1 Ottobre 2018

Utili in nero imputabili solo ai soci al 31 dicembre

di Alessandro Bonuzzi
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Nelle società di persone il diritto agli utili matura solo con l’approvazione del rendiconto, pertanto, anche il maggior reddito accertato alla società non può essere contestato “per trasparenza” in capo al socio receduto nel corso dell’anno. Ciò vale altresì quando la società accertata è una società di capitali a ristretta base partecipativa e l’utile extra bilancio, ossia in nero, sarebbe attribuito al socio per presunzione.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20126 del 30.07.2018.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate a una persona fisica per il fatto di aver assunto la qualifica di socio, dal 24 marzo al 3 settembre dell’anno oggetto di contestazione, in una S.r.l., anch’essa a sua volta raggiunta da un avviso di accertamento relativo alla medesima annualità divenuto nel frattempo definitivo. L’atto contestava un maggior reddito da partecipazione in ragione della percentuale al capitale detenuta dall’oramai ex socio nella società e dei giorni di sua appartenenza alla compagine societaria.

In pratica, trattasi del caso in cui l’Agenzia ha applicato la presunzione di distribuzione – per trasparenza – degli utili al socio di una S.r.l. a ristretta base societaria avendo però quest’ultimo receduto prima del 31 dicembre dell’anno oggetto di contestazione.

Nella sentenza in commento i Giudici di legittimità hanno dapprima ricordato che “qualora nel corso di un esercizio sociale di una società di persone si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi della società devono essere imputati, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del D.P.R. 917/1986, esclusivamente al contribuente che sia socio al momento della approvazione del rendiconto (e, quindi, al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell’esercizio”.

Ciò in ragione del fatto che una ripartizione proporzionata al periodo di partecipazione non corrisponderebbe necessariamente alla produzione del reddito da parte della società nei vari periodi; inoltre, secondo i principi civilistici, in tema di ripartizione degli utili nelle società di persone, cui la disciplina tributaria coerentemente si uniforma, il diritto agli utili matura solo con l’approvazione del rendiconto.

Ebbene, a detta della Cassazione, la regola che da rilevanza, ai fini dell’imputazione per trasparenza del reddito della società di persone, al solo socio subentrante, e quindi presente al 31 dicembre dell’esercizio, non è derogabile nemmeno in sede di accertamento, trovando applicazione non solo per gli utili risultanti dal bilancio ma anche per gli utili extra bilancio. Pertanto, non è giustificabile l’imputazione del maggior reddito societario al socio receduto in corso d’anno, in rapporto al periodo di partecipazione.

E a nulla valgono le numerose pronunce che hanno stabilito la legittimità della “presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, nel corso dello stesso esercizio annuale in cui gli utili sono stati conseguiti, posto che – fermo restando tale orientamento – tali sentenze non hanno avuto ad oggetto la diversa problematica della legittimità dell’imputazione degli utili al socio receduto in corso d’anno, in rapporto alla durata della appartenenza del socio alla società, ma hanno avuto ad oggetto la legittimità della suddetta presunzione”.

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