2 Dicembre 2014

Usucapione agevolabile

di Luigi Scappini
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Nel recente passato, ripetutamente ci siamo interessati, forse perché l’unica che è resistita alla “falcidia” messa in atto con l’articolo 10, comma 4 della Legge n. 23/2012, dell’agevolazione prevista, in tema di imposta di registro, per il comparto agricolo, meglio nota come piccola proprietà contadina.

Ma, oltre che per il fatto di essere restata l’ultimo baluardo a difesa di un comparto che lentamente sta perdendo tutte le prerogative di cui, più o meno giustamente godeva nel passato, l’agevolazione per la ppc, viene costantemente alle cronache a causa del corposo contenzioso tributario che nel tempo si è andato a creare.

Con la recente ordinanza n. 10031 del maggio 2014 la Suprema Corte di Cassazione è tornata sul tema dell’estendibilità dell’agevolazione in oggetto all’ipotesi per cui il terreno pervenga a mezzo di usucapione.

Il tema in passato è stato alquanto dibattuto in quanto, non si può non sottacere che l’usucapione rappresenta una modalità di acquisto del terreno a titolo originario, ragion per cui esso, teoricamente, non è riconducibile alla categoria degli “atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e di relative pertinenze”.

L’usucapione comporta l’assenza di rapporti diretti tra il soggetto “proprietario” del terreno e quello che lo usucapisce.

Esistono due differenti forme di usucapione disciplinate dal codice civile, quello ordinario e quello speciale, che si differenziano in ragione della durata temporale necessaria affinché si verificare realizzare l’effetto acquisitivo del bene posseduto, nonché per la presenza di ulteriori requisiti.

In riferimento alla piccola proprietà contadina, con la Legge n. 346/1976 è stato introdotto nell’alveo del codice civile l’articolo 1159- bis disciplinante una forma di usucapione speciale, ai sensi del quale, la proprietà dei fondi rustici con annessi fabbricati situati in comuni classificati montani dalla legge si acquista in virtù del possesso continuato per quindici anni.

Ma, tornando al tema centrale del presente intervento, l’ordinanza richiamata si innesta in un filone giurisprudenziale consolidato in ragione del quale “la nozione di fatti inerenti alla formazione della piccola proprietà contadina deve considerarsi comprensiva di tutti gli atti diretti a tale scopo, stante la finalità del legislatore di non lasciare scoperto alcun atto comportante il trasferimento dei diritti reali su beni immobili, sempreché l’acquisto avvenga da parte di persone che si dedichino abitualmente alla lavorazione della terra” (sentenza n. 14520/2010), come a dire che, all’elencazione non deve essere assegnato carattere esaustivo ma meramente esemplificativo, dovendo, in sede di applicazione della norma, aver riguardo alla ratio che soggiace alle scelte del legislatore.

Tutto questo, tuttavia, si verifica in funzione dell’articolo 1 della Legge n. 604/1954, norma che, a parere dell’Agenzia delle Entrate (cfr Risoluzione n. 36/E/2010) deve ritenersi disgiunta dall’attuale disciplina in vigore dettata dall’articolo 2, comma 4-bis del DL n. 194/2009, convertito in Legge n. 25/2010, ragion per cui bisogna domandarsi se tale interpretazione estensivo sia applicabile tutt’ora.

A bene vedere, l’attuale regime offre una definizione di atto agevolabile ancora più succinto ed ermeneutico, delimitando l’ambito oggetto di applicazione ai soli “atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze”, mentre nel passato il riferimento era rispettivamente:

  • agli atti di compravendita;
  • agli atti di permuta, quando per ambedue i permutanti l’atto sia posto in essere esclusivamente per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina;
  • agli atti di concessione di enfiteusi, di alienazione del diritto dell’enfiteuta e di affrancazione del fondo enfiteutico, nonché gli atti di alienazione del diritto ad usi collettivi inerenti alla piccola proprietà acquistata;
  • agli atti di affitto e compartecipazione a miglioria, con parziale cessione del fondo migliorato all’affittuario o compartecipante;
  • agli atti con i quali i coniugi ovvero i genitori e i figli acquistano separatamente ma contestualmente l’usufrutto e la nuda proprietà e
  • agli atti con i quali il nudo proprietario o l’usufruttuario acquista, rispettivamente, l’usufrutto o la nuda proprietà.

A bene vedere, da un lato la restrizione interpretativa non può che deporre a favore di una inapplicabilità estensiva della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, a bene vedere, tenendo a mente la ratio della norma, non si può che concludere per l’agevolabilità degli atti di acquisto dei terreni a mezzo di usucapione.

In fin dei conti, come affermato dai giudici nell’ordinanza n. 10031 “Alla lettera della norma supplisce, invero, la “ratio legis”, ravvisabile, inequivocabilmente, nell’intenzione del legislatore di favorire “gli atti posti in essere per la formazione o per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina”. Per il che è compito dell’interprete avvalendosi del suindicato canone ermeneutico sussidiario all’interpretazione letterale – sopperire all’incompletezza dell’elenco degli atti cui sono destinati i benefici fiscali di legge” sia essa, aggiungiamo noi, la Legge n. 604/1954 o l’attuale Legge n. 25/2010.