Usufrutto su partecipazioni sociali: determinazione della soglia di qualificazione
di Stefano RossettiLa Legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) ha apportato significative modifiche in relazione all’imposizione sui dividendi percepiti dai soci di società di capitali che detengono le partecipazioni fuori dal regime d’impresa.
In particolare, le principali modifiche riguardano:
- l’eliminazione della distinzione tra le partecipazioni qualificate e le partecipazioni non qualificate;
- la previsione dell’applicazione generalizzata di una ritenuta a titolo di imposta in misura pari al 26%.
La nuova disciplina esplica efficacia dal 1° gennaio 2018, tuttavia, è previsto un regime transitorio per gli utili d’impresa prodotti entro il 31 dicembre 2017 distribuiti con deliberazioni comprese tra il 1° gennaio 2018 e il 31 dicembre 2022.
La rivisitazione del regime di tassazione dei dividendi percepiti dalle persone fisiche fuori dall’esercizio dell’attività d’impresa ha comportato la modifica il contenuto dell’articolo 47, comma 1, Tuir e dell’articolo 27, comma 1, D.P.R. 600/1973.
In particolare:
- dall’articolo 47, comma 1, Tuir è stato espunto il primo periodo del primo comma che prevedeva il concorso parziale alla formazione del reddito imponibile dei dividendi percepiti;
- dall’articolo 27, comma 1, D.P.R. 600/1973 è stato eliminato il riferimento alle partecipazioni non qualificate.
A decorrere dal 1° gennaio 2018, dunque, gli utili distribuiti a persone fisiche che non detengono la partecipazione in regime d’impresa sono tassati mediante l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta in misura pari al 26%, a prescindere dalla tipologia di partecipazione detenuta.
In altre parole, il possesso di una partecipazione qualificata o meno non costituisce più un fatto dirimente per la quantificazione e l’attuazione del prelievo sul dividendo incassato.
Queste modifiche che attengono esclusivamente alla determinazione del quantum da tassare e alla modalità operativa di attuazione del prelievo senza incidere sulla qualificazione del reddito né tantomeno sui principi che lo governano. Infatti, anche in vigenza della nuova disciplina, i dividendi:
- rappresentano redditi di capitale che sono imponibili secondo il principio di cassa;
- possono essere corrisposti in natura;
- si applica la presunzione di preventiva distribuzione degli utili ex articolo 47, comma 1, Tuir.
Come sopra visto, però, l’articolo 1, comma 1006 della Legge di bilancio 2018 ha previsto che “in deroga alle previsioni di cui ai commi da 999 a 1005 [che prevedono la decorrenza della disciplina generale dal 1° gennaio 2018], alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberate dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 dell’11 luglio 2017”.
In base a quando sopra, dunque, il legislatore ha previsto una sorta di ultrattività della previgente disciplina per un lasso temporale intercorrente tra il 1° gennaio 2018 ed il 31 dicembre 2022.
In buona sostanza il legislatore ha previsto fino al 31 dicembre 2022 l’istituzione di un doppio binario secondo cui:
- gli utili prodotti nel 2018 e negli anni seguenti sono assoggettati alla nuova disciplina post legge di bilancio 2018;
- gli utili prodotti fino al 31 dicembre 2017 seguono la vecchia disciplina a condizione che siano distribuiti a seguito di una delibera assembleare antecedente al 31 dicembre 2022.
Dunque, fino al 31 dicembre 2022 la distinzione tra partecipazione qualificate e non qualificate assume ancora rilievo ai fini della tassazione degli utili distribuiti.
Al fine di individuare la natura, qualificata o meno, della partecipazione, l’articolo 27 D.P.R. 600/1973 fa espresso rinvio alle lettere c) e c-bis) del comma 1 dell’articolo 67 Tuir in base alle quali, per partecipazione qualificata, si intende una partecipazione in una società non quotata nei mercati regolamentati qualora abbia ad oggetto partecipazioni, titoli e diritti che rappresentino una percentuale superiore al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria, ovvero al 25 per cento del capitale o del patrimonio.
Agli effetti della determinazione dell’entità della partecipazione come qualificata è sufficiente che la partecipazione superi, nell’arco di dodici mesi, anche uno soltanto dei due limiti percentuali sopra indicati.
Occorre, pertanto, verificare due requisiti tra loro alternativi per determinare se la partecipazione è di natura qualificata:
- la percentuale di diritto di voto che attribuisce la partecipazione (superiore al 20 per cento);
- la partecipazione al capitale sociale (superiore al 25 per cento).
In questo contesto si sottolinea come sia ancora attuale la problematica relativa al calcolo della soglia di qualificazione di una partecipazione detenuta in base al diritto di usufrutto.
Con riferimento alla percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio prevista dal citato articolo 67 Tuir, per le partecipazioni detenute in piena proprietà e usufrutto/nuda proprietà, è stato chiarito dall’Amministrazione finanziaria che il valore della percentuale di capitale sociale rappresentata dalla partecipazione va calcolato con riferimento alla parte del valore nominale delle partecipazioni corrispondente al rapporto tra il valore dell’usufrutto o della nuda proprietà e il valore della piena proprietà (vedasi la risoluzione AdE 65/E/2006 e la circolare AdE 165/E/1998) che si determinano secondo i criteri indicati dagli articoli 46 e 48 D.P.R. 131/1986.
Pertanto, il valore dell’usufrutto deve essere determinato applicando al valore del titolo il coefficiente previsto nell’Allegato al citato D.P.R. 131/1986, come modificato dal decreto del Ministro dell’Economia e Finanze 18 dicembre 2020, in relazione all’età della persona alla cui morte deve cessare il diritto di usufrutto.