde in una nota
di Guido MartinelliMarta Saccaro
Quando si parla dell’attività commerciale che può svolgere una Onlus o un’associazione sportiva dilettantistica gli spunti di approfondimento non sono mai abbastanza. Quindi ben vengano i chiarimenti forniti su due questioni particolari dal Ministero dello Sviluppo Economico con la risoluzione n. 15452 del 30 gennaio 2014.
In un primo caso, il MISE prende posizione sulla possibilità, da parte di una Organizzazione non Lucrativa di Utilità sociale, di subentrare all’attività di un pubblico esercizio di albergo ristorante. Sulla questione, dopo avere richiamato un generico principio che vieta agli enti non commerciali di svolgere attività commerciale in via prevalente, la risoluzione riporta la risposta ricevuta dall’Agenzia delle Entrate, che si è espressa sull’argomento con una nota del 21 novembre 2013. In tale contesto è stato chiarito che l’attività di gestione dell’albergo-ristorante non rientra tra quelle che l’art. 10 del D.Lgs. n.460/1997 riserva alle Onlus. Pertanto, questa attività non può essere svolta da un soggetto che si qualifica come Organizzazione Non Lucrativa di Utilità sociale in quanto iscritto nel registro tenuto dalla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente.
La nota dell’Agenzia prosegue però, poi, esaminando la possibilità di svolgere questa attività da parte di una Onlus che si qualifica tale non aderendo direttamente al regime previsto dal D.Lgs. n. 460/1997 ma in quanto, rientrando in una delle categorie a cui il comma 8 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 460/1997 estende il regime delle Organizzazioni Non Lucrative, si qualifica come tale “di diritto”. Si tratta, nello specifico, delle organizzazioni di volontariato di cui alla L. n. 266/1991, delle organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della L. n. 49/1987 e delle cooperative sociali di cui alla L. n. 381/1991. Tra queste, una chance viene riconosciuta solo alle cooperative sociali. L’attività commerciale svolta dalle organizzazioni di volontariato, infatti, può essere solo quella ricompresa nell’elenco delle attività commerciali produttive e marginali del DM 25 maggio 1995 mentre per le organizzazioni non governative l’attività di gestione dell’albergo-ristorante non può essere ricondotta nell’ambito dell’attività istituzionale, di cooperazione allo sviluppo in favore delle popolazioni del terzo mondo, né tra le attività commerciali accessorie.
Restano in gioco, quindi, solo le cooperative sociali e, per la precisione, quelle di “tipo b”, volte al reinserimento lavorativo di persone svantaggiate. Di conseguenza, sostiene l’Agenzia delle Entrate (e con essa il MISE) la gestione di un albergo ristornate può essere affidata ad una Onlus solo se questa si qualifica come cooperativa sociale che opera per l’inserimento di persone svantaggiate di cui all’art. 4 della L. n. 381/1991, nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa di settore.
La seconda questione affrontata nella nota riguarda invece la possibilità, per il rappresentante legale di un’associazione polisportiva dilettantistica dove viene svolta l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, di ricevere l’autorizzazione al commercio su aree pubbliche. Sull’argomento l’Agenzia delle Entrate, interpellata dal MISE sulla questione, non prende posizione, limitandosi a richiamare la circostanza che, in linea generale, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte delle associazioni assume rilevanza tributaria, sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini dell’IVA, tenuto però conto delle specifiche eccezioni previste dalla normativa.
Il quesito, però, non verte su una questione tributaria quanto su un tema amministrativo. A tal riguardo, il MISE richiama l’art. 28, comma 2, del D.Lgs. n. 114/1998 (disciplina del settore del commercio), in base al quale le associazioni non figurano tra le tipologie di soggetti cui può essere rilasciata l’autorizzazione al commercio sulle aree pubbliche. Questi soggetti, secondo il Ministero, non possono quindi svolgere attività di commercio “ambulante”. Tale circostanza, si sottolinea, nulla a che fare con l’attività di somministrazione di alimenti e bevande che le associazioni sportive dilettantistiche, in qualità di enti di promozione sociale, pongono in essere all’interno dei propri locali, e che risulta disciplinata dalla L. n. 287/1991 e dal DPR n. 235/2001, né, si ritiene sulla attività di vendita occasionale svolta all’interno di manifestazioni organizzate dagli stessi soggetti. In quest’ultimo caso, infatti, se ricorrono i requisiti previsti dalla norma (art. 143, comma 3, lettera a) e, per le associazioni che applicano la L. n. 398/1991, art. 25, comma 2, lett. a), L. n. 133/199) l’attività di somministrazione può essere ricondotta all’interno di una raccolta di fondi occasionale, decommercializzata ai sensi di legge.