Vendite per corrispondenza e regole Iva
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariAi sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera b), D.L. 331/1993, costituiscono operazioni non imponibili in Italia “le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa”.
È opportuno osservare sin da subito che l’articolo 11-quater, comma 1, D.L. 35/2005 ha precisato che risulta irrilevante la modalità con cui si conclude la vendita per corrispondenza o per catalogo, con la conseguenza che anche la vendita di beni tramite Internet rientra nella disciplina in questione (in tal senso si veda anche la risoluzione n. 274/E/2009).
Tuttavia, per applicare le regole delle vendite per corrispondenza, l’articolo 41 riportato richiede due requisiti:
- l’acquirente comunitario deve rivestire la qualifica di consumatore finale (ovvero di soggetto non passivo d’imposta quale, ad esempio, un ente non commerciale, un’associazione, ecc.);
- il trasporto deve essere eseguito da cedente, ovvero da terzi per suo conto.
In merito all’ambito oggettivo delle vendite a distanza, si deve trattare di beni mobili materiali (quelli immateriali rientrano, infatti, tra le prestazioni di servizi), ad esclusione dei seguenti:
- beni soggetti ad accisa (vini, liquori, ecc.);
- mezzi di trasporto nuovi;
- beni da installare, montare ed assiemare nello Stato del committente Ue (tali operazioni, ai sensi dell’articolo 7-bis, D.P.R. 633/1972 sono infatti esclusi da Iva in Italia e rilevati territorialmente nello Stato membro in cui è stabilita la controparte Ue).
La disciplina Iva delle vendite a distanza prevedono le seguenti regole:
- per le vendite eseguite fino al raggiungimento di una determinata soglia (euro 100.000 o il minor importo stabilito dal singolo Stato Ue), l’imposta è applicata nel Paese di origine, e quindi in Italia per le cessioni poste in essere da un soggetto Iva nazionale;
- al superamento della soglia prevista per il singolo Stato membro, il cedente nazionale deve identificarsi ai fini Iva (direttamente o mediante nomina del rappresentante fiscale) in detto Stato membro per assoggettare le cessioni all’Iva di tale stato.
Resta ferma la possibilità per il cedente nazionale di optare per l’applicazione dell’Iva nello Stato del committente a prescindere dal superamento della soglia, nel qual caso l’opzione è vincolante per un triennio (da esercitarsi nel rigo VO10).
È opportuno osservare che:
- la soglia prevista dal singolo Stato membro è riferita alle vendite eseguite in detto Stato, con la conseguenza che il cedente nazionale deve identificarsi ai fini Iva esclusivamente negli Stati membri in cui le vendite hanno superato la soglia, mentre per quelle effettuate negli altri Stati l’imposta è applicata in Italia;
- l’opzione per l’applicazione dell’imposta nello Stato membro del committente riguarda il singolo Stato, con la conseguenza che il soggetto Iva nazionale può scegliere i singoli Stati in cui esercitarla, mentre per le vendite eseguite negli altri Stati membri resta applicabile l’imposta in Italia;
- al fine di verificare il superamento della soglia occorre aver riguardo alle vendite eseguite nell’anno precedente ed in quello in corso, con la conseguenza che in caso di superamento della soglia in corso d’anno l’obbligo di identificazione ai fini Iva nello Stato membro del committente avrà effetto almeno fino alla fine dell’anno successivo.
Come detto, mentre per le cessioni di beni eseguite nei confronti di soggetti passivi d’imposta in altri Stati Ue l’operazione si qualifica sempre come cessione intracomunitaria non imponibile, a prescindere dal volume di vendite effettuate, nelle transazioni svolte nei confronti di consumatori finali al superamento della soglia (per opzione) l’imposta deve essere assolta nel Paese membro di destinazione, con conseguente obbligo di identificazione.
Tuttavia, nonostante l’operazione non sia territorialmente rilevante ai fini Iva in Italia (bensì nel Paese membro di destinazione), l’articolo 41, comma 1, lettera b), D.L. 331/1993 qualifica tale cessione come non imponibile (e non come fuori campo), con la conseguenza che il cedente italiano è tenuto a presentare il modello Intra 1-bis (C.M. 13/1994).
Sul punto, è opportuno osservare che il descritto trattamento non risulta allineato a quanto previsto per le operazioni in entrata, ed è altresì in contrasto con l’articolo 33 della Direttiva 2006/112/CE secondo cui tali operazioni si qualificano come territorialmente rilevanti nel Paese di destinazione e fuori campo nel Pese di origine.