26 Settembre 2014

Vendita immobili dei professionisti oggetto di ristrutturazione

di Davide David
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In occasione della
cessione di un immobile strumentale da parte di un professionista va verificata l’eventuale rilevanza reddituale delle spese sostenute per la sua ristrutturazione. A tale proposito occorre ricordare che
l’art. 54, co. 2, del TUIR, come modificato con effetto dal 1° gennaio 2007 dalla Legge 296/2006, prevede un diverso trattamento fiscale delle spese per interventi edilizi sugli immobili strumentali dei professionisti,
a seconda che siano o meno imputabili ad incremento del costo degli immobili ai quali si riferiscono gli interventi.
Nello specifico, la norma statuisce che
le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione di immobili utilizzati nell’esercizio di arti e professioni, che per le loro caratteristiche non sono imputabili ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili, nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili …; l’eccedenza è deducibile in quote costanti nei cinque periodi d’imposta successivi”.
Precedentemente alle modifiche apportate dalla Legge 296/2006, l’art. 54 del TUIR non operava invece alcuna distinzione con riguardo alla natura delle spese (tra incrementative e non incrementative), disponendone in ogni caso la deducibilità in quote costanti nel periodo d’imposta in cui venivano sostenute e nei quattro successivi, fatta eccezione per le spese di manutenzione ordinaria, che erano interamente deducibili nel periodo in cui venivano sostenute.
Occorre inoltre tenere presente che la richiamata Legge 296/2006 ha esteso anche agli immobili strumentali dei professionisti, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, la
rilevanza fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze relative alle cessioni degli stessi, già introdotta per i beni mobili dal D.L. 223/2006.
Sempre con la Legge 296/2006 è stata altresì introdotta la
deducibilità delle quote di ammortamento del costo di acquisto degli immobili strumentali dei professionisti, limitandola però ai soli periodi di imposta 2007, 2008 e 2009.
A riguardo della rilevanza fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che la cessione degli immobili strumentali dei professionisti è
idonea a generare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili solamente se riferibili ad immobili acquisiti successivamente al 1° gennaio 2007 (così la risposta resa in sede parlamentare dal sottosegretario Lettieri il 21.02.2007 e la Risoluzione 13/E/2010).
Tornando alle spese per interventi edilizi, va evidenziato che, secondo quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate,
per le spese sostenute su immobili acquistati antecedentemente il 1° gennaio 2007 continua a trovare applicazione la norma precedente e quindi la deduzione in quote costanti (cfr. Circolare 47/E/08).
In dottrina è stato invece proposto di estendere a tutte le spese sostenute su immobili acquistati antecedentemente il 1° gennaio 2007 (sia a quelle di natura incrementativa che a quelle di natura non incrementativa)
il trattamento previsto dalla nuova disciplina per le spese di natura non incrementativa (deduzione nel limite del 5% del costo dei cespiti e riporto dell’eccedenza nei 5 periodi successivi). In questo senso si è espresso anche il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili nella Circolare 1/IR/08.
Ad ogni modo è comunque assodato che la distinta regolamentazione delle spese, come introdotta dalla Legge 296/2006, si applica soltanto per le spese sostenute su immobili acquistati a decorrere dal 2007.
Di conseguenza tali spese, come indicato anche nella Circolare 47/E/08:
  • se per le loro caratteristiche sono imputabili ad incremento del costo dell’immobile (c.d. spese incrementative), sono deducibili se (e nella misura in cui) sono deducibili le quote di ammortamento dell’immobile a cui si riferiscono;
  • se per le loro caratteristiche non sono imputabili ad incremento del costo dell’immobile (c.d. spese non incrementative), sono deducibili nel periodo d’imposta di riferimento, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili, mentre l’eventuale eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi.
Per inciso, è evidente l’importanza che riveste
poter discernere quando una spesa (sostenuta su immobili acquistati a decorrere dal 2007) ha natura incrementativa, poiché la distinzione operata dall’art. 54 del TUIR non ha logicamente natura facoltativa ma si basa su criteri oggettivi (nel senso che non è certamente lasciata al contribuente la possibilità di decidere, in base a una sua propria convenienza, come trattare fiscalmente la spesa).
A tale riguardo, sulla base di quanto affermato dalla dottrina e rifacendosi anche al principio contabile n. 16, è possibile affermare, in estrema sintesi, che sono da considerare di natura incrementativa le spese che incidono sugli elementi strutturali dell’immobile che ne comportano un mutamento significativo ovvero un prolungamento della sua vita utile. Non sono invece da considerare di natura incrementativa le spese relative agli interventi di manutenzione diretti a mantenere in efficienza l’immobile e a porre riparo a guasti e rotture, senza comportare significative modifiche (per una maggiore analisi vedasi, tra l’altro, la Circolare del CNDCEC 1/IR/2008 e lo studio 88-2011/T della Commissione studi del Consiglio nazionale del Notariato).
Vi è poi da dire che la disciplina sancita per le spese non incrementative (deduzione nel limite del 5% del costo dei cespiti e riporto dell’eccedenza nei 5 periodi successivi) opera anche per tutte le spese sostenute dai professionisti su
immobili di proprietà di terzi (ad esempio, su quelli condotti in locazione) nonché su immobili ricevuti a titolo gratuito. E ciò indipendentemente dalla natura incrementativa o non incrementativa delle spese (cfr. Risoluzione 99/E/09).
Il che consegue dal fatto che nelle suddette ipotesi le spese oggettivamente incrementative non possono comunque essere portate a incremento del costo del bene in quanto tale costo non è fiscalmente riconosciuto; considerato anche che non è rinvenibile nella disciplina del reddito di lavoro autonomo un diverso criterio d’imputazione delle spese di natura pluriennale.
Più complessa è la situazione relativa agli
immobili acquistati a decorrere dal 1° gennaio 2010.
Come già sopra evidenziato, la Legge 296/2006, nell’introdurre la deducibilità delle quote di ammortamento del costo degli immobili strumentali la ha limitata alle sole quote riferibili agli immobili acquistati negli anni 2007, 2008 e 2009.
Per gli immobili acquistati successivamente
non trovano quindi applicazione le disposizioni in materia di deduzione delle quote di ammortamento.
Una questione che non è stata ancora risolta è se alla indeducibilità delle quote di ammortamento
consegue anche l’irrilevanza fiscale delle plusvalenze e minusvalenze realizzate sulla cessione di immobili acquistati a decorrere dal 2010.
In dottrina l’orientamento che sembra prevalere è quello della irrilevanza fiscale. In questo senso si è espresso anche il CNDCEC nella Circolare 19/IR/2010 e la Commissione studi del Consiglio nazionale del Notariato nelle Circolari 64-2011/T e 88-2011/T.
Leggendo le
istruzioni alle dichiarazioni dei redditi (comprese quelle di Unico 2014) parrebbe che anche per l’Agenzia delle Entrate le cessioni di immobili acquistati dopo il 2009 non siano idonee a generare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili.
Infatti le istruzioni segnalano di indicare nell’apposito rigo
(RE4 di Unico 2014) “le plusvalenze dei beni strumentali compresi gli immobili acquistati nel 2007, nel 2008 e nel 2009”, il che sembrerebbe fare intendere che non vanno invece indicate le plusvalenze degli immobili acquistati successivamente (idem per quanto concerne le minusvalenze).
In senso contrario sembrerebbe deporre quanto invece riportato in un fugace passaggio della Risoluzione 123/E/2010. Ma trattasi di una risoluzione che riguardava una questione più ampia e non è chiaro se il passaggio incriminato si riferisca o meno anche agli immobili acquistati dopo il 2009.
L’irrilevanza fiscale delle quote di ammortamento e la sostenuta irrilevanza fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze ha indotto la dottrina a sostenere che
per le spese per interventi edilizi eseguiti su immobili acquistati dopo il 2009 debbano trovare sempre applicazione le regole sulla deduzione delle spese non incrementative, anche qualora trattasi di interventi di natura oggettivamente incrementativa.
In altri termini, secondo questo orientamento, le spese di natura incrementativa (quando riferite a immobili acquistati dopo il 2009) non vanno imputate ad incremento del costo dell’immobile ma vanno dedotte nel limite del 5% del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili e per l’eccedenza in quote costanti nei 5 anni successivi (così anche il CNDCEC nella circolare n. 19/IR/2010 e la Commissione studi del Consiglio nazionale del Notariato nella Circolare 88-2011/T).
Va infine considerato che in forza delle disposizioni vigenti fino al 14 giugno 1990, sono tuttora deducibili le quote di ammortamento relative agli immobili acquistati entro tale data.
Per tale motivo una parte della dottrina sostiene che le spese di natura incrementativa sostenute su questi immobili sono da imputare a incremento del costo ammortizzabile e quindi da portare in deduzione per quote di ammortamento (così, tra gli altri, la Commissione studi del Consiglio nazionale del Notariato nella Circolare 88-2011/T).
Peraltro, la cessione di immobili
acquistati antecedentemente al 15 giugno 1990, ancorché hanno generato ammortamenti deducibili, non dovrebbe comunque rilevare ai fini fiscali (nel senso che non dovrebbe generare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili), alla pari di tutti gli immobili acquistati dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006 (in questo senso sembra deporre anche la risposta resa in sede parlamentare dal sottosegretario Lettieri il 21.02.2007).
Riassumendo, la situazione delle spese di natura incrementativa sostenute a decorrere dal 2007 fino ad oggi (e fino a eventuali future modifiche normative) è la seguente:
  • le spese sostenute su immobili acquistati antecedentemente al 15 giugno 1990 sembrano doversi portare a incremento del costo dell’immobile (almeno secondo una parte della dottrina);
  • le spese sostenute su immobili acquistati dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006 non vanno portate a incremento del costo dell’immobile;
  • le spese sostenute su immobili acquistati dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009 vanno portate a incremento del costo dell’immobile;
  • le spese sostenute su immobili acquistati dal 1° gennaio 2010 sembrano non doversi essere portate a incremento del costo dell’immobile.
Sulla base di quanto sopra pare quindi potersi affermare che
in caso di cessione dell’immobile rileveranno fiscalmente (a riduzione della plusvalenza o a incremento della minusvalenza) le sole spese di natura incrementativa sostenute a decorrere dal 1° gennaio 2007 sugli immobili acquistati dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009.
La cessione degli immobili acquistati antecedentemente al 15 giugno 1990 non genera plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili, il che sembra comportare l’impossibilità di portare in deduzione l’eventuale parte di spese portata a incremento del costo dell’immobile non ancora ammortizzata al momento della cessione.
La cessione dell’immobile non dovrebbe invece avere alcun effetto per tutte le altre spese di natura oggettivamente incrementativa che non sono state imputate a cespite perché sostenute antecedentemente al 2007 (su immobili acquistati dopo il 14 giugno 1990) o perché sostenute, anche dopo il 2006, su immobili acquistati a decorrere dal 1° gennaio 2010.
Per tali spese la cessione dell’immobile non dovrebbe quindi comportare alcun recupero di quanto già portato in deduzione, mentre dovrebbe permanere anche per gli anni successivi alla cessione la deduzione per quote dell’eventuale eccedenza del 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili.