Vademecum su transazione fiscale e crisi da sovraindebitamento
di Alessandro BonuzziLa circolare dell’Agenzia delle Entrate n.19/E di ieri fornisce importanti chiarimenti relativamente alle modifiche legislative e agli interventi giurisprudenziali in materia di transazione fiscale, nonché ai nuovi istituti riguardanti la crisi dei soggetti esclusi dall’ambito di applicazione delle procedure concorsuali.
La transazione fiscale, che è disciplinata dall’art.182-ter della L.F., costituisce una particolare procedura transattiva tra il contribuente e il fisco che, sebbene autonoma, si inerisce nell’ambito del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. In tal senso, si rileva che per intraprendere la richiesta di ammissione alla procedura di transazione fiscale è infatti necessaria la preliminare verifica dei presupposti stabiliti per l’accesso alla procedura del concordato preventivo oppure dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
L’Agenzia delle Entrate con la circolare in commento chiarisce la disciplina dettata dall’art.182-ter a seguito delle modifiche apportate dall’art.29 del D.L. n.78/2010 e alla luce degli ultimi orientamenti della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale.
In primo luogo, viene confermata la speciale natura delle disposizioni sulla transazione fiscale la quale rappresenta una eccezionale deroga disposta dal legislatore al principio di indisponibilità della pretesa tributaria da parte dell’Amministrazione finanziaria (Corte costituzionale sentenza n.225 del 2014).
In secondo luogo, rettificando le precedenti indicazioni fornite con la circolare n.40/E/2008 e sposando l’indirizzo della Cassazione (sentenze nn.22931 e 22932 del 2011), l’Agenzia chiarisce che la presentazione della domanda di transazione fiscale da parte del debitore non costituisce condizione di ammissibilità della proposta di concordato preventivo. In altre parole, essa non rappresenta un obbligo per il debitore, il quale, pertanto, nell’ambito del concordato, può chiedere la falcidia dei debiti tributari pur in assenza della domanda di transazione fiscale. In questo caso, tuttavia, l’omologazione del concordato non comporta l’effetto di consolidamento del debito tributario proprio della transazione.
Viene, poi, ribadito il principio secondo cui, a prescindere dalla presenza o meno di una transazione fiscale, il credito Iva deve sempre essere pagato per intero in quanto risorsa propria dell’Unione europea; in tal senso, per tale tipologia di credito è consentita esclusivamente – al massimo – una transazione dilatoria. Peraltro, per espressa previsione normativa, ciò vale anche con riferimento alle ritenute operate e non versate.
Per quanto riguarda, invece, gli istituti relativi alla crisi dei soggetti esclusi dalla disciplina della legge fallimentare, la circolare n.19 dedica ampio spazio alle procedure previste dalla Legge n.3/2012, volte a gestire le situazioni di crisi che riguardano tali contribuenti:
- accordo di composizione della crisi,
- piano del consumatore e
- liquidazione dei beni.
In tutte e tre le procedure tra i debiti risanabili rientrano anche quelli di natura fiscale, fermo restando che per l’Iva e per le ritenute è possibile la sola dilazione del pagamento. In ogni caso, lo stato economico del sovraindebitamento rappresenta il presupposto di accesso; con tale termine deve intendersi “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente” (art.6, comma 2, lett. a), L.n.3/2012).
Nello specifico, sia l’accordo di composizione della crisi che il piano del consumatore richiedono l’omologa del giudice e riguardano gli imprenditori commerciali che operano sotto le soglie stabilite dall’art.1 della L.F., gli imprenditori agricoli, le associazioni professionali, le start up innovative costituite ai sensi dell’art.31 del D.L. n.179/2012 e i consumatori privati persone fisiche.
La procedura di accordo prevede, appunto, il raggiungimento di un accordo con una parte qualificata della massa dei creditori; coloro che non aderiscono alla proposta sono comunque vincolati. Diversamente, nella procedura di piano non è richiesta l’adesione dei creditori, poiché ciò che rileva è la convenienza della proposta e la meritevolezza del debitore.
In alternativa all’accordo e al piano, il debitore può attivare con ricorso proposto al Tribunale competente il procedimento di liquidazione del patrimonio, che implica lo spossessamento di tutti i suoi beni, salvo i crediti di necessari al mantenimento, i beni segregati, le cose impignorabili per legge e altri crediti impignorabili. Tale procedura è attivabile anche per “conversione”, in ipotesi di annullamento o di risoluzione dell’accordo o di cessazione degli effetti dell’omologazione del piano.
Infine si precisa che rimane escluso dalla liquidazione del patrimonio il debitore che:
- è soggetto a procedure concorsuali diverse dall’accordo, dal piano e dalla liquidazione del patrimonio;
- ha fatto ricorso, nei cinque anni precedenti, alle procedure relative all’accordo, al piano e alla liquidazione del patrimonio.