Vendite con pagamento posticipato e derivazione rafforzata
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Una pratica commerciale di una certa frequenza, che rientra nel tema degli incentivi alla vendita, consiste nello stipulare un contrato di vendita di una certa attrezzatura, prevedendo un pagamento in acconto di misura molto contenuta ed un pagamento a saldo con scadenza decisamente posticipata, senza corresponsione di interessi.
Tale situazione determina le condizioni per la valutazione del credito/debito al costo ammortizzato e le conseguenze di tale applicazione si manifestano anche sul piano fiscale a causa della derivazione rafforzata, cioè della supremazia della impostazione contabile, in merito a qualificazione, classificazione ed imputazione temporale, sulle regole previste nel Tuir.
Sul punto, l’articolo 2426, n. 8, cod. civ., prevede che i crediti ed i debiti debbano essere valutati al costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale. In particolare, il principio contabile OIC 15 segnala che i crediti con scadenza di pagamento che supera i 12 mesi, e per i quali non sia previsto un tasso di interesse (o sia previsto un tasso di interesse inferiore a quello di mercato) vadano valutati in base ai flussi finanziari (attualizzati), che sarebbero incassati applicando un tasso di mercato. Situazione simile a ruoli invertiti vale per la valutazione del debito: in entrambi i casi, si genera una separazione tra la voce ricavo o costo e la componente finanziaria che sebbene non presente a livello contrattuale si manifesta a livello contabile.
Vediamo il seguente esempio:
Ipotizziamo che la società Alfa Srl abbia ceduto alla società Beta Srl un macchinario che la prima produce quale sua attività principale. Il macchinario ha un prezzo di cessione di euro 110.000, prezzo che viene corrisposto per euro 10.000 alla consegna (che avviene in data 1.1.2024) ed il saldo di euro 100.000 verrà versato alla data del 31.12.2026, senza interessi. Ipotizziamo, altresì, un tasso di mercato del 4%. Attualizzando il credito (la procedura di attualizzazione è facilmente eseguibile tramite applicazioni facilmente reperibili in rete), si ottiene la somma di euro 92.592, mentre il differenziale, pari a euro 7.408, è rilevato come onere/provento finanziario, a seconda che si analizzi la problematica dal punto di vista del debitore o del creditore.
A questo punto, quali sono le implicazioni contabili per l’acquirente e quali i conseguenti rilievi fiscali?
Il bene ammortizzabile viene imputato in contabilità considerando il valore del debito attualizzato, quindi euro 92.592 + euro 10.000 di acconto = euro 102.592. Questo è il costo di acquisto da considerare ai fini della procedura di ammortamento, mentre la differenza rappresenta un onere finanziario da imputare, secondo competenza, nell’area del Conto economico. Che l’importo di iscrizione del cespite sia costo rilevato tenendo conto della valutazione al costo ammortizzato è certificato dal principio contabile OIC 16, par. 33, laddove quest’ultimo rimanda al principio contabile OIC 19 (iscrizione del debito tenendo conto del fattore temporale). Il dato così imputato nel processo di ammortamento rileva anche ai fini fiscali, così come recita la circolare n. 7/E/2011, par. 2.3.1.: “acquisto di un bene con pagamento differito: nella contabilità …. si qualifica (e così deve essere considerata anche ai fini fiscali) come acquisto di un bene associato ad un contratto di finanziamento e comporta l’iscrizione in bilancio del corrispettivo (contrattuale) attualizzato, nonché l’imputazione dei relativi interessi pro-rata temporis”.
Il dato così imputato rileva, altresì, ai fini del computo delle spese di manutenzione ordinaria (plafond 5%), mentre non rileva in un altro ambito fiscale, che è rappresentato dal calcolo del credito d’imposta per acquisti di beni strumentali 4.0 o 5.0. Tale conclusione è certamente favorevole al contribuente (che in tal modo può determinare il credito d’imposta sul valore pieno e non su quello attualizzato), ma sfugge quale sia la logica che ispira la circolare n. 4/E/2017 nell’operare questa precisazione : “ Continuano a non rilevare, ai fini di che trattasi, i diversi criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali …e per i soggetti, diversi dalle micro imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile. “
Dal punto di vista fiscale, occorre notare che la componente interessi, nell’esempio sopra citato, viene dedotta in base al principio di competenza temporale e, quindi, verrà imputata in due esercizi; lasso temporale certamente ridotto, rispetto alla durata dell’ammortamento.
Ma la casistica sopra descritta presenta un rilievo significativo anche per il cedente, che contabilizza ricavi per la cessione di un bene merce. Infatti, la determinazione del credito avviene rispettando il tema del costo ammortizzato da cui deriva una prima iscrizione dello stesso credito, in contropartita del ricavo, per un ammortare sensibilmente minore rispetto al valore nominale dello stesso credito, mentre la differenza rappresenta un provento finanziario da rilevare alla classe C del Conto economico. Tale qualificazione del credito non va considerata un elemento valutativo che, come tale, non rileverebbe in ambito derivazione rafforzata, bensì una modalità, appunto di qualificazione, pienamente rilevante ai fini fiscali, in base al principio di derivazione rafforzata, così come, del resto, è stato affermato nelle risposte di Telefisco 2018 dalla stessa Agenzia delle entrate.
Ne deriva, anzitutto, una riduzione dei ricavi tassabili nel periodo d’imposta della cessione, mentre i proventi finanziari (tassabili) concorrono a formare l’imponibile nel rispetto della competenza economica. Non sfuggirà, inoltre, che l’incremento della voce C per proventi finanziari assegna al cedente il vantaggio di incrementare la quota di interessi passivi interamente deducibili senza dover sottostare al tetto del 30%. Vero è che il ricavo viene ridotto (in contropartita del provento finanziario), ma il ricavo avrebbe concorso alla formazione di interessi passivi deducibili solo al 30%, mentre la rilevazione diretta di interessi attivi permette la deduzione di interessi passivi per il 100% dell’importo collocato nella classe C del Conto economico.