Valutare attività professionali con il multiplo del fatturato: letteratura, prassi e bad habits
di Giangiacomo Buzzoni di MpO & PartnersNell’ambito delle valutazioni d’azienda in ottica di cessione, la metodologia dei multipli di mercato o di transazioni comparabili ha conosciuto una crescente diffusione negli ultimi anni; questo principalmente per la sua semplicità. È infatti una metodologia che si presenta come una “scorciatoia” rispetto alle più complesse tecniche di attualizzazione dei flussi di cassa o di reddito attesi, ed è di più facile comprensione anche da parte dei non addetti ai lavori (è sicuramente più semplice, per un analista, spiegare ad un imprenditore un multiplo piuttosto che una valutazione col metodo finanziario).
Tale semplicità è tuttavia solo apparente, in quanto vi sono diverse criticità metodologiche. La prima criticità che ci si trova ad affrontare è la scelta stessa del multiplo da utilizzare. Infatti, non esiste un solo multiplo, esistono molti multipli, e ciascuno di essi può fornire un’indicazione diversa circa il valore del target che si sta analizzando.
Esiste infatti un intero filone di ricerca, nella letteratura scientifica internazionale, che si occupa di verificare se e quali multipli siano più precisi di altri nello stimare il valore delle aziende. L’approccio, in questo senso, consiste nel valutare la medesima azienda con diversi multipli e confrontare la stima ottenuta da ciascun multiplo con il prezzo effettivo dell’azienda in Borsa.
Senza dilungarsi nell’analisi della letteratura, ma volendo comunque fornire un quadro di insieme, si riportano le conclusioni di tre analisi, tra le più citate:
- Herrmann & Richter, Pricing with performance-controlled multiples (2003): Confrontano le performance di multipli sul mercato europeo, escluse le società finanziarie. Gli autori dimostrano che i multipli basati sugli utili forniscono le performance migliori, quelli basati sulle vendite le peggiori.
- Liu, Nissim & Thomas, Equity valuation using multiples (2002a): Gli autori esaminano le performance relative di un ampio campione di multipli per determinare quale spieghi meglio i prezzi di borsa espressi dal mercato statunitense. I multipli basati sugli utili prospettici sono i migliori. I multipli del fatturato presentano le performance peggiori, quelli associati agli utili (storici) sono migliori di quelli associati al patrimonio netto (P/BV), i multipli associati ai flussi di cassa sono caratterizzati da errori elevati. Le performance relative dei multipli tendono a ripetersi negli anni e tra settori (non vi sono multipli “specifici” preferibili in determinati settori).
- Liu, Nissim & Thomas, International equity valuation using multiples (2002b): Gli autori ripropongono il precedente studio riducendo il numero di multipli analizzati ma considerando questa volta anche i valori prospettici per ciascuno di essi. L’analisi è inoltre estesa a 10 mercati. I risultati indicano che i multipli basati sugli utili sono quelli che spiegano meglio i prezzi di borsa, quelli basati sui ricavi sono i peggiori, quelli basati su dividendi e flussi di cassa presentano performance intermedie.
Detto questo, chi abbia assistito ad una cessione/acquisizione di uno studio professionale sicuramente avrà sentito parlare di multiplo del fatturato, quindi di una farmacia ceduta “a 1,5 volte il fatturato”, o di uno studio dentistico ceduto “a 1 volta il fatturato”. Questo perché nel settore degli studi professionali (commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati, dentisti e farmacisti) il multiplo storicamente e maggiormente applicato nella prassi italiana è il Prezzo/Fatturato, chiamato anche P/S (Price/Sales).
Questa prassi è riconosciuta anche dalla IFRS Foundation con riferimento agli studi professionali in genere, e dalla Federazione Internazionale dei Commercialisti (IFAC) in particolare per gli studi di commercialisti. La letteratura scientifica, come sopra riassunto, è tuttavia in totale contrapposizione: al P/S sono attribuite scarse performance e in alcuni casi è risultato essere addirittura il peggior multiplo in termini di accuratezza.
Perché, dunque, la prassi sembrerebbe ostinarsi nell’utilizzare un multiplo “scarso”?
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