Utilizzabile in giudizio la documentazione non esibita nel corso della verifica
di Marco BargagliNell’ambito di una verifica fiscale, l’articolo 52 D.P.R. 633/1972 rubricato “accessi, ispezioni e verifiche” richiamato – ai fini delle imposte sui redditi – dall’articolo 33 D.P.R. 600/1973, disciplina il potere di accesso e ricerca all’interno dei locali nella disponibilità del contribuente.
Nel corso dell’ispezione tributaria, gli organi verificatori possono richiedere alla parte l’esibizione della documentazione necessaria per l’espletamento del controllo, la cui istituzione e conservazione è obbligatoria in base alle vigenti disposizioni normative.
In particolare:
- l’articolo 52, comma 5, D.P.R. 633/1972 prevede che i libri, i registri, le scritture e i documenti di cui viene rifiutata l’esibizione, non possono essere presi in considerazione a favore della parte ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. A tal fine, per rifiuto di esibizione, si intendono anche le dichiarazioni di non possedere i libri, i registri, i documenti e le scritture ossia la sottrazione di essi al controllo;
- rifiutare l’esibizione, o comunque impedire l’ispezione, delle scritture contabili e dei documenti la cui tenuta e conservazione sono obbligatorie per Legge o dei quali risulta l’esistenza comporta la potenziale applicazione di specifiche sanzioni amministrative (ex articolo 9 D.Lgs. 471/1997);
- ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lett. c), D.P.R. 600/1973 e dell’articolo 55, comma 2, D.P.R. 633/1972, se la società non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o comunque ha sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili di cui all’articolo 14 D.P.R. 600/1973, ovvero le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore, l’Amministrazione finanziaria può determinare il reddito d’impresa in via induttiva, con le modalità e nei termini previsti dall’articolo 39 D.P.R. 600/1973 e, simmetricamente, procedere anche all’accertamento induttivo ai fini Iva ex articolo 55 D.P.R. 633/1972.
Circa l’utilizzabilità dei documenti non esibiti nel corso di un controllo fiscale, già in passato è intervenuta la suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 10527 del 28.04.2017, nella quale è stato chiarito che, qualora l’imprenditore in buona fede non abbia regolarmente conservato la contabilità obbligatoria, la stessa può eventualmente essere esibita nel corso del giudizio.
In particolare, gli Ermellini hanno confermato che la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiesti dall’Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa rendendo legittimo l’accertamento induttivo solo ove sia non veritiera, cosciente, volontaria e dolosa integrando, per tale motivo, un sostanziale rifiuto di esibizione diretto ad impedire l’ispezione documentale.
Sempre sul tema della piena utilizzabilità da parte del giudice tributario della documentazione non esibita nel corso della verifica fiscale, è recentemente intervenuta la CTR Molise, con la sentenza n. 85/2019 depositata in data 21.01.2019.
Nello specifico, nel corso di un controllo fiscale la società deduceva l’illegittimità degli avvisi di accertamento integrativi tenuto conto che, durante la verifica, il contribuente aveva prodotto tutta la documentazione in possesso dello stesso. Infatti, solo a seguito della successiva acquisizione degli estratti conto bancari da parte della Guardia di Finanza, veniva richiesto di fornire tutte le ulteriori giustificazioni degli incassi e dei prelievi risultanti dai conti correnti intestati alla persona fisica e alla stessa società.
Inoltre, emergeva che la Procura della Repubblica di Isernia aveva archiviato i procedimenti penali a carico del soggetto passivo, in precedenza instaurati a seguito della specifica denuncia per i reati penali – tributari scaturenti dalla citata verifica fiscale.
Di contro, l’Agenzia delle entrate confermava la piena legittimità del proprio operato tenuto conto che il contribuente verificato non aveva fornito, nel corso del controllo, i pertinenti chiarimenti richiesti in ordine alle movimentazioni bancarie transitate sui conti correnti entro il termine fissato di giorni quindici.
Il giudice del gravame, confermando la decisione assunta in primo grado, accoglieva la tesi difensiva tenuto conto che le deduzioni e le richieste formulate dall’Ufficio “si appalesano prive di ogni fondamento logico e giuridico e dunque le stesse vanno disattese.. “.
Giova ricordare che l’Ufficio accertatore procedeva ad emettere gli atti impositivi giudicando inutilizzabile, nel corso del giudizio tributario, la documentazione esibita dalla parte contribuente a giustificazione delle movimentazioni bancarie oggetto di contestazione, trattandosi di documentazione non prodotta in sede di accertamento.
Di contro, la CTR Molise, nella citata sentenza n. 85/2019, ha rilevato che la citata documentazione, sebbene non prodotta dalla parte in sede di accertamento, di fatto risulta producibile anche in pendenza di un contenzioso tributario, in quanto al contribuente deve essere comunque riconosciuto il diritto di difesa ai sensi dell’articolo 24 Cost..
Infatti, la documentazione de qua ha un preciso valore probatorio e risulta comunque idonea ai fini difensivi a favore del contribuente. Di conseguenza, la stessa è pienamente ammissibile anche in sede contenziosa purché attinente all’attività accertativa fiscale e ai rilievi fiscali contestati da parte dell’Ufficio.
A ciò si aggiunge che il termine di giorni quindici fissato dai verificatori per la produzione documentale di fatto “risulta del tutto insufficiente e il mancato adempimento in tal senso imputabile al contribuente esclude qualsivoglia dolo o colpa da parte sua, considerati i tempi e le lungaggini burocratiche ai fini acquisitivi della documentazione stessa”.
Infine, il giudice tributario ha rilevato che, per ogni movimentazione bancaria, il contribuente verificato ha fornito la prova documentale non solo delle partite di giro, dei versamenti e di prelevamenti, ma ha dimostrato anche l’appartenenza personale dei conti correnti a lui intestati erroneamente attribuiti società ispezionata.