5 Maggio 2020

Valutazione delle partecipazioni immobilizzate: perdita durevole di valore

di Federica Furlani
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La scheda di FISCOPRATICO

Al fine di determinare il valore da imputare a bilancio delle partecipazioni immobilizzate, è necessario far riferimento a quanto prescritto dall’articolo 2426 cod. civ. che, dopo aver definito, al n. 1, l’iscrizione al costo d’acquisto, al n. 3 prevede che se la partecipazione, alla data della chiusura dell’esercizio, risulta durevolmente di valore inferiore a quello di costo, deve essere iscritta a tale minore valore.

Le partecipazioni, quotate o non, in quanto immobilizzate, vanno valutate parte­cipazione per partecipazione, attribuendo il costo specificamente sostenuto, che va mantenuto nei successivi esercizi, a meno che si verifichi una perdita di valore: in questo caso vi è l’obbligo di procedere alla svalutazione.

Di conseguenza il redattore del bilancio deve, in modo accurato e partecipazione per partecipazione:

  • analizzare ed accertare il carattere duraturo della perdita di valore;
  • quantificare la perdita di valore durevole.

Per quanto concerne il primo punto, l’Oic 21 stabilisce che la perdita durevole di valore è determinata confrontando il valore di iscrizione in bilancio della parteci­pazione con il suo valore recuperabile, determinato in base ai benefici futuri che si prevede affluiranno all’economia della partecipante.

Per arrivare alla determinazione del valore recuperabile è necessario innanzitutto analizzare le condizioni economico-finanziarie della partecipata per accertare se le perdite di valore sofferte dalla stessa non siano episodiche o temporanee, bensì strutturali e capaci di intaccarne la consistenza patrimoniale.

L’Oic 21 elenca, a titolo esemplificativo, una serie di situazioni interne che pos­sono rappresentare un indicatore di perdita di valore:

  • situazioni negative interne alla società stessa, quali:
  • perdite operative divenute fisiologiche, derivanti da una struttura del ciclo costi/ricavi che cessa di essere remunerativa;
  • eccesso di costi fissi, non riducibili nel breve periodo, rispetto al volume d’affari;
  • obsolescenza tecnologica degli impianti o dei processi produttivi dell’im­presa;
  • un perdurante stato di tensione finanziaria al quale non si possa porre rimedio e che divenga eccessivamente oneroso per la società;
  • una distribuzione di dividendi che abbia comportato che la quota di pa­trimonio netto posseduta nella partecipata sia diventata inferiore al valore di iscrizione della stessa nell’attivo;
  • situazione negative esterne alla società:
  • crisi del mercato in cui opera l’impresa con previsioni di assestamento dello stesso in direzione opposta a quella auspicata dall’impresa;
  • sostanziale ribasso dei prezzi di vendita dei prodotti non bilanciato dall’a­deguamento dei costi di produzione e vendita;
  • nuove leggi e regolamentazione che incidono negativamente sulla reddi­tività dell’impresa;
  • perdita di quote di mercato a favore di imprese concorrenti;
  • abbandono da parte del mercato dei prodotti dell’impresa a favore di pro­dotti alternativi;
  • evidenze che inducono a ritenere che si è prodotta una significativa per­dita durevole di valore.
  • una combinazione di fattori interni ed esterni.

Di fatto, quindi, una perdita di valore della partecipazione è durevole quando non si prevede che le cause, interne o esterne, che l’hanno generata, possano essere rimosse in un breve arco temporale, ovvero un periodo così breve da permettere di formulare previsioni attendibili e basate su fatti obiettivi e ragionevolmente riscontrabili.

La perdita potrà invece definirsi non durevole se la partecipata ha predisposto piani e programmi ragionevoli tesi al recupero delle condizioni di equilibrio economico-fi­nanziario, con caratteristiche tali da far fondatamente ritenere che la perdita di valore della partecipazione abbia carattere contingente.

Una volta accertata la durevolezza della perdita, il passo successivo è la sua quantificazione in modo da determinare l’ammontare della svalutazione e ridurre il valore di iscrizione in bilancio della partecipazione.

Generalmente la svalutazione viene determinata in modo da allineare il valore di carico della partecipazione al patrimonio netto della partecipata; se, tuttavia, si ritenesse che il patrimonio netto non esprima appropriatamente la perdita durevole di valore della partecipazione, questa deve essere iscritta ad un valore ulteriormente inferiore, fino addirittura ad arrivare all’azzeramento.

Nel caso in cui la società partecipante sia obbligata a farsi carico della copertura delle perdite conseguite dalla partecipata può rendersi oltretutto necessario un accantona­mento al passivo (voce B.3) per poter far fronte, per la quota di competenza, alla copertura del deficit patrimoniale della partecipata.

Va infine evidenziato che l’articolo 2426, comma 1, n. 3, cod. civ. prevede che, a prescindere dall’accertamento o meno di una perdita durevole di valore, in sede di redazione del bilancio d’esercizio è necessario, per le partecipazioni in imprese controllate e collegate, confrontare il loro valore di carico con:

  • il valore derivante dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, se la partecipante è obbligata a redigere il bilancio consolidato;
  • la corrispondente frazione di patrimonio netto, se non sussiste tale obbligo.

Se il valore di carico risulta superiore al termine di confronto, l’organo ammini­strativo della società partecipante deve motivare la differenza nella nota integrativa, indicando ad esempio che il maggior valore è dovuto al pagamento di un avviamento, spiegando i motivi per cui il minor valore del patrimonio netto non si qualifica come perdita durevole e pertanto la partecipazione non è stata svalutata.