Valore degli omaggi dei beni autoprodotti dall’impresa
di Fabio LanduzziL’approssimarsi del periodo natalizio ripropone, come ogni anno, alcune questioni relative al trattamento dei beni destinati ad omaggio. La norma di riferimento è l’articolo 108, comma 2, Tuir, il quale riconosce la piena deducibilità delle spese relative a beni distribuibili gratuitamente, se di “valore unitario non superiore a 50 Euro”.
Va da subito sottolineato che il concetto di “valore unitario” – che deve essere pari o inferiore a 50 euro (per poter accedere alla deducibilità integrale) – non va inteso come riferito al costo dei singoli beni, ma all’omaggio nel suo complesso; il valore dell’omaggio, quindi, deve essere considerato unitariamente, tenendo conto di tutti i beni che lo compongono (circolare n. 34/E/2009).
Ha poi da sempre costituito un punto controverso della norma, quello relativo al contenuto concreto da attribuire alla nozione di “valore unitario”; in particolare, la questione dirimente riguarda la valorizzazione dell’omaggio. Non è chiaro, infatti, se il “valore unitario” del bene distribuito gratuitamente debba essere quantificato:
- avendo riguardo al costo sostenuto dall’impresa per entrarne in possesso, oppure;
- al “valore normale” del bene stesso, secondo l’accezione di cui all’articolo 9 Tuir.
La questione si è posta con particolare rilievo con specifico riferimento al caso di beni c.d. autoprodotti, ossia beni che normalmente costituiscono l’oggetto della vendita dell’impresa come espressione della propria attività caratteristica e che, incidentalmente, in occasione appunto di ricorrenze, festività o altro, vengono omaggiati a clienti oppure a terzi, pur sempre aventi una qualche relazione d’affari, corrente o potenziale, con l’impresa che ne fa omaggio.
L’Agenzia delle entrate, sollecitata da un’istanza di interpello, si è espressa sul tema con la risoluzione n. 27/E/2014. In questo documento di prassi, l’Amministrazione finanziaria interpreta la locuzione “valore unitario”, utilizzata dal Legislatore in luogo di quella di “costo”, come un riferimento diretto al concetto di “valore normale” dei beni, e perciò secondo la definizione dell’articolo 9 Tuir; da tale approccio, l’Agenzia delle entrate trae una distinzione tra:
- i beni destinati ad omaggio acquistati presso imprese terze, per i quali si assume che il costo sostenuto per l’acquisto rappresenti una congrua misurazione del “valore” degli stessi, così da divenire il parametro di riferimento, ai fini del confronto con la soglia di 50 euro disposta dalla norma;
- i beni c.d. autoprodotti, ossia quelli alla cui produzione e/o commercializzazione è rivolta l’attività dell’impresa – ivi compresi i beni che possono essere quindi realizzati direttamente dall’impresa (oppure anche commissionati a terzi e poi acquistati dall’impresa per essere rivenduti) – per i quali assumerebbe rilevanza il valore di mercato del bene nell’accezione di “valore normale” di cui all’articolo 9, Tuir, e non, invece, la nozione di “costo” sostenuto per la sua produzione o per il suo acquisto.
La stessa Agenzia delle entrate ha poi precisato che il valore di mercato del bene destinato ad omaggio rileva, tuttavia, solo al fine di individuare la spesa da sottoporre al regime di deducibilità limitata, e quindi nel raffronto con la soglia di 50 euro, di cui all’articolo 108, comma 2, Tuir. Poi, ove la soglia fosse superata e, quindi, la spesa fosse qualificata come di rappresentanza, ai fini del computo del limite massimo di deduzione, ossia del plafond di deducibilità, concorrerà, invece, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, anche laddove questo fosse inferiore a 50 euro.
L’Agenzia delle entrate richiama anche la precedente circolare n. 34/E/2009 al cui paragrafo 5.4, relativo alle “spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 Euro”, viene utilizzata l’espressione “spese relative all’acquisto di beni”, assumendo così che non viene fatto alcun riferimento proprio al caso dei beni alla cui produzione e commercializzazione è rivolta l’attività propria dell’impresa.
La posizione assunta dall’Agenzia delle entrate, con riguardo al caso beni omaggio auto-prodotti, non è stata indenne da critiche, come ad esempio da parte di Assonime nella circolare n. 16/2019; in modo particolare, si è ritenuto che assumere come riferimento il “valore normale”, che peraltro deve essere collocato al medesimo stadio di commercializzazione, introduce delle incertezze nella vita pratica, circostanza che la norma avrebbe in realtà inteso risolvere proprio privilegiando un approccio di forfetizzazione.
Rimane, peraltro, un aspetto non del tutto chiarito riguardo alla identificazione del valore normale che, come detto, deve essere riferito al medesimo stadio di commercializzazione; si pensi al caso tipico dell’impresa che produce e vende all’ingrosso materiale per utensileria, e che decida di fare omaggio di alcuni dei propri beni. Si pone allora il dubbio se la valorizzazione debba essere compiuta avendo riguardo al prezzo al dettaglio che il beneficiario dell’omaggio pagherebbe per acquistare quel bene in negozio, oppure al prezzo a cui l’’impresa vende all’ingrosso i prodotti omaggiati. A nostro avviso, appare più idonea la seconda delle soluzioni proposte, non solo per ragioni di semplificazione, ma anche in quanto lo stadio di commercializzazione che rileva ai fini in discussione sarebbe logico che fosse riferito a colui che eroga l’omaggio, e non a colui che lo riceve.